53 - Collisione (III)

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C H R I S T I A N


Erano sempre stati gli errori ad avermi condotto in quella cazzo di città dimenticata da Dio, con le sue strade dannatamente uguali, con le ghirlande appese a ogni porta e i comitati di quartiere che si riunivano ogni settimana.

Erano sempre state le mie pessime decisioni a fregarmi: le scommesse, le pillole, l'incidente...

O forse era successo tutto prima, quando avevo iniziato a mettere lei davanti a tutti gli altri.

Lei, che girava per quel locale dalla puzza d'alcol stucchevole e dalle luci basse, fasciata in un vestito che le lasciava scoperte le gambe nude.

Lei, che saltellava con quel maledetto margarita che avrei voluto strapparle dalle mani, perché era già il terzo e non reggeva nulla.

Lei, che poteva essere bella da star male ma che continuavo a odiare. Che dovevo odiare.

«Amico, sembra che tu la voglia...».

«Mangiare». Philip non fece in tempo a terminare la frase che quel coglione di mio fratello la completò per lui. «Sembra che tu la voglia mangiare» ripeté divertito. «Cerca di contenerti, Christian».

Infastidito, staccai gli occhi da Claire, cercando di non pensare al vestito striminzito con il quale era uscita di casa. Non mi importava. Poteva vestirsi come voleva, poteva bere quello che voleva, poteva fare quello che voleva. Nel continuare a ripetermelo, però, mi sentivo un gran coglione.

Spostai lo sguardo su mio fratello, che a sua volta non toglieva gli occhi dalla rossa che continuava a bere shot con Alice. Quando cazzo eravamo diventati così sfigati?

«Ancora con quella?» lo presi in giro, sollevando un sopracciglio. Di solito fare lo stronzo mi faceva sentire meglio. «Devi proprio aver fatto schifo a letto, per averla fatta scappare da casa nostra» proseguii, bagnando le labbra con un generoso sorso di birra. Amara, scialba. Faceva schifo, proprio come ogni cosa a Danvers.

Philip ridacchiò, ma Alex fece una smorfia. Bene, era ancora più patetico di quanto pensassi, ma il sollievo che sentivo sempre nell'infastidire mio fratello tardava ad arrivare.

«Le piaccio» disse rifiutando il bicchiere che aveva di fronte. Erano anni che portavamo avanti quel patto: se uno di noi beveva, l'altro rimaneva sobrio, e quella sera io avevo un dannato bisogno di annacquare i miei pensieri. «O le piacerò, ci sto lavorando» aggiunse, alzandosi e facendo strisciare lo sgabello lungo il pavimento.

Ah, giusto, perché la rossa stava uscendo e ora lui le correva dietro come un cagnolino, proprio come aveva fatto la mattina prima quando avevo beccato quella ragazzina nella nostra cucina.

Tornai a guardare Claire di fronte a me. Stava bevendo un cocktail con Effie, mentre il barista, un coglione biondo che un tempo veniva alla Lincoln High, faceva roteare una bottiglia davanti a loro. Patetico.

L'ennesima birra entrò nel mio campo visivo. «Bevi, amico». Philip mi tirò una gran pacca sulla spalla. «E smettila di fissarla come uno stalker».

Grugnii qualcosa, ma aveva ragione: sembravo un cazzo di stalker, e il fatto che lo sapessimo entrambi mi faceva incazzare ancora di più.

«Hai intenzione di far scappare anche questo?» mi chiese vago.

Lo guardai con aria interrogativa e lui accennò con il mento al barista. Ah, il patetico di prima. «Non vedo perché dovrei».

Buttai giù un altro sorso di birra per chiudere la questione e ignorai le occhiatacce di Philip. Sapevo che non avrebbe detto altro. Da quando Claire stava con Logan, i nostri amici avevano scelto di gestire la questione con il silenzio. Un'ottima decisione che mi evitava commenti patetici come quello di mio fratello. Alex era l'unico a rompere ancora il cazzo per quella storia dimenticata secoli prima.

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