19 - L'accordo (I)

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Acquario
"Saturno rema contro,
scordatevi la tranquillità"


«È l'idea più stupida che tu abbia mai avuto». Spinsi via il vestito che stavo provando, recuperandone un altro decisamente meno scollato. «E tu ne hai di idee stupide, Case».

Allungai il collo verso lo specchio, trovando il riflesso di Christian steso sul mio letto. Se ne stava stravaccato con i piedi che spuntavano dal materasso e l'espressione annoiata. Tra le mani teneva di nuovo uno dei miei peluche.

«Lascia stare la mia roba!» strillai, facendo capolino dalla porta per lanciargli contro un vestito.

Non lo beccai neppure di striscio. L'abito si accartocciò ai suoi piedi e Christian sollevò un sopracciglio. «Te l'ho già detto: se vuoi essere la mia ragazza dobbiamo lavorare sulla mira».

«Finta» sottolineai a denti stretti, ammonendolo con l'indice. «Finta ragazza». Tornai a infilarmi nel bagno. Dio, con quel vestito accollato sembravo una vergine sacrificale. Lo gettai nella cesta, afferrando l'ultima alternativa. «Non so davvero perché ti sto assecondando con questo piano assurdo» borbottai, stringendomi in un abito incrociato sulla schiena. Era una via di mezzo rispetto ai precedenti. Davanti sembrava piuttosto sobrio, mentre il retro lasciava intravedere... beh, parecchio.

«Mi stai assecondando perché, come me, vuoi capire chi ti ha mandato quel cazzo di biglietto» lo sentii dire.

Saltai fuori dal bagno. «Abbassa la voce» sibilai, «i miei potrebbero arrivare da un momento all'altro».

Christian sollevò le spalle. «Non esco dalla finestra» mi avvisò.

Lo ignorai e diedi un'ultima occhiata al mio aspetto: guance rosa, un vestito indecentemente corto e un rossetto scuro che non avevo mai avuto il coraggio di utilizzare. Bene, Christian Case aveva quasi del tutto corrotto la mia moralità.

«A Effie verrà un colpo quando mi vedrà così» commentai, sentendolo avvicinarsi a me.

Con la coda dell'occhio, lo vidi fermarsi alle mie spalle. Nonostante i tacchi, rimanevo nettamente più bassa di Christian, tanto che non dovetti impegnarmi troppo per incontrare il suo viso nel riflesso dello specchio.

Mi stava analizzando con un'espressione incolore, ma la lentezza con cui il suo sguardo risalì lungo il mio corpo mi fece immediatamente pentire della decisione presa. Perché diavolo gli avevo dato ascolto?

«Effie non ci sarà» disse infine.

Aggrottai la fronte e cercai i suoi occhi, ancora impegnati a studiarmi. «In che senso?».

Christian sembrò fare uno sforzo immane per tornare a concentrarsi sul mio viso. Per qualche ragione, aveva l'aria seccata. «Se vogliamo farci vedere da Madison dobbiamo uscire con i miei amici».

Un lampo di nervosismo mi scosse la spina dorsale. Non avevo previsto di non giocare nel mio territorio. «Dove stiamo andando, quindi?».

Speravo che mi tranquillizzasse proponendo un cinema o un'alternativa simile. Il sorrisino che spuntò sulle sue labbra, però, mi fece capire immediatamente che non fossero quelli i programmi.

«Andiamo da Philip».

*

La casa dei Reese non era affatto come la ricordavo. Ferma accanto alla macchina di Christian, osservai la lunga costruzione che si stagliava in cima a una piccola collinetta chiedendomi perché Philip non ci avesse mai invitate da lui prima di quel semestre. Voglio dire, Laya avrebbe ucciso per fare un tuffo in quella piscina.

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora