La lupa bruna [2]

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Solo tre giorni dopo Joy poté ottenere il permesso di tornare a casa. Fu un grande sollievo per lei, che finalmente poté nascondersi fra le mura della sua stanza a piangere e sfogarsi a causa della tristezza che le dava l'essere in quello stato. Trascorse molto tempo anche a leggere il libro che le aveva donato la sorella, inguaribile romanticona.

Joy non leggeva spesso romanzi rosa, ma poterlo fare comportò un'importante distrazione dalla vita reale che le fu di speciale aiuto per tornare ad accettare se stessa. Aveva in breve capito che non si sarebbe potuta sottrarre alla vista degli altri per sempre. Non poteva indossare guanti e sciarpa per celare le sue cicatrici persino d'estate, e non l'avrebbe fatto di certo. Dunque prese una decisione importante: tornare a scuola. Mancava solo una settimana alla fine delle lezioni e vide in quei pochi giorni l'occasione di tornare a essere parte integrante della società. Aveva guadagnato un po' di fama grazie alla sua sventura, ma non sapeva ancora se in modo positivo o negativo. Molti si erano presentati all'ospedale per vederla, ma nessuno l'aveva raggiunta a casa per chiederle se stesse bene.

Il lunedì dell'ultima settimana scolastica, Joy si svegliò molto presto di mattina, in preda agli incubi e a forti sensazioni di caldo cocente. Ne approfittò per rilassarsi nella doccia per un tempo che le parve interminabile. Si massaggiò bene i capelli con shampoo e balsamo e quando li asciugò fu felice di percepire il buon odore che emanavano. Posò un berretto con visiera sul ciuffo rossastro e bruno sulla sua fronte, per poi coprire il tutto con il cappuccio della felpa grigia che indossò, non curandosi del forte caldo. Non si sentiva ancora pienamente sicura di sé e ciò venne dimostrato quando si fermò di fronte al grande e stretto specchio appeso al suo armadio scuro. Si osservò per qualche minuto e riflesse sul suo aspetto mentre faceva un nodo ai lacci delle scarpe da ginnastica. Le parole del medico infestarono la sua mente e così tornò a pensare all'orso che l'aveva attaccata. Prima che il dubbio dell'esistenza di un'enorme creatura dalle sembianze di lupo potesse tornare a tormentarla, rispose al richiamo di sua madre che dal piano sottostante l'avvertiva dell'inizio della colazione.

Si sedette a tavola con calma, versando in una tazza latte e cereali e miscelandoli per qualche minuto senza spiccicare parola. La donna, il cui viso era solcato da piccole rughe che confermavano i suoi quarant'anni di età, si sedette al tavolo rotondo di fronte a lei e le tese la mano. «Mi dispiace davvero, Joy. Avrei voluto proteggerti...», si giustificò.

«Non potevi», si affrettò a rispondere Joy prima di mandare giù un cucchiaio di cereali inzuppati. «La colpa è sola mia. Dovevo prestare più attenzione. Se non mi fossi distratta, rimanendo indietro, a quest'ora non sarei... così», dichiarò. Non le servì indicarsi. Le sue cicatrici stavano sbiadendo ma erano ancora molto visibili.

Sua madre sospirò appena. «Per me sei sempre bellissima, tesoro», tentò di consolarla, «Quando avrai dei figli tuoi, capirai come mi sento io in questo momento».

Jocelyn era troppo giovane e troppo indaffarata per pensare al futuro e all'opportunità di avere una sua prole ma, nonostante ciò e il fatto che non si sentisse affatto in vena di giocare a fare la mamma, si ripromise di proteggere per sempre i suoi figli, per evitare che accadesse loro qualcosa di simile. Ecco come si sentiva sua madre.

Britney arrivò in cucina e salutò entrambe con un bacio prima di sbadigliare e sedersi al tavolo. Dopo una breve chiacchierata, disse qualcosa che catturò l'attenzione della sorella. «Oggi faremo le ultime prove prima della recita di fine anno. Non vedo l'ora che cominci! Sarà un piccolo spettacolo riguardante le stagioni dell'anno!», sospirò sognante. «Spero proprio che partecipi anche quel ragazzo dell'ultimo anno... sarebbe magnifico!», aggiunse poi con tono più basso, riferendosi a qualcuno che Joy non conosceva.

«Una recita?», domandò infatti lei, «Non ne sapevo nulla».

«Volevo che fosse una sorpresa, ma credevo fosse meglio avvertirti comunque. Io interpreterò l'estate! Solare, splendente e allegra! Si addice perfettamente a me, non trovi?», ridacchiò, poi morse un toast che la madre le offrì. Senza neppure deglutire il boccone, continuò a fantasticare. «Lo spettacolo sarà questo sabato alla piazza della città. Verrai a vederlo, vero sorellona?», domandò sfruttando i suoi grandi occhioni bruni e dolci.

Joy non rispose per un po'. Non aveva affatto voglia di presentarsi in pubblico, così conciata. Eppure glielo stava domandando sua sorella. Le avrebbe fatto questo favore. «Se proprio insisti...», rispose dunque. Britney alzò le braccia in segno di vittoria.

Terminata la colazione, le due sorelle si misero in viaggio per andare a scuola. Jocelyn fu lieta di accompagnare Britney al suo istituto, una scuola media nella quale frequentava l'ultimo anno. Era una struttura alquanto piccola, con le mura bianche e due piani contenenti al massimo quindici aule. Le due sorelle si salutarono e poi Joy proseguì sulla sua strada. Continuando lungo lo stesso tragitto che per due anni aveva percorso, notò che la gente che passava di lì faceva una smorfia disgustata vedendola ridotta in quello stato e le donne che passeggiavano con i loro bambini non si facevano problemi a strattonarli lontani da lei, in modo che non si spaventassero alla sua vista. La tristezza di Joy si tramutò in una punta di rancore e odio personale che l'accompagnò per tutto il restante viaggio. Badò bene a seguire la strada esatta e a non perdersi, nonostante conoscesse ogni via e vicolo della città come le sue tasche. Passò di fronte alla piazza principale, ma nessuno la invitò a giocare o a discutere con loro. Qualcuno parlò di lei sottovoce o si voltò altrove, qualcuno cominciò persino a ridere sommessamente della sua sfortuna e del suo pessimo aspetto. Mai come in quel momento Jocelyn sentì la mancanza di Serena. L'amica l'avrebbe difesa dalle loro chiacchiere, di questo era certa, ma non l'aveva più rivista dal giorno della gita. Girava voce che fosse stata lei a ritrovarla priva di sensi nei pressi del fiume. La vista del suo corpo coperto di sangue e martoriato l'aveva segnata nel profondo e anche lei era scomparsa da scuola per qualche giorno.

Jocelyn non riuscì neppure a sospirare di sollievo vedendo la scuola pressoché deserta a causa dell'inizio del mese di giugno. Si rintanò in un angolino delle scale e scoppiò a piangere, affondando il volto tra le braccia congiunte e le ginocchia tirate al petto. Si sentì tremendamente sola e spaventosa, come un vero e proprio mostro. Il mondo per come lo conosceva sembrava essere svanito come un sogno alle prime luci dell'alba. Aveva lasciato ricordi dolci e divertenti, ma era comunque terminato e lei ne sentiva la mancanza.

«Joy», mormorò qualcuno di familiare. Lei alzò il viso, seppur non del tutto, tentando di nascondere i fiotti di lacrime che solcavano il suo viso. Incontrò subito un paio di grandi occhioni celesti, più scuri di come li ricordava. Le iridi erano accerchiate da pesanti occhiaie e infuse in insonnia e preoccupazione.

«Serena», mormorò Jocelyn tirando su con il naso. Nonostante tutto, era molto felice di vederla. «Non ci vediamo da un bel po'...»

«Scusami», fu la prima cosa che disse Serena. Ogni briciolo di gioia infantile era svanito da lei. «Avrei dovuto farti visita. Almeno il giorno del tuo compleanno. Non ti ho neppure comprato un regalo...»

A Joy non importava nulla dei regali. Ne aveva ricevuti abbastanza. «Non devi preoccuparti di questo. So che è stato un periodo difficile per te...»

«Per me?», domandò incredula la ragazza dai boccoli dorati. «Posso solo immaginare quanto tu abbia sofferto. Ed io non ero con te, non ti ho aiutata. È per questo che mi scuso», si ostinò a dire.

Jocelyn provò con tutte le sue forze a sorridere, ma senza risultati. Tornò a nascondere il viso e a frignare. «Non capisco perché sia dovuto accadere... vorrei che non fosse mai successo. Vorrei tornare indietro nel tempo e annullare tutto, che le cicatrici sparissero...», singhiozzò.

«Spariranno!», promise Serena sedendosi accanto a lei e poggiando la testa contro la sua spalla. «E noi dimenticheremo tutto. Non m'importa che aspetto hai. Sei la mia migliore amica, Joy. Gli altri possono pensare e credere ciò che più gli aggrada, avere opinioni false e giudizi errati su di te. Non ascolterò mai nessuno di loro», dichiarò aprendo a lei il suo cuore e mostrando grande forza di volontà.

«Grazie», riuscì a rispondere solamente Joy mentre la campanella suonava e annunciava l'inizio di un'altra giornata scolastica. «Per ogni cosa. Per esserci sempre».



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