57 - Segreti (IV)

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Nel capitolo precedente
trovate la prima parte 🫶🏻
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C H R I S T I A N


Il lato peggiore di essere in una squadra universitaria di football non erano tanto gli allenamenti costanti o l'alimentazione rigida che dovevamo seguire, quanto il veto del coach sul nostro consumo di alcol.

Spostai la birra vuota dal bancone, lasciando che la barista recuperasse i nostri bicchieri. «Come facevamo a sbronzarci tutti i weekend, prima?» chiesi a Philip strofinandomi gli occhi.

«Io lo faccio ancora, sei tu a essere diventato una specie di prete: non fumi, non bevi... scopi almeno?».

«Fanculo» replicai serenamente.

Philip scrollò il capo. «No, non scopi neanche. Fai una vita di merda, Case».

Per quanto mi girassero le palle ad ammetterlo, Philip aveva ragione. Vivevo per il football e le ultime ragazze con cui mi ero visto non erano durate più di un paio di uscite. L'ultima, però, risaliva ancora ad Alice Evans. Da quanto cazzo non scopavo?

Mi sistemai meglio sullo sgabello, anche se odiavo quel pub. Philip mi costringeva sempre a vederci lì perché sospettavo che ci stesse provando con qualcuna. O qualcuno. A dire la verità non avevo ancora capito quali fossero le sue preferenze. «Faccio talmente una vita di merda che sono qua a non bere con te e non posso neppure tornare al mio appartamento. Uno schifo totale».

«Perché non puoi tornare a casa?».

Già, bell'autogol che avevo appena segnato. Adesso Philip mi avrebbe dato il tormento finché non gli avessi raccontato tutto. «Diciamo che una vecchia conoscenza si è impossessata della mia camera degli ospiti» replicai vago.

La sua testa ruotò così velocemente nella mia direzione che per un attimo pensai che si sarebbe staccata. «Ancora Alice? Amico, Caleb ti taglierà il cazzo alla prima occasione».

Feci una smorfia, stavo iniziando a rimpiangere la seconda birra che non avevo ordinato. «No, non Alice... Claire».

«Qualcuno ha detto "Claire"?». Alex si fermò accanto a noi, salutando con un pugno amichevole Philip. «Allora, Christian, cos'hai combinato ancora con quella povera ragazza?».

Se prima avevo avvertito il bisogno di ordinare un'altra birra, adesso che era comparso mio fratello avevo voglia di chiedere direttamente una bottiglia di whiskey.

Lo ignorai, ma Philip rispose al posto mio: «Già, Christian, dicci cosa ci fa Claire Cooper nella tua camera per gli ospiti».

Il nervosismo mi risalì lungo il collo, quei due quando ci si mettevano erano insopportabili. «Lasciate perdere».

Dio, mi ero già pentito di aver raggiunto Philip lì. Avrei dovuto chiamare qualcuno della squadra così avrei solo dovuto parlare del campionato e di come Tom Brady fosse il miglior quarteback al mondo.

«Oh, no». Alex si avvicinò. Aveva sempre quell'aria saccente che detestavo perché mi ricordava terribilmente nostro padre. Non ci capivamo più, da quando aveva lasciato il football era come se parlassimo due lingue diverse. O forse la colpa era mia perché lo avevo lasciato in quella casa da solo con lui, e adesso nostro padre lo stava assorbendo un pezzetto alla volta. Ero sicuro che prima o poi l'avrei trovato a girare per il salotto in giacca e cravatta, era solo questione di tempo. «Dimmi cosa sta succedendo con Claire» insistette.

Mi alzai. «Io non devo dirti proprio un cazzo».

Mollai una banconota sul bancone e puntai la porta del locale. Avrei dovuto immaginare che Philip avrebbe lo avrebbe chiamato. Sembrava che tutti cercassero in ogni modo di farci parlare, ma era inutile: io e mio fratello non facevamo altro che litigare ogni volta che finivamo nella stessa stanza. Beh, ripensando a Claire, ormai litigare sembrava una costante con chiunque facesse parte del mio passato.

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