Sagittario
"Marte vi fa perdere la concentrazione.
O è solo colpa di Christian Case?"«Claire Jane Cooper!».
Il grido di mia madre mi fece sobbalzare. Mi trovavo distesa sul mio letto, con la coperta con i cagnolini aggrovigliata tra le gambe e un cuscino sulla pancia. C'era abbastanza luce da farmi intuire che il sole fosse già spuntato da un pezzo, e forse era quella la ragione per la quale stava urlando così tanto.
Si fermò ai piedi dal mio letto, con le mani premute sui fianchi in una posa che immaginavo dovesse essere minacciosa, sempre con le labbra sottili tirate in una smorfia insoddisfatta. «Si può sapere a che ora sei tornata ieri?» domandò.
Già, a che ora ero tornata ieri?
Feci velocemente il conto dei danni, anche se sentivo un cerchio alla testa pesante e sconosciuto. Era lo stesso di quando cercavo di vedere "Le pagine della nostra vita" senza piangere, solo che questa volta i miei occhi stavano bene, erano le mie tempie a pulsare.
Le massaggiai lentamente, mentre mia madre scalpitava per ottenere una risposta. Fece ancora un passo in avanti, incrociando le braccia per sembrare più autorevole. «A che ora sei tornata?» ripeté scandendo bene le parole.
«A mezzanotte, credo» mormorai.
Cazzata, erano almeno le due. Ma i miei genitori prendevano così tanti tranquillanti, che probabilmente non si sarebbero accorti neppure di un attacco alieno. Il problema, però, era che neppure io mi sentivo del tutto sveglia. Mentre mia madre continuava a blaterare, ripescai dalla nebbia del sonno gli ultimi ricordi della sera precedente.
Le battute anni Novanta di Philip.
Greg e la sua offerta di pace, dopo mesi di silenzio.
La discussione con Madison e... Christian.
Scaraventai via le coperte e saltai giù dal letto. Mi aveva obbligata a tornare a casa. No, peggio: aveva finto che vedermi ubriaca fosse una delle paure, e poi mi aveva obbligata a tornare a casa.
«Claire Jane Cooper!».
Per la seconda volta nel giro di un paio di minuti, mia madre si sgolò urlando il mio nome. Socchiusi un occhio, infastidita per i decibel raggiunti dal suo tono squillante e mi sentii sinceramente dispiaciuta per il cane del vicino.
«Puoi smetterla di gridare?» le domandai, circumnavigandola per afferrare una felpa.
Mentre la indossavo, lo sguardo mi corse fino al polso, dove la cannuccia arancio spuntava da sotto il tessuto chiaro. Speravo proprio che anche Christian fosse tornato a un orario decente, la sera prima, perché avevo tutte le intenzioni di fargliela pagare per quella trovata.
Mia madre si piazzò di fronte alla porta, mentre recuperavo un paio di stivaletti ammucchiati accanto alla libreria. «Posso sapere dove pensi di andare?».
Afferrai un libro a caso. «Devo portare una cosa ad Alison» mentii, superandola.
La sentii urlare ancora qualcosa, probabilmente che non potevo presentarmi a casa di qualcuno alle nove della domenica mattina. Ciò non m'impedì comunque di attraversare a passo di marcia il giardino, fino a raggiungere il lungo viale che conduceva alla porta dei Case.
Ero già pronta ad attaccarmi al campanello, maledicendo tutti i loro antenati che avevano deciso di trasferirsi in Massachusetts dal Texas, quando la porta si spalancò.
«Ciao, piromane». Alex incrociò le caviglie, appoggiandosi allo stipite. Sembrava assonnato con gli occhi semichiusi e una smorfia in volto. «Vuoi dar fuoco a qualcosa oggi?».
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Stelle avverse
ChickLitClaire ha tre certezze, piccole ma indissolubili: 1. Iniziare l'anno scolastico con Plutone contro è stata una stronzata 🪐 2. Christian Case è un maledetto Figlio del Demonio™ 3. Non c'è alcuna possibilità che collabori davvero con lui... No, nepp...