41 - Conseguenze (I)

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C H R I S T I A N


«Dovevi proprio scopartela Lucy?».

La voce di mio fratello, unita a quella domanda di merda, mi spinse a voltarmi in direzione della porta. Ero piantato di fronte alla finestra, dove avevo spalancato le ante per non far scattare i sensori di quella maledetta casa.

Stringevo una sigaretta tra pollice e indice, ma a dire la verità non la stavo neanche fumando. La finale di Stato era vicina ed evitavo tutto ciò che poteva abbassare le mie prestazioni. Il football mi aveva salvato: non fumavo, non bevevo neanche se non una birra ogni tanto. Quella che tenevo tra le mani era il solo il ricordo di un vizio che non mi concedevo da un pezzo: l'erba. Un vizio di cui invece avevo abusato un po' troppo spesso, quando me la facevo con Lucy.

«Sì» mentii, spegnendo la sigaretta nel posacenere prima di tornare a guardare mio fratello. Non scopavo con Lucy da mesi e, soprattutto non toccavo nessuna da settimane, a parte Claire, ma non erano cazzi suoi. «Dovevo».

Lo vidi sollevare un sopracciglio con aria superiore. Dio, odiavo quel gesto. Lo aveva preso da nostro padre e sfortunatamente in entrambi i casi mi suscitava la stessa reazione: la voglia di spaccare la faccia a qualcuno. A maggior ragione, dopo aver visto Claire uscire dalla sua stanza. «Hai altro da dirmi?» gli domandai secco.

Ero in ritardo e dovevo ancora risolvere la questione di Buzz e della droga, per farlo però avevo dovuto contattare tutte le mie vecchie conoscenze. Buzz era sparito e nessuno sapeva dove fosse andato a finire. Mi sarei occupato a breve di quel punto, ma prima avevo giocato una carta diversa: cercare di capire chi gli vendeva gli steroidi.

Non potevo fidarmi della mia squadra così avevo dovuto chiedere all'unico componente di una squadra avversaria che meritava la mia fiducia. Caleb era il migliore amico di mio fratello da anni e convincerlo a mentire era stata una tortura. Era convinto che noi tre insieme, io, lui ed Alex, avremmo trovato subito lo spacciatore.

Peccato, però, che io preferissi seguire le mie regole.

Più gente era invischiata, più c'era la possibilità che qualcuno ci tradisse, così avevo convinto Caleb a fingersi interessato agli steroidi con alcuni suoi compagni di squadra poco raccomandabili. Dovevamo solo trovare un collegamento e capire chi ci fosse dietro a tutta quella faccenda. Poi, me ne sarei occupato io.

Alex fece un passo in avanti tornando a catturare la mia attenzione. «Sì, c'è altro». Aveva l'espressione dura di quando voleva intimorirmi. «Stasera porto Claire a cena fuori. Vedi di non fare qualche cazzata delle tue».

Il suo nome mi bruciò nel petto, una sensazione fastidiosa di cui però non avrei potuto disfarmi neanche volendo. «Altrimenti?» lo provocai.

Stavo cercando un pretesto per litigare, perché saperla con Alex mi faceva incazzare quasi più di vederla con Logan. Mi sembrava che per tutti fosse facile: decidevano di tenerla nella loro vita senza pensare alle conseguenze. Alla fine, l'unico stronzo che non poteva averla ero ancora io.

«Non farlo e basta». Alex si mosse ancora, arrivando così vicino alla mia faccia che, se non fosse stato mio fratello, avrei già perso la pazienza. Strinsi e allentai i pugni per cercare di mantenere il controllo. Non aveva alcun diritto di dirmi cosa fare, ma era difficile quando sapevo che tra i due il cattivo ero sempre io. «Lasciala respirare almeno per un giorno, Cristo!».

«Te l'ha detto lei?».

Ebbe la decenza di apparire confuso. «Cosa?».

«Che non la lascio respirare».

Il pensiero che ormai fosse troppo tardi mi stava stritolando lo stomaco. Avevo lasciato passare un mese intero senza parlarle. Un mese in cui mi ero concentrato sul football e sul vincere i playoff, nonostante il coach mi odiasse ancora. Avevo cercato di non pensare, di escludere tutto il resto, ma non potevo sapere cosa fosse passato nella sua, di testa, in tutto quel tempo.

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora