La fedeltà [2]

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La torre era enorme. Un susseguirsi di scale, corridoio illuminati debolmente dalle torce e muri in pietra a volte altissimi, altre talmente bassi da provocare crisi di claustrofobia. Ma non c'era tempo da perdere. Con Dream prigioniera e probabilmente in fin di vita, era impossibile impaurirsi di fronte alle strettoie. Ovviamente l'ansia non accennava a ridursi: dopotutto Jocelyn e Jason erano nella torre centrale della base nemica.

Serena camminava dietro di loro. Aveva accettato di aiutarli. Una volta liberata Dream, se fosse stato impossibile sconfiggere i draculiani, si sarebbero ritirati e lei avrebbe raggiunto le montagne. Si sarebbe cibata del sangue degli animali, anche se si trattava di un sapore terribile e nemmeno paragonabile a quello posseduto da licantropi o umani. Chissà, magari avrebbe anche potuto annientare qualche povero escursionista eremita una o due volte l'anno, cambiando di volta in volta residenza Non l'avrebbe notato nessuno o, al massimo, avrebbero dato la colpa a uno dei predatori del bosco o a delle frane che avrebbe personalmente scatenato pur di scagionarsi, ma questo era meglio non dirlo a Joy. La vampira non aveva spiegato di nuovo le ali nere perché durante lo scontro uno dei nemici le aveva lanciato una daga contro, perforando una di loro. Anche la gamba sinistra le era stata ferita e camminando stava rallentando tutto. Mentre zoppicava, riuscì a osservare fuori da una finestra che altro non era se non un buco nel muro a forma di triangolo. La notte si faceva sempre più profonda. Forse erano già le due del mattino. Mancavano poche ore all'alba, considerata la posizione tra le valli in cui si trovava il villaggio dei draculiani. Serena ci stava ancora pensando, quando si interruppe e provò ad usare le ali. Fallì, cadendo sui piedi ed ignorando il dolore al polpaccio.

Joy se ne accorse studiandola con la coda dell'occhio, perciò si affacciò sulle scale, poste accanto ad una piccola porta di legno e sorrise. «Ci siamo quasi!», informò. «La cella dev'essere al prossimo piano, dobbiamo solo oltrepassare questo corridoio». Mosse un passo avanti. Jason la seguì a ruota.

Serena tese le orecchie e spalancò gli occhi. Cercava di dire qualcosa, aveva captato un pericolo. Il suo istinto da vampira combatteva con l'umanità rimasta nel suo corpo. Per una volta, riuscì a contrastare la sua nuova natura e sopportò il dolore che quella scelta le arrecò. «Jocelyn, attenta!», urlò. Poi, con un altro enorme sforzo, riuscì ad aprire le grosse ali e volare verso di loro. Li coprì con quelle e quando sentì qualcosa di freddo sulla schiena, sussultò. Il suo sguardo rimase perso nel vuoto, gli occhi spalancati, le labbra schiuse che tremavano. J pensò addirittura che li stesse attaccando e le nocche della sua mano destra vibrarono, pronte a generare un incantesimo. Le pupille della draculiana riccioluta si dilatarono notevolmente. Il colore rosso tornò azzurro come se qualcuno avesse lavato via il sangue dai pozzi d'acqua che aveva al posto delle iridi.

Joy e Jason ancora non capivano, finché non sentirono una voce ridere di gusto. La stretta delle ali, che si chiusero subito, e delle braccia sui due licantropi si fece meno forte e la draculiana barcollò. Jocelyn boccheggiò tremante e la sostenne prima che potesse toccare il pavimento freddo con la testa. La rivoltò su un lato e si sentì quasi male quando vide un pugnale conficcato fra le scapole dell'amica. Un brivido le attraversò la schiena e raggiunse la testa. Non capì cosa fosse: probabilmente paura, tristezza o rabbia, se non tutte insieme.

La risata tacque e un secondo dopo la voce tornò a farsi sentire. J e la ragazza puntarono i loro sguardi sulla porta accanto alle scale. Non era più chiusa. Adesso, una figura alta e dai capelli spettinati li osservava con i suoi occhi scarlatti. «Avete commesso il solito errore, piccoli cuccioli di lycan», tuonò il ragazzo, facendo dei passi avanti. Il suo volto sconcertò i due ragazzi.

Lo sguardo di Joy raggiunse di nuovo il viso dell'amica. «No, no...», mormorava mentre un rivolo di sangue sgorgava dalle labbra di Serena. La vampira tremava tra le braccia di Joy, che scuoteva la testa incredula.

Jason pensava più che altro al nemico che si ritrovò davanti. «Tu...», sibilò incredulo, anche se i dubbi che aveva avuto in passato riguardo quella persona erano ben fondati ed adesso si rivelavano giusti.

La pelle pallida, i capelli corvini. Gli zigomi alti e lo sguardo malvagio e furioso che spiccava da sotto le sopracciglia nere e poco folte. Era Arcan.

«Esatto, proprio io. Non dirmi che ne sei sorpreso, maghetto investigatore», rise tra le zanne. Proprio così: da sotto il labbro inferiore spuntavano le cime dei canini, bianchi come la neve e paurosi come quelle di un feroce predatore preistorico.

Jocelyn non gli badava. Era china sulla sua amica. Non poteva lasciarla così, avevano passato una vita insieme e avevano ancora molte avventure da affrontare insieme. Perché la stava abbandonando? Proprio in quel modo, proprio in quel momento. Iniziò a piangere e si guardò le mani: erano coperte del sangue della ragazza. Stava per vomitare, nel suo stomaco sentì comparire un buco profondo e la testa le girò pericolosamente mentre la sua vista vacillava e non riusciva a mettere a fuoco l'obiettivo. Nonostante ciò, tenne premuta la mano sulla ferita, per tamponarla. I suoi tentativi servivano a poco. Gli occhi della ragazza stavano diventando vitrei, quasi opachi.

«Se-Serena...», balbettava singhiozzando. «Ti prego, no... non puoi!» Continuò a piangere.

La ragazza dai riccioli dorati la guardava sorridendo. «Devi... devi aiutare Dream» disse abbastanza flebilmente da non farsi sentire da Arcan, che le stava osservando tediato.

Jason si chinò ed afferrò il braccio di Jocelyn, strattonandolo. Le bisbigliava qualcosa come "Dobbiamo andarcene!", ma lei non gli prestava attenzione. Gli occhi di lei erano fissi su quelli dell'amica.

«Ci hai salvato la vita...», pianse annuendo. Strinse più forte Serena, quando per parlare si sforzò troppo e tossì ancora più sangue. Il pavimento e le ginocchia di Joy erano macchiati di rosso, e brillavano riflettendo le fiamme delle torce.

«È così che si fa tra amici... no?», sorrise la giovane moribonda. Le labbra rimasero tirate verso l'alto mentre la pelle diventava più bianca di prima, dello stesso colore della luna, che regnava nel cielo quella notte fredda e buia.

Serena era la sua migliore amica. Aveva vissuto con lei, come se si fosse trattato di una sorella. Da piccole avevano frequentato la stessa scuola, dove si erano conosciute ed avevano stretto quel legame talmente vigoroso da non poter essere spezzato. Amavano raccontarsi storie a vicenda, andare in campeggio d'estate e giocare nella neve d'inverno. Consideravano divertente il raccontarsi pettegolezzi e fantasticare su possibili matrimoni con i ragazzi più belli della scuola. Si tenevano per mano quando dormivano l'una a casa dell'altra. Si volevano bene. Jocelyn le era molto affezionata. Adesso, però, Serena le era stata portata via.

Strinse la dita ed estrasse rapidamente il pugnale dalla schiena della ragazza, che non sussultò, ormai immobile come una statua di marmo candido. Posò l'arma nella cintura e lo guardò impregnarsi della magia che le avvolgeva la divisa da Lunapiena. Serena era morta, ma la battaglia non era finita. Adesso gli occhi di Joy erano luminosi e gialli. Per l'Anima di Lupo ciò significava la rabbia più assoluta. Scoprì i denti e si trattenne dal trasformarsi. Non poteva combattere in quel corridoio.

«Arcan!», ringhiò con una voce che non era la sua. Si lanciò contro di lui, che soffiò come un gatto adirato, ma Jason le tenne fermo il braccio. Con il palmo della mano libera, lanciò un incantesimo di ghiaccio, che subito congelò le gambe di Arcan.

«DOBBIAMO CORRERE! ADESSO!», urlò con decisione. Jocelyn si alzò e strinse i pugni. Guardò il corpo immobile di Serena sul pavimento nella pozza rossa e poi gli occhi di Arcan, dello stesso colore, che la puntavano intensamente. Voleva ucciderla a tutti i costi, glielo si poteva leggere sul volto. Ma il suo momento non era ancora arrivato. Pian piano si stava liberando dal ghiaccio, dimenandosi e graffiandolo selvaggiamente. Mentre Jason la trascinava via lungo le scale, lei continuò a guardare il nuovo nemico.

Come lui, desiderava solo poterlo uccidere... e non sarebbe stata una morte rapida e priva di sofferenze.

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