60 - Chiarimenti (III)

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C H R I S T I A N

Avevo chiuso.

Avevo chiuso con le stronzate, con i tira e molla senza senso, avevo chiuso con Claire.

Avevo chiuso nel preciso momento in cui aveva ridotto quello che c'era tra di noi a una mia volontà, come se lei, con noi due, non c'entrasse più nulla.

"Faccio quello che vuoi tu".

Con una manata, spostai il getto della doccia sull'acqua fredda e la cascata ghiacciata azzerò i miei pensieri almeno per qualche istante.

Non riuscivo a togliermi dalla testa le sue parole, il modo freddo con cui le aveva pronunciate.

Chi cazzo era Claire?

Non volevo neppure saperlo, perché dal giorno prima avevo deciso di cambiare registro. L'avevo riaccompagnata a casa senza dire una parola e mi ero fiondato a fare quello che mi riusciva meglio: giocare a football.

Mi ero offerto per un doppio allenamento nonostante il coach ci avesse diviso in due squadre, e a fine giornata avevo percorso l'intero centro di Boston correndo al massimo della mia resistenza. Aveva funzionato e avevo smesso di pensare. Per un paio d'ore, quantomeno. Perché quella maledetta sensazione di essere un grandissimo idiota non mi aveva abbandonato da quando l'avevo lasciata a Danvers.

A cosa diavolo stavo pensando, quando avevo deciso di portarla a casa mia?

Dei colpi alla porta superarono la barriera acustica prodotta dalla doccia. «Christian, la gente sta iniziando ad arrivare». Mio fratello diede ancora una manata. «Muovi il culo».

Inspirai prima una e poi due volte, ma neanche dieci sarebbero state abbastanza. Una festa a casa di mio padre era l'ultima cosa di cui avevo bisogno. Certo, lui era a Los Angeles e non sapeva affatto dei nostri programmi, ma l'idea di rimanere con mio fratello e un mucchio di liceali mi faceva venire il voltastomaco.

Se avessi incontrato una delle cheerleader che mi ero fatto all'ultima festa, mi sarei beccato un drink in testa.

Se avessi incontrato Caleb, mi avrebbe spaccato la faccia.

Se avessi visto Logan, gliel'avrei spaccata io.

L'intero discorso che mi aveva fatto Alex il giorno prima mi sembrava una colossale stronzata. Avevo provato a comportarmi in maniera matura, avevo dato spazio a Claire, le avevo fatto capire che lei, per me, era sempre e comunque l'unica e cosa ne avevo guadagnato? Solo l'immagine della sua espressione fredda piantata nel cervello. Era come una cicatrice impressa nella mia mente. Quel suo dannato modo di fare distaccato e altezzoso. Quei maledetti occhi che non si mettevano mai d'accordo con le sue parole. Quella bocca che un giorno ti faceva sfiorare il cielo e quello dopo ti ributtava giù, dritto all'inferno.

Con un pugno spensi la doccia e afferrai un asciugamano. Dovevo smetterla. Non ero un maledetto cretino pronto a correrle dietro come un cagnolino. Da quel momento in poi si ritornava in carreggiata e per farlo avevo bisogno di vestiti, un drink e una ragazza con cui sfogare la tensione.

Possibilmente, non in quest'ordine.

*

La bionda davanti a me si versò ancora uno shot, ridendo per la pessima battuta che avevo fatto sul mio primo viaggio in Europa.

Non ricordavo di averla mai vista alla Churchill Academy, quindi o era nuova o era al primo anno. In entrambi i casi avrei dovuto prendere il mio drink e salutarla, invece ero ancora lì.

Logan e Claire erano arrivati solo dieci minuti prima e io avevo già finito il mio secondo bicchiere di rhum e cola. Come avesse avuto il coraggio di presentarsi a casa mia con lui era un mistero, ma stavo cercando di ignorare lei, quei dannatissimi capelli biondi che le sfioravano la vita a ogni passo e quel maledetto vestito di pizzo che le lasciava la schiena scoperta.

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