31 - Scelte (II)

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C H R I S T I A N

«Mani in alto, tieni la guardia».

Picchiettai i guantoni tra loro per farle vedere dove colpire. Credevo che Claire mi avrebbe già implorato di smettere a quest'ora, ma era evidente che non volesse darmela vinta.

Il primo colpo andò a segno. Certo, era debole e prevedibile, ma non potevo sperare di più per la sua prima volta con i guantoni. Il secondo, invece, mancò totalmente il bersaglio.

«Stai più in avanti» le ordinai, «piedi meno larghi».

Lei si limitò a scoccarmi una delle sue occhiate glaciali. La sua sfrontatezza mi faceva sempre sorridere, era come se non le importasse di risultare sfacciata o maleducata. Claire era autentica e probabilmente lo era anche il suo odio nei miei confronti, a giudicare da come mi stava guardando. Socchiuse gli occhi come se fosse sul punto di attaccarmi quando le feci vedere di nuovo dove colpire.

«Due colpi, poi pausa e altri due» le ricordai, scacciando un ricciolo dalla fronte.

Fece come le avevo detto, anche se alla fine mancò di nuovo il bersaglio. Così non andava, la sua mente era distante anni luce da quella palestra. Avrei scommesso la mia Mustang che stesse pensando di nuovo a Effie e Laya.

Un fastidio secco mi formicolò sottopelle e mi spostai per togliere la maglietta. Era lei che stava facendo la maggior parte della fatica, ma rimanere lì impalato a vederla saltellare in quella sottospecie di coso che chiamava pigiama non era una passeggiata neanche per me.

Gettai la maglietta nell'angolo dietro di me, cercando di recuperare il controllo. «Non perdere la concentrazione» la sgridai, tornando a voltarmi verso di lei.

La beccai a fissarmi con molto più interesse di quanto ne dimostrava di solito e fui costretto ad arpionare il labbro inferiore con i denti per non scoppiare a ridere. Qualcosa mi diceva che nonostante il suo soprannome da verginella dark, Claire avesse pensieri molto meno innocenti di quanto non lasciasse credere.

Morsi più forte il labbro per impedirmi di continuare su quella strada. Ero io a doverla smetterla con quei pensieri, diamine. Non eravamo lì per quello.

«Non abbassarti troppo» la sgridai di nuovo, «sei distratta».

«Sono stanca!». Lasciò la posizione, allargando le braccia come se non capissi. «È un'ora che siamo qui, sto perdendo l'uso dei polmoni».

La capivo, la prima volta che ero stato sul ring ero durato per un'ora al massimo. Certo, avevo undici anni e avevo colpito il sacco come un forsennato, ma conoscendola probabilmente quello era il massimo dell'attività sportiva che aveva fatto negli ultimi sei mesi.

«Non credevo che avessi una forma fisica così scarsa» la punzecchiai.

Le sue guance cambiarono dieci tonalità di rosso nel giro di un secondo. Un attimo prima mi stava guardando sconvolta, quello dopo la vidi lanciarsi su di me come una furia.

Incassai il colpo ridacchiando, perché sapevo che effetto avrebbero avuto le mie parole ancora prima di pronunciarle. Claire era tutto fuorché scontata, ma ormai avevamo passato troppo tempo insieme per non sapere come provocarla.

«Al diavolo!» protestò, divincolandosi dalla mia presa.

Era rimasta incastrata nei guantoni neri, ma quando provai ad aiutarla mi scansò di nuovo. «Non ti mangio, Claire» le ricordai, ridacchiando ancora. Quella ragazza mi avrebbe fatto diventare matto, non accettava l'aiuto di nessuno neppure quando la situazione si metteva male. «Puoi stare a dieci centimetri da me».

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora