36 - Incomprensioni (I)

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Capricorno
"Fa' solo ciò che ti dice il cuore. 
Soprattutto, se ti fa paura"


«L'ho visto questa mattina e, come sempre, abbiamo litigato. Ma cosa posso dirvi? Noi siamo fatti così: siamo pieni di passione».

La voce starnazzante di Madison penetrò il muro di indifferenza dietro cui mi ero nascosta. Avevo cercato di evitarla per tutto il giorno. Avevo evitato lei e avevo evitato Christian. Il mio istinto di autoconservazione ci aveva visto lungo, perché era chiaro cosa stesse facendo in quel momento: voleva assicurarsi che sentissi tutti gli aggiornamenti sulla sua vita amorosa.

Aveva fatto male i calcoli, però, perché sapevo già tutto. 

Mi ero risvegliata nel letto di Christian da sola e ci avevo messo un po' a capire dove mi trovassi. Avevo impiegato meno tempo a ricordarmi perché lui non fosse lì con me. 

Era andato da Madison e non si era nemmeno degnato di dirmelo. 

Forse avevo finito le lacrime la sera prima, quando avevo trovato i loro messaggi, perché non avevo fatto una piega nel realizzare che non mi avesse lasciato neppure un biglietto. Sapere di non valere neanche la scusa banale che avrebbe refilato a qualsiasi altra ragazza aveva fatto male, ma mi ero impedita di soffrirci ancora.

Era evidente che io e Christian viaggiassimo su due binari diversi e il messaggio era passato forte e chiaro: lui da me non voleva niente di serio. Per quello avevo preso le mie cose e mi ero dileguata mentre Alex e Alison dormivano ancora. 

Era giusto così. Per quanto fosse stato bello nascondermi dai Case per due giorni, sentivo di aver perso ogni diritto a restare in quella casa. Mi ero sentita protetta, rassicurata, ed era stata la sensazione migliore che avessi mai provato. Avrei dovuto sapere, però, che non sarebbe durata in eterno. Tutto aveva una scadenza, soprattutto quando c'era Christian Case di mezzo. 

«Stellina, si può sapere cos'hai stamattina?».

La mano di Logan mi convinse a lasciare la penna che stavo stringendo con così tanta foga da sbiancare le nocche. Aveva insistito per sedersi accanto a me a ogni lezione e, a ogni lezione, mi aveva chiesto cosa non andasse. Aveva un'espressione preoccupata, molto più di quando avevo minacciato di strappargli tutti i peli delle braccia se non mi avesse riportata subito da Christian. Era passato un solo giorno, eppure avevo l'impressione che fosse successo così tanto...

«Claire, mi fai preoccupare» insistette, accarezzandomi la guancia. Il fatto che stesse utilizzando il mio vero nome significava che doveva essere davvero preoccupato. 

Mi sforzai di sorridere. «Va tutto bene» lo rassicurai, «è solo per la scuola». 

Logan non ci provò neanche ad assecondarmi. Scosse la testa. «Nah, non ti credo» replicò gentile. Aveva un sorriso furbo, lo stesso che su Christian mi faceva annodare lo stomaco e azzerava ogni mio pensiero. «Non è solo per la scuola, ma va bene se non vuoi dirmelo».

Invece, era un po' anche per quello.

Era per il mio progetto di Nolan ormai abbandonato; era per il tema per l'NHSMUN che avevo scritto ma mai inviato; era perché non ci avevo pensato due volte a rivedere i miei piani per New York, dopo essermi avvicinata a Christian. 

E adesso mi sembrava di aver sbagliato tutto. Di aver dato la priorità a persone che neanche mi consideravano. Di aver fatto un casino, proprio l'unica volta che mi ero concessa di seguire l'istinto, di fare quello che volevo solo per me. 

Forse aveva ragione mia madre. Non ero tagliata per prendere decisioni.

«Ovviamente, si è fatto perdonare». 

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