Sono passate esattamente 24h e di Giulia nessuna traccia, sono dannamente spaventato e l'unica cosa che ho potuto fare è stata camminare per ore in camera mia avanti e indietro, con Chiara che piangeva come una disperata nell'altra stanza e gli altri che cercavano di tenerci lievemente su il molare, anche se io sono tesissimo, avrò risposto male a tutti.
La polizia mi ha assicurato che oltre a descrivere nei minimi dettagli ciò che sapevo, non mi era possibile fare altro.
Vorrei urlare come un pazzo, ma mi sento un nodo strettissimo alla gola.
Dio se solo avessi chiamato prima le autorità, se avessi evitato di perdere tempo per cercarla...
-Gio- bussa alla porta Tancredi.
-Cosa c'è?- sospiro non particolarmente attento.
-L'hanno trovata-Non sapevo nemmeno esattamente con quale ruolo all'interno della polizia stessi parlando, mi stava interrogando già da qualche minuto e io già mi ero estraniata completamente dalla realtà, perché sicuramente non era la mia quella in cui il mio corpo stava vivendo.
Non facevo altro che cercare di togliermi il sangue secco dalle mani.
-mi deve raccontare tutto signorina Stabile e deve anche trovarsi un buon avvocato-
Dopo qualche ora di interrogatorio mi dissero che avrebbero cercato di portarmi nel carcere minorile per il fatto che con i miei vent'anni io sia considerata ancora un giovane adulto e su questo potevo evitare di essere mandata in carcere.
la mia testa aveva appena rivissuto tutte le vicende degli ultimi sei mesi della mia vita, e tutto mi sembrava assurdo, soprattutto gli occhi belli di Giovanni e quelli pieni di lacrime di Chiara fuori dal commissariato in attesa di sapere qualcosa, io non potevo parlare, ma mentre mi scortavano nella macchina della polizia lo guardai con tutto il dolore che provavo, sussurrai un mi dispiace e sperai che mi capisse.
Vidi anche i suoi occhi riempirsi di lacrime, ma non mi lasciò con lo sguardo nemmeno per qualche secondo.
Una volta perso di vista il suo viso cercai di non piangere come una disperata, ma solo per uno stupidissimo senso di pudore per gli uomini che mi circondavano.
-Hai pensato a quale avvocato chiamare, non vorrai che te ne assegnino uno-
Io non sapevo che dire, non ho la minima idea e fondo per un avvocato.
-Senti Giulia, è chiaro che le tue azioni fossero per legittima difesa, ma rischi comunque molto senza una buona difesa, l'uomo che hai accoltellato avrà sicuramente i suoi assi nella manica-
-Io...io non ne ho idea...-
-Senti se vuoi posso contattare i tuoi genitori per te-mi guardò speranzoso.
Io mi limitai ad annuire, avrei preferito tenerli all'oscuro di tutto, ma non sapevo come fare, e non potevo tenergli nascosta una cosa del genere.
Mi cascò una lacrima pensando alla reazione dei miei genitori appresa la notizia.
Il silenzio rimase solenne fino all'arrivo nell'istituto Beccaria.
Mi tennero in isolamento per le prime 24 ore, le peggiori di tutta la mia vita, perché non c'era più niente che mi impedisse di pensare a cosa cazzo fosse successo nella mia vita...tutto è andato in frantumi.Sto pulendo questo lavandino con un'energia che forse non sarebbe richiesta, passo questo dannato straccio come se il fatto che debba essere lindo e pinto sia la mia ragione di vita.
-Forse più che lavarlo, lo stai scartavetrando che dici?- mi giro verso Massimo, quelle sue fossette sono visibilissime sul suo volto come del resto i suoi occhi vispi e neri.
-E tu forse più che pulire questa cucina la stai solo memorizzando con gli occhi- ribatto io pronta.
-Certo ci sei tu che sei bravissima- mi beffeggia ancora.
Massimo è la mia unica fonte di sorrisi da quando sono qui, nell'istituto minorile.
Sono passati due mesi da quando ci sono entrata e nonostante le prime settimane io non avessi minimamente la forza mentale di accettare la situazione, lui è riuscito ad avvicinarsi.Sono nel campetto da basket dell'istituto, durante la mia ora d'aria. È la prima giornata questa settimana che sono uscita dalla mia cella, prima non sono uscita credo perché non riuscivo ad accettare il fatto che ora avessi bisogno dell'ora d'aria per uscire. Ci sono dei ragazzi che giocano con il pallone, altri che stanno per conto loro, la mia compagna di cella ad esempio, Alina, se ne sta anche lei per i fatti suoi, non è una molto accogliente, ma nemmeno fastidiosa, semplicemente esiste.
In parte ne sono grata.
-Allora nuova arrivata?- una voce maschile mi arriva da dietro e quando mi giro trovo davanti a me un ragazzo alto, con dei ricci foltissimi, occhi scuri e una faccia davvero buona.
-Cos'è ti hanno tagliato la lingua?- si siede di fianco a me.
-Mi chiamo Giulia- dico senza particolare emozione. A differenza di qualsiasi altra persona qui dentro però, lui non mi mette paura...eppure anche lui è qui.
-Io mi chiamo Massimo, piacere- mi allunga la mano con fare gentile e con un bel sorriso in volto.
Ricambio la stretta rapidamente.
-Cosa ti serve?- chiedo per capire perché lui sia venuto qui.
-perché mi dovrebbe servire qualcosa?-
-È l'ora d'aria e tu stai perdendo tempo con me, un motivo ci sarà-
-Ti fidi così poco delle persone?-
-Secondo te è meglio fidarsi nella vita?- ribatto.
-Magari hai ragione tu, ma di me ti puoi fidare. Non mi serve nulla, solo che immagino tu non sia una criminale, e probabilmente sei finita qui per un semplice errore, mi sembra di percepire che l'ultima cosa che ti aspettavi dalla vita era finire qui dentro. Volevo solo essere accogliente- mi dice sicuro di se.
-Ho l'aria di essere così sprovveduta?- dico con un accenno di sorriso.
-Abbastanza si- ridacchia lui, contento forse che io mi sia leggermente sciolta.
Mi porto le ginocchia al petto e me le stringo.
-Hai ragione, qui non c'entro niente, probabilmente dovrei imparare a difendermi credo-
-Nella sezione femminile di solito sono meno bastarde, ti vorrei dire che è solo un'idea sbagliata pensare che siamo tutti cattivi, in parte è vero, solo che come te, qui siamo tutti molto diffidenti e ogni tanto qualcuno di noi per proteggersi, passa ad aggredire.
Chi è la tua compagna di cella?-
-Alina-
-Beh lei è tranquilla, apparte alcune sfuriate in mensa, non ha mai dato troppi problemi-
Io prendo un gran sospiro. -Bene-
Lo guardo e mi scappa un po' da ridere e lui mi segue a ruota.
-Piuttosto in mensa non ti ho ancora mai vista-
-Io...soffro di disturbi alimentari, anche se credo di dovermi un po' ridimensionare qui dentro-
-Senza troppa fretta, magari uscirai prima di quello che pensi-
-Non lo so...lo spero-
Rimaniamo in silenzio per non so quanto tempo e poi ci richiamano dentro le celle.
-Allora ci vediamo nuova arrivata, cerca di non mangiarti troppo il cervello- mi dice allontanandosi.
-Ci proverò- sussurro tra me e me.
Quella sera una guardia non della mia ala mi porto il vassoio con la cena, c'era un foglietto con scritto 'con calma, ma stai sciupata ragazza nuova'.La nostalgia di oggi è dipesa tutta dall'arrivo di una lettera di Giovanni, mi ha detto che l'hanno invitato all'arena di Verona a cantare i suoi ultimissimi pezzi, che sa che non potrò vederlo, ma che canterà con una collana col mio nome sopra, quella che mi aveva regalato mio nonno tanti anni fa, che ora portava sempre al collo, anche se nascosta.
La sua mancanza la pativo moltissimo, come pativo moltissimo la mancanza della mia libertà, la mia danza...tutto distrutto da un uomo pieno di potere.
-We siamo pensierose oggi- la figura di Massimo si affianca a me, aiutandomi a riempire i piatti in mensa.-Un pochino- dico sincera, sapendo che lui capisce sempre il mio umore con un colpo d'occhio.
-E non ti passa sta tristezza con questa prelibatezza di minestrone sotto gli occhi- mi dà una spallata lui, strappandomi un risolino.
Mi stupisco sempre di come riesca a essere sempre così positivo,nonostante ancora non ci siamo mai confessati per quale motivo siamo qui, penso non sia un bel racconto nemmeno il suo. È sempre in grado di trovare la forza di uscire dalle dinamiche che ti ammazzano il cervello quando ti chiudono in posti così. Non so cosa sia che gli dà la forza, ma è ammirevole.
Gli passo una mano fra i ricci folti che si ritrova.
Finiamo insieme di distribuire i piatti, nonostante io gli abbia chiesto espressamente di non dovermi aiutare a tutti i costi.
-Senti quindi domani a che ora bisogna uscire per l'appuntamento in tribunale?- mi chiede una volta iniziato a mangiare.
-Penso la macchina arrivi qui per le 8- mi faccio subito pensierosa all'idea della seduta in tribunale. So già come andrà in fondo.
-Allora facciamo colazione per le 7 e 30?- mi chiede timido.
-Non c'è bisogno tranquillo-
-No nel senso che...insomma ho parlato con la direttrice e beh sai che ormai sono di casa con lei. Beh le ho chiesto se potessi accompagnarti domani, non volevo essere invadente, ma ecco mi avevi detto che i tuoi non sarebbero potuti esserci per via di tua nonna e beh ecco mi sembrava potesse essere utile. Insomma ci sono già passato-
Sono incredula, abbasso la testa perché quasi mi vergogno a far vedere tutta la mia emozione. Quando avevo saputo che i miei non sarebbero potuti esserci per le situazioni di mia nonna, mi sono sentita tanto sola, anche se io stessa avevo insistito affinché andassero entrambi. Giovanni mi ha assicurato di esserci, ma si dovrà tenere in disparte, la sua etichetta glielo ha consigliato, insomma sta esplodendo ora la sua carriera.
Chiara ci sarà, ma come ruolo da testimone dato che le indagini sono anche sul club dove lavoravamo.
-E poi era da tanto che non mi mettevo il vestito buono per un processo- mi dice sembrando addirittura eccitato, facendomi scoppiare a ridere.
Mi sono alzata dalla sedia e l'ho abbracciato.
Ogni risata che riesce a strapparmi è un pezzetto di allegria che si rifugia nel mio cuore, riscaldandolo, sono ancora capace di ridere.
-Grazie- gli sussurro commossa.
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one shot sangiulia
Historia CortaRaccolta di momenti di Sangiovanni e Giulia, nascono tutti dalla mia immaginazione