45 - Orizzonte (II)

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Sagittario

"Le stelle benedicono le seconde occasioni"


Dopo tre giorni senza tecnologia stavo iniziando a impazzire.

Mia madre mi aveva dato una punizione esemplare: mi portava a scuola e passava a riprendermi tutti i giorni appena prima del pranzo. Non frequentavo le lezioni facoltative del pomeriggio e i miei corsi extrascolastici erano in standby fino a data da destinarsi. Infine, non solo non potevo usare il telefono, ma persino il computer era ammesso solamente per ricerche scientifiche.

Quel giorno, però, era diverso: era la sera della finale di Stato e niente mi avrebbe trattenuta in quella campana di vetro.

«Non ti sembra di esagerare?» la provocai, seguendola in cucina. Mia madre stava organizzando un cocktail di benvenuto per i nuovi vicini di casa e mi aveva intimato per ben due volte di non lasciare la mia camera. Come se me ne fregasse qualcosa di socializzare, per altro.

«Affatto» replicò pungente, sistemando nella lavastoviglie un bicchiere che avevo lasciato sul bancone. Alzai mentalmente gli occhi al cielo, non perdeva mai occasione di farmi notare quanto non rispettassi i suoi standard. «Se non fossi stata così sconsiderata, adesso saresti anche tu sul pullman con i tuoi amici».

Non volevo essere sul pullman della scuola con i miei amici. Volevo essere in campo per Christian, perché per quanto una parte di me ancora lo odiasse, sapevo che per lui questo fosse il momento più importante dell'intero anno.

Feci per replicare ma mia madre mi zittì: «Ah, e fammi un favore». Si voltò nella mia direzione, osservandomi con quello sguardo severo che ogni volta mi spingeva a chiedermi se ci fosse anche solo un briciolo di amore o di compassione dentro di lei. «Richiama Effie. Sua madre è stata una dei miei maggiori finanziatori durante l'ultima asta benefica e non ho intenzione di rinunciarvi».

Ricacciai nello stomaco la risposta acida che sentii sfiorarmi le labbra. Non si era neppure chiesta perché le mie amiche fossero sparite di colpo, o cosa avesse provocato un tale allontanamento. No, probabilmente si era già dipinta un quadretto nella sua testa in cui io ero riuscita a rovinare tutto anche con loro. Parlare non aveva senso.

Le voltai le spalle e tornai a rifugiarmi nella mia stanza, fingendo di non sentire i suoi richiami. Prima di chiudere la porta, però, feci una deviazione e afferrai il computer dal suo comodino. Adesso basta, ero stufa di impersonare la figlia perfetta.

Venti minuti dopo, stavo ancora valutando le mie alternative per deludere definitivamente i miei genitori.

Osservai con una punta di scetticismo il giardino sotto di me. Calarmi dalla finestra in pieno giorno mi sembrava un po' troppo audace. In primo luogo, uno qualsiasi tra i nostri vicini avrebbe potuto avvisare mia madre e, secondariamente, questa volta non c'era Christian pronto a prendermi.

Il mio sguardo si posò in automatico sul computer aperto alle mie spalle. La partita stava per iniziare e l'unica cosa che ero riuscita a fare era stata sintonizzarmi sul sito della scuola, dove alcuni ragazzi stavano improvvisando una radiocronaca un po' impacciata.

Tornai sui miei passi e mi buttai sulla sedia. Ero esausta, combattere con mia madre mi prosciugava. Finivo sempre per sentirmi vuota e sbagliata dopo aver parlato con lei. Paradossalmente, era una sensazione del tutto opposta a quella che si verificava con Christian: lui era in grado di tirare fuori tutta la mia rabbia trasformandola in un'energia vitale che mi faceva toccare dei picchi altissimi, nonostante poi fosse anche colui che riusciva a ricacciarmi all'inferno un istante dopo.

Razionalmente, avrei eliminato volentieri tutta quella sofferenza, ma a volte mi ritrovavo a chiedermi se non fosse proprio a causa di quelle emozioni contrastanti che mi piaceva così tanto. Per quanto sbagliato che fosse, era l'unico che mi strappava via dalla finta perfezione della mia vita.

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