11 - Il piano (II)

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Acquario
La pazienza non è la tua virtù migliore.
Magari, ricordiamocelo la prossima volta.


Rigirai la cannuccia arancio, facendola oscillare piano al mio polso. L'elenco delle cose che sarebbero potute andare male quel giorno era infinito. Christian era sparito dopo la prima ora, dicendomi che avrebbe dovuto gestire un paio di cose prima di pranzo, non avevo più visto Alex, e Laya ed Effie mi stavano con il fiato sul collo, come se avessero capito che qualcosa non andasse.

«Sicura di non voler venire in mensa con noi?». Laya mi scoccò un'occhiata incredula, mentre ravvivava la massa informe di riccioli scuri che le accarezzava le spalle. «Tu non salti mai i pasti» osservò.

Scossi la testa, premendo la mano sullo stomaco. «Troppi popcorn al caramello salato, ieri sera: sto da schifo».

Effie chiuse l'armadietto, ricontrollando di aver sistemato il lucchetto. «A dire la verità, mi sembrava che stessi benissimo mentre sbavavi su mio fratello».

Incassai il colpo con una risatina agitata. Non mi credeva. Forse Laya si era bevuta la mia scusa, ma Effie sapeva che stavo nascondendo qualcosa. Dopo essere scappata dal laboratorio di chimica, avevo finito per evitarla, ma qualcosa mi diceva che non fosse stata una grande idea.

Strizzai gli occhi. «Mi ha spezzato il cuore, quando si è presentato con quella ragazza dalle gambe chilometriche. È colpa sua se sto così».

Prima che potesse replicare, Laya si lanciò in una descrizione molto fornita dei vantaggi delle ragazze basse, sottolineando come il nostro baricentro ci consentisse una maggiore stabilità, sommata all'innata capacità di apparire tenere e dolci, al bisogno.

Speravo davvero che avesse ragione, perché quel giorno mi sarebbe servito ogni stratagemma per uscire dalla Lincoln High indenne. Baricentro basso, compreso.

Iniziai ad arretrare, prima che a una di loro venisse la malsana idea di accompagnarmi in infermeria. «Mi faccio dare qualcosa e arrivo» dichiarai. Sollevai una mano per salutarle. «Ci vediamo dopo».

Piroettai su me stessa e svoltai lungo il corridoio opposto agli armadietti. Il mio vero obiettivo era ben oltre la porta bianca su cui era impressa la qualifica della signorina Shaw, l'infermiera della scuola. A destra, il corridoio s'infossava in un piano interrato che portava ad alcuni uffici e alla stanza delle fotocopie. Non c'ero stata molte volte, perché di solito usavo quello parallelo che portava agli spogliatoi, ma la Lincoln High era abbastanza piccola da non rischiare di perdersi.

Mentre superavo la segreteria, ricontrollai l'ultimo messaggio di Christian.

Da: Christian Case
Aspetta il mio segnale.

Già, il suo segnale...

Era da due ore che il mio cellulare non riceveva alcuna notifica. Non sapevo se avesse avuto problemi con Ashley, o se semplicemente fosse troppo... occupato con lei. L'unica cosa sicura era che dovevo cambiare quei maledetti voti, prima della fine della giornata.

Scesi velocemente la rampa di scale. Il mio cervello aveva già creato una scusa plausibile nel caso in cui fossi andata in panico: avrei detto di essere alla ricerca del consulente scolastico per il progetto delle Nazioni Unite. Il suo ufficio era proprio quello accanto a Nolan e nessuno avrebbe fatto domande trovandomi lì.

L'aria stantia del piano inferiore mi fece arricciare il naso, come ogni volta che percorrevo quello degli spogliatoi. Non ero neppure sicura che quegli ambienti fossero a norma, ma la mia inchiesta non sembrava interessare troppo il giornalino studentesco, perché di fatto non mi avevano ancora accettata.

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