Di colpo fu come se il clima fosse diventato più freddo. Il vento s'insediò fra i capelli di Jocelyn, facendola rabbrividire come il tocco di una mano fredda ad un soffio dalla sua guancia. Sollevare le palpebre parve molto più difficile del solito, come se volessero restare chiuse, impaurite dalla vista alla quale gli occhi celati avrebbero avuto accesso una volta sollevate. Eppure, quando acquisì la vista dell'ambiente tutt'attorno a lei, ciò che notò non la preoccupò minimamente. Si trattava di una fitta foresta, dagli alberi robusti e alti, ben poco illuminata dai raggi del sole che, a differenza di come facevano in città, splendevano freddi e flebili raggiungendo a stento il terreno. Non v'erano che arbusti e rovi e il cielo grigio sopra la sua testa. Solo pochi secondi dopo altre luci apparvero, rosse e gialle, blu cobalto oppure verdi. Erano ovunque, nascoste nelle tenebre, e la osservavano attentamente. Erano occhi. Grandi e guardinghi, ma non infuriati, né minacciosi. Non v'era traccia di male in loro, né della fame che avrebbe caratterizzato le belve alle quale quelle iridi scintillanti sarebbero potute appartenere. Joy provò a riconoscerle, sforzando gli occhi per penetrare il buio fitto del sottobosco e, quando ci riuscì, capì che si trattava di belve, lupi raccolti tutt'intorno a lei, nascosti nell'ombra. Il suo istinto le gridò di scappare, così fece. A Joy non importava quali fossero le intenzioni dei predatori, che volessero sbranarla o semplicemente restare fermi a guardare, non aveva intenzione di sperimentarlo. Mosse un passo indietro, poi un altro, finché non si ritrovò in trappola, con la schiena bloccata contro qualcosa di robusto, caldo e molto grande. Troppo impaurita per prestare attenzione ai suoi movimenti bruschi, si voltò rapidamente e sbiancò in viso. Davanti a lei delle fauci erano aperte, scintillanti e bianche, grandi il doppio di quelle di un leone. La morsa scoccò nel vuoto a qualche centimetro dal suo viso ed il naso nero e umido della belva sfiorò la sua guancia sbuffando aria calda dalle grandi narici. Di nuovo, Jocelyn si sentì pietrificata. Provò a schiudere le labbra per lanciare un grido d'aiuto ma, quando notò di non riuscire ad articolare una sola parola, tremò per l'invano tentativo. Non poteva far altro che correre. Forse, i lupi nella foresta l'avrebbero aiutata. Non concepiva il perché di quel pensiero, essendo che molto probabilmente le belve facevano parte dello stesso branco, ma l'idea di raggiungerle le dava un profondo senso di protezione. Per la seconda volta si lanciò indietro, pronta a fuggire fino agli arbusti. Le fauci di fronte a lei si spalancarono di nuovo e i grossi canini cominciarono ad allungarsi fin oltre le labbra del canide, graffiandogli la pelle e grondando fiotti di sangue. Fu in quel momento che accadde qualcosa di ancor più spaventoso. L'aria si ricoprì dell'odore della morte e del dolore, di carne viva e sangue caldo, il tanfo della paura e del sudore impregnò il manto argentato del lupo e tutto ciò che lo circondava con vivida insistenza. Respirare risultò impossibile, come se delle mani fredde avessero afferrato la gola di Joy in una morsa fatale. Nel panico e nella confusione, inoltre, due grandi arti neri bucarono la schiena della belva e si sollevarono verso il cielo con magnificenza. Quando le ali corvine si spiegarono, i vertici di ciascuna di loro sfiorò gli alberi ai lati della radura. Jocelyn credette di aver incontrato un angelo sceso in Terra. Ammaliata dalla scena, non notò che la grandi ali nere altro non erano che sottili lembi di pelle tesi e strappati, come quelle di un gigantesco pipistrello. Quando se ne accorse, ogni briciolo di ammirazione lasciò il posto allo sconforto totale. La presa attorno al corpo della ragazza si strinse ulteriormente e ben presto i suoi piedi non toccarono più il terreno, lasciando che Joy pendolasse a mezz'aria come un quadro appeso al chiodo. Il suolo si faceva sempre più distante e l'aria più nauseabonda, mentre le grandi ali sbattevano freneticamente nel vuoto creando raffiche di vento gelido e gli ululati si sollevavano dalla foresta in un triste canto...
Il pulmino sobbalzò non appena le ruote passarono sopra ad un grande dosso della strada, svoltando in una curva subito dopo. Jocelyn sussultò con lui, risvegliandosi dal suo sonno con la fronte madida di sudore che subito si asciugò con un fazzoletto conservato nella tasca dei pantaloni. Gli ululati del suo sogno si erano tramutati nei canti spensierati degli alunni sul bus, quasi arrivato a destinazione. La montagna aveva strade strette e curvilinee, il che non aiutò affatto il senso di disorientamento della giovane studentessa. Serena dormiva ancora, con le mani congiunte sotto la testa e i capelli spettinati che dondolavano sulla sua fronte. Gli occhi celesti erano chiusi e le lunghe ciglia coprivano le palpebre sottostanti quasi sfiorando gli zigomi.
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Wolf Souls- Vampires
Kurt Adam•[ Capitolo 1 della serie di Wolf Souls ]• Jocelyn ha quindici anni ed è una normale adolescente, gentile ed intelligente. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa le sarebbe accaduto durante una normale gita scolastica. La sua vita viene sconvolt...