L'Anima di Lupo [5]

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Il suo intenso allenamento era quasi giunto alla fine, quando per la stanchezza scivolò sulla sua postazione, cadendo al di sopra di uno dei manichini dalla tunica colorata con lo stendardo Lunapiena. Il dolore le invase i fianchi, che avevano sfregato contro il legno spezzato del paletto distrutto. Gli occhi di tutti, all'interno della palestra, si puntarono su di lei, persino un paio decisamente poco amichevole.

L'istruttore, in forma umana, accorse subito nella piccola conca per assicurarsi che la ragazza stesse bene. «Jocelyn, sei ferita?», domandò premuroso, seppur non la conoscesse benissimo.

Lei scosse la testa, tenendo comunque gli occhi chiusi e trattenendo il dolore come poteva. "Sto benissimo, non si preoccupi. Mi dia solo un minuto, e potrò tornare ad allenarmi...", richiese di getto.

Un grande lycan grigio e robusto dagli occhi iniettati di rosso sangue la raggiunse con passo fiero e testa alta. "In battaglia nessun nemico ti concederebbe un minuto per riprenderti. Mettiti in piedi, Anima di Lupo. Credevo che fossi molto più resistente di così, considerato il tuo potere divino", le ordinò sgarbatamente l'uomo che si nascondeva in lui.

"Arcan...", riconobbe Joy, aprendo pian piano gli occhi ambrati. "Chiedo scusa, so che in guerra non ci si può permettere pause, ma sono ancora alle basi...", tentò di giustificarsi, alzandosi pian piano in piedi. "Ti prego, dammi solo un attimo e...", provò a dire.

"Non meriti un attimo, Anima di Lupo. Guarda cos'hai combinato nella conca", le indicò con un rapido gesto del muso grigio.

Joy deglutì quando notò quattro manichini draculiani ancora in piedi e ben sei a terra, alcuni dei quali spezzati. Aveva davvero combinato un disastro, ma non accettava che Arcan le parlasse così. "Forse farei meglio se mi permettessi di riprendere fiato! Può capitare che un novellino si sbagli, oppure no?", tentò inutilmente di giustificarsi con un ringhio.

"Può capitare?!?", esclamò ferocemente Arcan. "Dunque, nel caso in cui ti stancassi, in guerra saresti capace persino di uccidere i tuoi alleati", dedusse.

Tutti coloro che si stavano addestrando si voltarono verso di loro drizzando le orecchie. Aireen e Cyrer in particolare si guardarono l'un l'altra, raggiungendosi a metà palestra.

«Che succede?», domandò Aireen preoccupata.

«Credo che miss Anima di Lupo sia nei guai», rispose subito Cyrer.

«Dovremmo intervenire?»

«È solo Arcan. Se le facesse del male dovrebbe vedersela con Dream e non so quanto gli convenga», concluse Cyrer. Aireen annuì e pregò in silenzio che andasse tutto bene.

Joy comprese che non si sarebbe salvata dai guai comportandosi in maniera aggressiva. Si sentiva talmente soppressa da non riuscire neppure a riprendere fiato come dovuto. "Perdonami, Arcan. Non ricapiterà", si scusò ancora, portando la coda fra le gambe.

"Adesso ti insegno io come si fa!", urlò ancora il lycan grigio. Latrò contro un guerriero più o meno della sua età. Era un ragazzo alto e grosso, dai capelli tinti di verde e gli occhi scuri. Si puntò un dito al petto. Quello si voltò rapidamente in sua direzione.

«Cerchi me, Arcan?», domandò con tono sicuro e un ghigno stampato in volto. «Va bene, arrivo subito, preparati!», lo avvisò prima di tramutarsi nel gigantesco lupo che in realtà era. Il suo pelo era folto, ispido e di un colore giallognolo tendente al rame, con una macchia nera che circondava il suo occhio sinistro, castano chiaro. Si gettò subito contro Arcan, inclinando il corpo a sinistra e cercando di mirare al collo, ma il lycan dagli occhi rossi non si fece prendere alla sprovvista: si abbassò abbastanza da permettere che l'attacco nemico mancasse il bersaglio e morse prepotentemente la zampa posteriore destra del guerriero. Egli, ritrasformandosi subito in umano a causa dell'acuto dolore, venne sbalzato via per circa due metri, cadendo a terra con un tonfo sordo e rimbalzando come un pallone da basket contro il pavimento di legno, andando poi a sbattere contro la parete. Un urlo orribile riecheggiò nella palestra. Il ragazzo si portò le mani alla gamba sanguinante. Urlò di dolore un'altra volta, mentre altri allievi lo soccorrevano ed alcuni portavano una piccola barella rivestita di pelli di cervo, caricandolo su di essa. Anche Arcan tornò umano, e fu ben visibile il sangue del poveretto che gli sgorgava abbondantemente dalla bocca. In un gesto mostruosamente dispregiativo, si leccò le labbra assaporando il fluido amaro. Aveva appena infranto il regolamento: nessuno poteva ferire gravemente un soldato amico, ma lui era un guerriero ufficiale e un uomo furbo e avrebbe quindi spacciato il fatto per un incidente.

Jocelyn, tornando alla sua forma normale, strisciò via servendosi delle mani. Aveva molti lividi violacei sulla pelle, dovuti all'allenamento, ma non erano quelli a farle paura.

«Ora hai capito cosa mi aspetto di vedere quando ti ordino di combattere», sorrise Arcan mostrandole i denti arrossati dal sangue, poi afferrò la tovaglia che era caduta prima del combattimento e si pulì il mento, sputando la saliva scarlatta e andando altrove. Aireen e Cyrer osservarono la scena, per nulla colpite. Conoscevano Arcan e sapevano che, purtroppo, non sarebbe mai cambiato. Entrambe lanciarono un'occhiata alla malcapitata allieva che aveva assistito alla rissa e, assicuratesi che stesse bene, tornarono alle loro mansioni.

Jocelyn era a dir poco terrorizzata. Per quello che le riguardava, il suo addestramento era terminato. Immediatamente si alzò dagli scalini sui quali si era lasciata ricadere poco prima e afferrò una delle tovaglie ancora pulite messe a disposizione dei soldati che lavoravano nella palestra. Si asciugò rapida il sudore dalla fronte e dal collo e abbandonò l'asciugamano nella cesta del bucato sporco per poi darsi una ripulita a capelli e abbigliamento. Era arrivata l'ora di andarsene. Impazientemente, camminò verso le porte d'ingresso e le spalancò con un po' di fatica, essendo queste pesanti e cigolanti, così quando riuscì a oltrepassarle il loro movimento di chiusura le fece perdere l'equilibrio, facendola ricadere in avanti. Per fortuna, le braccia di qualcuno attutirono una caduta che avrebbe potuto farle molto male. Joy alzò lo sguardo, balbettando un timido ringraziamento al suo misterioso eroe, che si rivelò essere qualcuno di sua conoscenza. «Jason?», apostrofò curiosamente quando riconobbe il suo – ormai – migliore amico.

«Lieto di rivederti, Jocelyn. Cadi dalle nuvole?», domandò scherzoso il ragazzo.

Il loro saluto si tramutò rapidamente in uno stretto abbraccio grazie a Joy. Aveva bisogno di qualcuno con cui sfogarsi, e J sembrava appunto capitato a fagiolo. Quando realizzò di aver forse esagerato, si ritrasse liberandolo dalla stretta e tentando inutilmente di nascondere il rossore sulle sue guance.

«Spero di non aver disturbato. Volevo vedere come andava l'allenamento ma non mi hanno fatto entrare», sorrise imbarazzato il ragazzo.

Joy sospirò. «Male. C'è una cosa che non mi convince. Sto andando alla scuola ad incontrare Dream. Devo assolutamente parlarle», spiegò frettolosa Jocelyn, che doveva appunto vedere l'Alpha il prima possibile.

Jason si offrì di andare con lei e la sua richiesta fu ben accetta. Lungo il sentiero, Joy raccontò l'accaduto all'amico, che ascoltò tutto a occhi e bocca spalancati, incredulo.

«È... terribile. Possibile che-»

«Eccome se è possibile. Non potevo credere ai miei occhi»

«Avevo visto dei soldati uscire di fretta dalla palestra ma non avrei mai potuto immaginare tutto ciò. Spero che il poveretto si rimetta presto»

La mora sospirò, esplorando il paesaggio con lo sguardo come se stesse per confessare qualcosa. «Non sono le ferite ciò di cui mi preoccupo. Arcan sta seminando il terrore come se fosse lui l'Alpha dei Lunapiena. Devo fare qualcosa», annunciò.

Jason si trattenne dal ridere a crepapelle. «Le tue battute sono sempre le migliori, Joy! Sembri così seria quando dici certe cose». Poi Jocelyn lo fulminò con lo sguardo. «Ti prego, no. Non dirmi ne hai davvero l'intenzione», la implorò Jason.

Ma l'occhiata che la ragazza gli rivolse gli fece capire che non stava affatto scherzando. «Sì, J, sono seria. Se non faccio qualcosa io non lo farà nessun altro. Io... io intendo...», provò a dire. Chiuse gli occhi e respirò profondamente. «... intendo spiare Arcan» concluse, affrettando il passo.

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