30 - Scelte (I)

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Bilancia
"A volte le scelte sono semplici,
sono le conseguenze a non esserlo"


Bussai alla porta d'ingresso di Frau Fisher come se volessi buttarla giù. Forse volevo farlo davvero, volevo entrare in quella casa, farmi largo fino alla camera di Effie e chiederle cosa diavolo le fosse saltato in mente.

Christian alle mie spalle non aveva ancora detto una parola. Non mi aveva chiesto dove stessi andando quando mi ero fiondata fuori da casa mia, non aveva neppure cercato di farmi ragionare. Si era limitato a camminare dietro di me abbastanza vicino da farmi temere che volesse fermarmi, ma da quando avevamo visto quel video non aveva ancora fiatato.

Al quarto colpo delle mie nocche sul legno, la porta si aprì di colpo.

«Claire?». Effie fece un passo indietro. Sembrava sbalordita. «Cosa ci fai qui?».

Cosa ci facevo lì. Beh, il mio primo impulso era stato quello di fare una scenata. Tuttavia, quando misi a fuoco il volto della mia amica, il dolore ebbe la meglio sulla rabbia. «Perché?» sussurrai stravolta.

La vidi sbattere un paio di volte le palpebre. «Cosa?». Sembrava non avere idea di cosa stessi parlando.

Inspirai profondamente. «Perché mi hai mandato quei biglietti?».

All'improvviso, tutta la confusione iniziale fu spazzata via. Effie sgranò gli occhi e il sangue lasciò le sue guance. «N-non sono stata io» mormorò veloce.

Ancora una volta, fui costretta a incamerare un profondo sospiro. Era già brutto che mi avesse fatto uno scherzo simile, ma che mentisse poi... Dove diavolo era finita la mia amica?

«Ho un video» le comunicai seccamente. Avrei estratto il cellulare, ma le mani mi tremavano troppo per azzardare un movimento simile. «Hai lasciato un biglietto davanti alla mia porta, ieri sera».

Per un istante, Effie sembrò sul punto di ribattere. Aprì la bocca un paio di volte, per poi richiuderla subito dopo. «Non sono stata io» rimarcò, questa volta più duramente rispetto a prima. La sua espressione era lo specchio della mia: ferita, delusa. Solo che lei non aveva alcun diritto di sentirsi così.

Sollevai un sopracciglio. «Neghi di essere stata da me, ieri?». Era assurdo: avevo un filmato che provava il suo coinvolgimento e non stava neppure provando a giustificarsi.

Effie scosse la testa. «Ero a casa tua» ammise, «ma non sono stata io».

Per la prima volta, l'ombra di un dubbio accarezzò la mia mente, ma non fui io a chiedere spiegazioni.

«Allora chi è stato?». Christian era rimasto in disparte fino a quel momento, ma quando sentii il suo torace sfiorare la mia schiena mi resi conto che era un fascio di nervi, proprio come me.

«Io...». Effie deglutì rumorosamente, guardandosi attorno come se volesse scappare. Quando però il suo sguardo sofferente incontrò il mio, vidi tutta la rassegnazione di chi aveva già preso la sua decisione. «Io non posso dirlo» mormorò.

Christian inspirò nervoso, mentre il mio cuore andava in mille pezzi. Non voleva dirmelo. Effie non voleva aiutarmi.

«Effie». Christian la richiamò con tono esigente. Un muscolo sul suo collo guizzò. «Devo sapere se c'è di mezzo qualcuno al di fuori della Lincoln High».

Ero troppo frastornata per pensare alle implicazioni di quella richiesta, ma non m'interessavano le ipotesi di Christian perché sapevo la verità: c'era un'unica persona che Effie avrebbe protetto più di me, un'unica persona che avrebbe anteposto alla nostra amicizia. «È stata Laya, non è vero?» sussurrai.

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora