ClaireAvrei preferito che Christian non fosse tornato così presto nel suo appartamento, non quando la mia testa era ancora un tale caos.
Diceva che non gli importava di me, ma poi mi chiedeva di restare.
Lanciava una bomba come quella dei suoi fratelli e poi se ne andava.
Con queste premesse, come poteva pensare che volessi rimanere con lui a parlare?
Anche adesso che mi aveva detto dei suoi dubbi su Alex e Alison, anche se capivo il peso di dover vivere in mezzo alle bugie, io non sapevo come comportarmi con lui.
E avrei preferito che la smettesse di guardarmi così, di toccarmi così, come se al di fuori di quella stanza il mondo non esistesse. Avrei preferito che non mi guardasse come se si aspettasse delle risposte che io proprio non sapevo come dargli.
"Cosa fingi che non esista?".
Me lo aveva chiesto solo un istante prima, ma il panico era scoppiato in un attimo, lasciandomi senza fiato.
Anche la sua mano sulla mia guancia mi lasciava senza fiato, ma per i motivi opposti. Forse era per quello che non avevo fatto altro che rimanere immobile, perché quelle due forze, la voglia di scappare e quella di gettargli le braccia al collo, si annullavano a vicenda impedendomi di reagire.
«Non voglio pensarci stasera, Christian» riuscii a mormorare, nonostante il groppo che mi premeva la gola.
Lo sapeva già. Annuì come se non si fosse aspettato niente di diverso e forse un po' quella reazione mi feriva, perché anche se cercavo di apparire sempre tostissima, lui lo sapeva che era tutta una facciata.
«Okay» lo sentii dire, ma in realtà non stavo neppure ascoltando le sue parole. Erano i suoi gesti a ottenere tutta la mia attenzione.
Non riuscivo a staccare gli occhi dal suo viso, dalle labbra lievemente tirate, dalle piccole rughe che si formavano sulla sua fronte ogni volta che era preoccupato per qualcosa. Christian aveva un modo tutto suo di guardarmi, che mi lasciava senza fiato ogni volta.
Il punto non era la vicinanza, o per lo meno non solo quella. Era l'intensità del suo sguardo, le ombre annidate nei suoi occhi che colmavano ed abbracciavano le mie. Era il modo in cui mi accarezzava il viso, così tremendamente sfacciato ma dolce da mandare in pappa il mio cervello. Erano tutte le promesse sottintese di ciò che avrebbe potuto fare, che si univano ai ricordi che neppure il tempo aveva cancellato. Era un'appartenenza così viscerale, che solo con lui mi sentivo davvero me stessa.
Forse era quella la ragione per cui mi sentivo anche così spaventata, il motivo per il quale combattevo così tanto.
Ma Christian aveva sempre saputo come annullare le mie difese.
Tutta la tensione tra di noi si ridusse a un sospiro flebile che lasciò le sue labbra. Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte alla mia, facendo schizzare il mio cuore alle stelle. Eravamo così vicini che non sapevo più dove tracciare i confini tra di noi. Non sapevo più come farlo.
«Dovresti provare a dormire un po'» disse con quel suo tono ragionevole che era lo specchio della mia indifferenza: solo una maschera impostata.
Per quello mi rifiutai di seguire quell'ordine. «No». Con uno slancio che non sapevo neppure da dove arrivasse, mi misi a cavalcioni su di lui. Il mio stomaco fece una capriola, ma cercai di ignorare la scarica di emozione che mi attraversò come se fossi un cavo scoperto. Era un mix di paura e aspettativa, perché non eravamo più stati così vicini negli ultimi due anni. «Non voglio stare sola stasera» ammisi, «resti con me?».
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Stelle avverse
ChickLitClaire ha tre certezze, piccole ma indissolubili: 1. Iniziare l'anno scolastico con Plutone contro è stata una stronzata 🪐 2. Christian Case è un maledetto Figlio del Demonio™ 3. Non c'è alcuna possibilità che collabori davvero con lui... No, nepp...