Il sospetto [2]

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Non seppe mai con precisione quanto tempo passò prima che si svegliasse in infermeria, con le mani e i piedi fasciati e dolenti, graffiati dalle pietre appuntite e dai rovi spinosi, così come i fianchi, feriti nelle zone non protette dall'armatura attillata. Guardò con attenzione ogni angolo della stanza, ispezionandone le mura di tende e i lettini di pelle. Poi riconobbe il posto, abbastanza familiare. Lo aveva visitato giusto qualche settimana prima, per controllare che Dream stesse bene.

«Jocelyn, per fortuna ti sei ripresa!», esclamò qualcuno. Si trattava di Ezra, l'anziano mago barbuto. Si avvicinò al letto sul quale era distesa la recluta con in una delle mani un infuso di erbe miste in una ciotola di legno, mentre con l'altra reggeva un cucchiaio dello stesso materiale. «Stupida ragazzina. Abbiamo temuto il peggio. È la seconda volta questo mese che scappi dal villaggio senza un apparente motivo. Si può sapere che ti è saltato in mente?», domandò sinceramente preoccupato.

Joy non gli prestò troppa attenzione e cercò di alzarsi, ma le gambe fasciate con delle bende macchiate di chiazze scarlatte le bruciarono intensamente, impedendole di muoversi senza gemere per il dolore. Faceva troppo male.

«Per Fenis, non muoverti!», la sgridò l'anziano. «Sei testarda proprio come lo era Dream alla tua età. Un giorno tornò da me con una ferita dietro il cranio. Se l'era provocata saltando tra le rocce di un fiume. Non si fece nemmeno visitare», rise. Raccolse immediatamente un po' del liquido verdastro dalla ciotola servendosi del cucchiaio e lo avvicinò alle labbra di Jocelyn. Lei ne bevve un sorso per poi fare una smorfia di disgusto e stringersi lo stomaco, tirando fuori la lingua.

«Che roba è?», tossicchiò lei, «È orribile!», commentò riuscendo a guadagnarsi un'occhiataccia da parte del medico.

«Che ragazzina schizzinosa», sospirò Ezra. «Io ci ho provato. Se vuoi rimetterti in sesto bevine almeno un po'. Te lo lascio qui», le sorrise poi e si diresse all'uscita. «Nel frattempo, spero non ti dispiaccia ricevere visite. Qui fuori c'è qualcuno impaziente di vederti», mormorò infine. Due secondi dopo aveva lasciato la stanza.

Jason entrò nel tendone nello stesso esatto momento, rischiando di far cadere il povero Ezra, e comparve tra le tende, colpendole con le braccia per passare. «Joy!», la chiamò preoccupato. Si avvicinò al lettino e le posò una mano sulla fronte, per controllare se avesse qualche linea di febbre. «Questa non l'ho capita», bisbigliò poi, per farsi sentire solo da lei. Ormai si sapeva: le mura delle strutture lì al villaggio erano molto più sottili di quanto si pensasse e sembravano anche avere le loro orecchie... «Ti hanno visitata per tutta la notte. Niente veleno, niente ferite. Solo qualche livido per la stanchezza e piccoli tagli dovuti alle spine. Cosa ti è preso?»

«Sto bene, J. Seriamente», rispose Joy in fretta.

«Appunto», schioccò le dita Jason. «Quindi puoi spiegarmi cosa diamine è successo?»

Le braccia e le gambe bendate e pulsanti di Joy non potevano che contraddirla. Voleva tenere la cosa privata per non mettere il suo nuovo ed unico amico di mezzo, un enorme guaio che avrebbe comportato per lui un serio rischio.

«Noi siamo amici, Joy, non è vero? Quindi puoi dirmi tutto ciò che sai, non devi preoccuparti!», sussurrò. Assunse un faccino tenero piuttosto convincente. «Ti prego», la implorò.

Joy rispose sbuffando. «Odio quando ti comporti così. Va bene, ti racconterò tutto, ma non qui e non ora», si convinse prima del previsto.

«Dammi almeno un'anteprima», chiese Jason insistente.

Jocelyn brontolò, insicura. «Senti, ho... ho inseguito Arcan», avvisò in un mormorio che parve svanire nell'aria prima ancora di essere pronunciato.

«Tu hai - che?!?», urlò di rimando J.

«Fai silenzio, zuccone!», sibilò la ragazza, ponendosi un dito su naso e labbra per intimargli di non alzare la voce.

«Okay, okay», si calmò il ragazzo. «Ma adesso esigo delle spiegazioni», ordinò serio.

La ragazza alzò gli occhi al cielo e prese a raccontare. «L'ho pedinato nella foresta. Sembrava andasse tutto bene e stavo per tornare indietro... ma poi l'ho visto al centro di una radura. Ha incontrato degli individui alquanto insoliti, senza dubbio draculiani... e gli ha proposto un patto», concluse chiudendo i pugni. «Quando stavano per accorgersi della mia presenza sono scappata, ecco perché sono ridotta così. Ho corso per almeno un'ora, senza potermi mai fermare», sospirò.

Jason ascoltava esterrefatto. «Scusami Joy», intervenne di colpo, «ma sai che quella che stai lanciando è un'accusa gravissima, vero? Certo, Arcan non è mai stato molto simpatico, ma è uno dei guerrieri più affidabili del Branco Lunapiena, uno degli ufficiali». Mentre parlava si sbracciava, cercando di trasmettere al meglio il messaggio. Probabilmente credeva anche che Jocelyn fosse alquanto fuori di testa.

«Ma se quel che dici è vero, allora Arcan è...»

Jocelyn si mise a sedere e prese un bel respiro. «Esatto, J. È un traditore», affermò decisa come mai prima d'allora. Non appena ebbe finito di parlare, un lieve rumore provenne dall'ingresso.

Una tenda si era spostata, provocando un morbido fruscio. «Immaginavo di trovarvi qui», sorrise il giovane uomo sulla soglia. «Posso unirmi alla vostra chiacchierata, uhm? Di che parlavate?», li incenerì con lo sguardo.

Le due reclute lo riconobbero dai capelli scuri e gli occhi crudeli. «Arcan», chiamò piano Jason, con voce decisamente poco cordiale ma al contempo un'aria sottomessa e impotente.

Il guerriero scambiò quel suo tono per un saluto e chinò la testa, togliendosi i guanti sporchi di fango dalle mani e buttandoli su uno dei mobiletti lignei della stanza. Forse aveva dato una mano ad Ezra a raccogliere le erbe. «Vi ho fatto una domanda», ripeté Arcan. Si andò ad accomodare su una poltroncina bianca nell'angolo più vicino alla finestra ed accavallò le gambe l'una sull'altra, dondolando quella penzolante.

«Jason era solo preoccupato per me», rispose senza paura Joy. «È venuto a farmi visita e lo stavo informando sul mio attuale stato», concluse secca.

Arcan non era ancora soddisfatto. «Ovvero?»

«Sto bene, tornerò ad allenarmi da domani stesso», replicò la ragazzina.

Arcan scosse la testa e scioccò la lingua. «Sono un lycan, piccola. Ho un udito piuttosto raffinato e ho sentito che discutevate del motivo per il quale sei scappata dal campo anche oggi». Si accomodò meglio e socchiuse gli occhi, riducendogli a due piccole fessure a forma di mezze lunette, attraverso le quali le sue iridi chiare brillavano minacciose. «Dream mi ha mandato qui proprio per scoprirlo. Non complicarmi le cose e parla», ordinò. La stava intrappolando.

Joy doveva scegliere attentamente le parole con cui esprimersi. «Sì, parlavamo anche di questo», balbettò. «Ovviamente lo avrei raccontato io stessa a Dream. Mi stavo dirigendo alla palestra quando ho sentito uno strano odore. Ho deciso di indagare e ho riconosciuto la puzza dei draculiani. Impossibile confondere quel tanfo». Fece una breve pausa e poi continuò. «Mi sono trasformata in lycan e ho deciso di seguire l'odore. Quando si è fatto più vicino mi sono messa a correre verso il villaggio per avvertirvi. Credo di essermi stancata troppo, infatti eccomi qui», finì indicando se stessa con le mani. Sembrava piuttosto tranquilla.

Arcan emise un suono di approvazione. «Quei luridi pipistrelli sono ancora qui in giro? Lo riferirò a Dream. Sei stata coraggiosa, te lo concedo. Ma la prossima volta non agire senza il mio permesso. Sono stato chiaro?», sbraitò alla fine.

Joy e Jason si spaventarono. Sapevano che Arcan non si era bevuto una sola parola di ciò che gli aveva raccontato Joy. Il guerriero ufficiale si riprese i guanti e senza attendere una risposta andò via.

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