La creatura [1]

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l ringhio assomigliava a vari versi animali, come il latrato di un cane, il ruggito di un leone o il ruglio di un orso bruno, ma nessuno di essi corrispondeva perfettamente alla sua natura.

Era stato un suono innaturale e sconosciuto, abbastanza spaventoso da congelare i muscoli di Joy, che rimase immobile e in silenzio, incapace di azionare il cervello abbastanza velocemente da fuggire in direzione delle voci dei due viaggiatori nella foresta. Le gambe e le braccia si abbandonarono ad un tremolio impotente, la vista si offuscò di lacrime e parve oscillare da destra a sinistra e viceversa.

Il respirare pesante e rumoroso della creatura si fece più vicino alla ragazza, abbastanza da permettere ai costanti sbuffi caldi delle grandi narici di sollevare lievemente i ciuffi bruni che contornavano il viso della ragazza.

Paura crescente e debolezza fu ciò che provò la sventurata quando, nelle profondità della sua anima, sentì ribollire come un'attrazione magnetica, la stessa che conduce il pesce piccolo ad avvicinarsi alla luce del predatore negli abissi marini. Non poté respingerla e questo la fece singhiozzare con più foga.

Avvertì il bisogno di guardare dritto negli occhi della bestia, di conoscere ciò che l'avrebbe uccisa. I suoi piedi si mossero senza consenso e, a testa bassa, segnarono un mezzo giro seguiti dai fianchi e dal resto del corpo, poi si fermarono per un attimo di riflessione. Joy pensò di poter prendere il sopravvento e fare la cosa giusta, correre via e urlare, invocando l'aiuto dei due esploratori che poco prima aveva sentito chiacchierare nelle vicinanze. Non ci riuscì. Sentì la pressione spossarla e dunque completò il giro. I suoi occhi bruni restarono fissi sull'erba, dove individuarono il primo indizio manifestante che ciò che aveva davanti non era, in effetti, un'allucinazione.

Zampe grandi come la mano di un uomo adulto, se non di più, coperte da folto pelo grigio scuro tendente al blu. Il suo sguardo continuò a salire, dai muscoli tesi in presenza della piegatura del gomito fino al petto vivo e pulsante della creatura, che non smise per un solo secondo di emettere quel suo tipico brontolio infastidito. Qualcosa oscillò oltre la gigantesca belva, una lunga coda che, da sola, misurava la lunghezza di una delle gambe di Jocelyn per intero, piede compreso. I suoi movimenti secchi e dondolanti determinavano una forte irritazione.

Ecco, subito dopo, il viso canino dell'enorme bestia grigia. Lunghi canini sovrastavano le labbra violacee che circondavano le gengive e le altre file di denti formando un ghigno inumano e delle fauci serrate dalle quali proveniva il macabro mugugno.

Sopra di esso apparve un naso nero e altri muscoli in piena tensione e infine il particolare più inquietante.

Profondi e brillanti occhi rossi e accesi, capaci di scrutare l'animo della ragazza e di farla sudare freddo dal nervosismo. La pupilla nera spezzava il pozzo di sangue che plasmava le iridi e Jocelyn poté perfettamente specchiarsi nel loro buio riflesso.

Il collo obliquo e robusto era invece rassomigliante ad una maestosa criniera che sfumava sul grigio chiaro, a differenza delle orecchie scure e quasi del tutto corvine.

Un lupo. Cos'altro poteva essere? Nulla di conosciuto o studiato sui libri di scienze, almeno per Joy.

Un gigantesco lupo cinereo che la osservava dall'alto, surclassandola di almeno mezza testa. Il problema era che Jocelyn era sempre stata una ragazza alquanto alta, non aveva mai sentito il bisogno di indossare dei tacchi o di legarsi i capelli in una coda di cavallo per apparire più slanciata.

Un'altra cosa che preoccupò seriamente la studentessa fu il primo pensiero che ebbe quando finì di squadrare l'imponente creatura. Mai in vita sua, neppure nelle più stravaganti fantasie nascoste fra le pagine dei libri che aveva letto o nei suoi sogni di svago ed evasione dalla quotidianità, la ragazza aveva visto un essere più bello di quello.

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