3 - La prima paura

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Gemelli
"Venere regala incontri fortunati.
Ma solo se non vi chiamate Claire Jane Cooper"


Era passata una settimana da quando avevo cercato di impalare Christian Case con una biro. Credevo che già il giorno successivo sarebbe tornato alla carica, invece non lo avevo visto per tutta la settimana. Non che la cosa mi dispiacesse, anzi, ero più che soddisfatta che avesse recepito il mio messaggio, ma proprio per quello fui così sorpresa, quando lo vidi incamminarsi verso il solito tavolo della mensa che occupavo con Effie e Laya.

Avevo percepito il suo arrivo ancora prima di vedere quella zazzera di capelli castano chiaro entrare nel mio campo visivo. Ragazze voltate nella nostra direzione, saluti languidi verso il nostro tavolo, e persino alcuni ragazzi che rallentavano apposta. Vomitevole, davvero.

«Dieci minuti, parcheggio sul retro» snocciolò veloce, appoggiando le nocche sul tavolo e sbilanciandosi un po' verso di me. Doveva aver appena finito gli allenamenti, perché portava ancora la maglia da football e una fascia stretta attorno al bicipite destro.

Inarcai un sopracciglio. «Temo di non essere stata sufficientemente chiara» iniziai con finta gentilezza. Immane cazzata, perché sapevo di essere stata piuttosto esaustiva, soprattutto dal momento che gli avevo lanciato una biro addosso. «Non intendo lavorare con te».

«Non hai scelta» replicò sbrigativo, estraendo un foglio dalla tasca dei pantaloncini sportivi.

Lo piantò sul tavolo, proprio di fronte al mio naso e pur non volendo assecondarlo, mi ritrovai comunque a leggere quelle poche righe. Il professor Nolan aveva pubblicato il calendario delle relazioni e io e Christian eravamo i primi a dover presentare i nostri progressi.

«Cazzo» mormorai, rendendomi conto saremmo stati sempre i primi di ogni turno. Era evidente che il professore non si fidasse di noi.

Lui fece un sorrisino rilassato, mentre si abbassava ancora di più. Nei suoi occhi blu, c'era quell'espressione di sfida che avevo imparato a odiare nel corso degli anni.

«Dieci minuti, parcheggio sul retro» ripeté piano, scandendo le parole a una a una. Poi, prima che potessi ribattere staccò le mani dal tavolo e riprese a camminare in direzione dell'uscita.

«Amica, sei proprio nella merda» dichiarò Laya, portando alle labbra una forchettata di pasticcio. Anche lei stava consultando il foglio, ma a giudicare dalla sua tranquillità doveva avere ancora un mucchio di tempo.

«Io più che altro mi chiedo che paura affronterete» mormorò Effie con aria pensierosa. «Intendo dire, non ne avete discusso prima, no?».

Sentii un'agitazione profonda aggrovigliarmi lo stomaco. No, certo che non ne avevamo discusso. Io e Christian ci eravamo limitati a litigare, ma non potevo lasciare a lui tutto il controllo. «Datemi delle idee» le pregai, «qualsiasi cosa».

«Bungee jumping» propose Laya.

Effie le scoccò un'occhiataccia. «Forse dovrebbero parlarne prima».

Inspirai lentamente. Non volevo affrontare nessuna di quelle situazioni con Christian: né parlare, né lanciarmi da un ponte con lui. Certo, a meno che lui non fosse senza imbracatura.

Afferrai il mio vassoio, perché l'odore del cibo pesante della mensa mi stava facendo venire la nausea. «Vi ringrazio per i vostri consigli totalmente inutili» dissi, cercando di sdrammatizzare. Ma ero troppo nervosa per continuare in quella direzione. «Ci sentiamo dopo».

Il corridoio della Lincoln High era quasi deserto. A quell'ora chi non si stava strafogando di maccheroni al formaggio aveva quasi certamente gli allenamenti e impiegai poco a raggiungere il parcheggio sul retro. Evitai le scale e percorsi la lunga rampa che girava attorno ai parcheggi riservati ai docenti, individuando subito Christian.

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