64 - Presente (I)

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Claire


Continuavo a farlo.

Continuavo a mettere alla prova Christian perché non riuscivo ad accettare che non fosse più la stessa persona che non mi aveva rivolto la parola per due anni; lo stesso che mi aveva ferita, con una punta di soddisfazione, ogni volta che ne aveva avuto la possibilità.

L'inadeguatezza mi vibrò ancora nelle vene in cerca di appagamento. Avevo sempre creduto che fosse Christian la fonte di quella sensazione. Fino a quel momento, non mi ero mai accorta di esserlo io stessa.

Alison si parò di fronte a me. «Ti prego, dimmi che non mi odi».

«Potrei» la minacciai, tornando a mettere a fuoco il palco e le coppie che stavano ordinatamente raggiungendo i loro tavoli. Lo scambio con Christian mi aveva fatto dimenticare tutto il resto. «Ma credo di volerti comunque troppo bene» aggiunsi.

La vidi fissare il soffitto con aria soddisfatta, come se si stesse congratulando con sé stessa. «Sono troppo fantastica» commentò.

«Beh, ora non tirartela troppo». Provai a sbirciare oltre la sua spalla. La maggior parte delle persone stava utilizzando quella pausa per sgranchirsi le gambe o per salutare qualche conoscenza. Scandagliai ogni angolo di quella sala, seguii il profilo delle scaglie di vetro che componevano la cupola tondeggiante, ma di Christian neppure l'ombra. «Hai visto dov'è andato tuo fratello?» domandai. Specificare quale era inutile.

Anche Alison allungò il collo, sfruttando quella posizione sopraelevata per controllare meglio la sala. «Conoscendolo, avrei detto al bar».

«Già, anche io, ma non c'è». Avevo già analizzato ogni angolo di quel bancone, c'erano i colleghi di Richard, i suoi ex compagni di classe, ma del figlio neanche l'ombra.

«Sarà scappato, vista l'imminente premiazione del concorso artistico».

Lanciai un'occhiata confusa ad Alison. «Ha partecipato?».

«Beh, mi ha aiutata a scegliere il vincitore».

«E credi che se ne sia andato per quello? Perché ha paura di essere trascinato nuovamente sul palco?».

Alison soppesò le mie parole. «Forse» mi diede ragione, «ma dovrebbe sapere che non lo farei mai».

Le scoccai un'occhiataccia. «Già, per quello te la prendi solo con le tue amiche».

Scoppiò a ridere e la sua risata attirò lo sguardo di Alex, fermo a pochi metri da noi. Mi fece l'occhiolino prima di scusarsi con l'uomo con cui stava parlando. Lo congedò velocemente e in un istante fu da noi. «Scusa» iniziò mettendo le mani avanti, «ma non potevo perdere l'occasione di far incazzare Christian».

Lasciai perdere le minacce, avevo le forze per concentrarmi solo su un Case alla volta. «Hai visto dov'è andato dopo il ballo?» ripetei. L'impazienza mi vorticava nello stomaco impedendomi di restare ferma.

Come sua sorella, anche Alex scosse la testa. «No, devo preoccuparmi?».

Fu il mio turno di negare. «Credo che sia solo arrabbiato con me» ammisi. «Me ne sono uscita di nuovo con una frase che avrei potuto evitare». Chiedevo sempre di più e non riuscivo mai ad accettare ciò che mi dava. Ero finita in un circolo di sfiducia che solo io avrei potuto spezzare.

«Salterà fuori». Alex sollevò le spalle, ormai così abituato ai comportamenti di Christian da non esserne minimamente toccato. «Torna a sederti con noi».

Annuii, anche se la parte più immatura di me avrebbe voluto cercarlo all'istante. Tuttavia, sapevo che Alex avesse ragione: sarebbe saltato fuori, magari con i suoi tempi e magari rinfacciandomi il mio comportamento, ma sarebbe tornato ne ero certa.

Stelle avverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora