𝓝𝓸𝓿𝓮

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Erano le due di notte quando il sonno di Emily iniziò a diventare turbolento.

Riusciva a sentire le sue mani intorno al suo collo che stringevano sempre più forti.

Sentiva i suoi polsi immobilizzati.

Sentiva il suo viso bruciare.

Sentiva i calci sulla pancia.

Sempre più forti.

Più forti.

Tanto da farle perdere il suo bambino.

Il suo bambino.

Quello che non potrà mai conoscere.

Quello che vivrà sempre nel suo cuore.

Finalmente si risvegliò da quell'incubo, tutta sudata, tremante e con l'affanno.

Sul petto sentiva un macigno e faceva fatica a respirare.

Si alzò dal suo letto raggiungendo la cucina, prese una sigaretta da un pacchetto incustodito ed uscì nel giardino a prendere aria.

Iniziò a fare lunghi respiri, come le avevano insegnato.

<Hei> sussurrò qualcuno dalla porta facendole prendere un colpo.

Era Joseph.

<Ciao> sussurrò accendendosi la sigaretta.
<Stai bene? ti ho vista correre in giardino> domandò sedendosi sulla panchina difronte.

Alzò lo sguardo in cielo per non scoppiare a piangere.

Non avrebbe pianto.

E lui lo notò che si stette trattenendo.

<Emily, puoi piangere se ne senti la necessità> sussurrò portando il busto in avanti osservandola.

La ragazza si portò le ginocchia al petto affondandoci la testa e lì le lacrime iniziarono a solcarle il viso.

Holden non sapeva come comportarsi, in realtà avrebbe voluto abbracciarla ma non aveva la confidenza tale da farlo.

Iniziò, sedendosi al suo fianco, lasciandole una carezza breve sui suoi capelli biondi.

<Avevo promesso che non avrei mai più pianto per lui> iniziò a blaterare singhiozzando

Si accorse che non aveva messo in conto che potesse essere fidanzata, che stupido.

<Lui chi?>
<Colui che mi ha rovinato la vita> sussurrò girando il viso per poterlo guardare.

Non seppe come reagire a quelle parole, che le aveva fatto da ridurla così?

La sua mente iniziò a fare diverse ipotesi finché la voce della ragazza non mise fine ai suoi pensieri.

<Lui m'ha fatto proprio capire che non bisogna mai mettere la propria persona nella mani di qualcuno, che non bisogna mai fidarsi completamente di qualcuno e che l'amore non esiste> continuò la ragazza con il fiato corto.

<L'amore esiste, semplicemente hai incontrato la persona sbagliata, , bisogna solo saperlo trovare e trovare colei o colui che te lo sappia dare come si deve>

Continuò ad osservala per riuscire a capire di più mentre lei osservava di fronte a sé.

<Tu pensi che una persona innamorata di te, possa mai farti del male?> domandò lei

<No, perché non è realmente innamorata di te> rispose immediatamente senza pensarci.

<Allora perché si ostinava a farmi del male ogni giorno? perché mi faceva male e poi mi chiedeva scusa?>

L'indomani sa che si sarebbe pentita della sua parlantina.

<De che stai a parlà Emily?> domandò sperando di aver capito male.

<Parlo del fatto che dopo quasi due anni sento ancora le sue mani addosso, sento ancora il bruciore che mi provocavano le sue mani, sento ancora il dolore dei lividi del giorno dopo> rispose ricominciando a piangere.

Si stava facendo vedere vulnerabile da un mezzo sconosciuto.

Joseph si ghiacciò sul posto dopo quelle parole.

Lei, aveva subito tutto quello?

Sentirla singhiozzare così forte lo fece sentire male tanto da stringerla a sé cercando di calmare il suo pianto.

<Em> sussurrò quel nomignolo accarezzandole la schiena.
<Jo> sussurrò lei nascondendo il viso nel petto del ragazzo, vergognandosi di come si stesse facendo vedere.

Il diminuito del suo nome pronunciato da lei, assumeva un suono bellissimo.

<Non ce so frasi consolatorie in questi casi e so anche che non te servono a niente. Non mento se te dico che sei fortissima Em, veramente tanto e non mento se te dico che quello là è un pezzo de merda che non sa come si tratta una donna e tra le mani aveva una grande donna>

Quelle parole le fecero spuntare un piccolo sorriso e dopo averlo stretto ancora per un po', si staccò.

<Mi vergono un po' adesso>

<Di cosa?>

<Di essermi fatta vedere in questo modo>

E di averti spaventato, probabilmente.

<Non scherzà Em, non c'è niente di cui vergognarsi> la rassicurò lui.

Si asciugò le ultime lacrime presenti sulle sue guance e tirò un sospiro.

<Dovrei ricominciare a tornare dalla psicoterapeuta>

<E io dallo psicologo>

Emily alzò subito lo sguardo sulla sua figura, non aspettandosi questa risposta.

Non gli domando niente e aspettò che fosse lui a parlare, se ne avesse voglia.

<Soffro de attacchi de panico, rabbia e ansia. Prima de entrare qua s'erano alleviati molto. Ma sento che stanno a tornà> spiegò guardando altrove, lo imbarazzava parlare di sé.

Era molto difficile per lui parlare di sé e specialmente chiedere aiuto.

<Ti capisco, se senti il bisogno di parlare con qualcuno io ci sono, ma forse è meglio l'aiuto di qualcuno più competente e non avere paura a chiedere aiuto in quei momenti, okay Joseph?>

<Non riesco a parlà dei miei problemi e chiedere aiuto, me viene difficile e spesso se non sempre non lo faccio>

<Ed è sbagliato perché c'è il rischio che le persone intorno a te non capiscano alcuni tuoi atteggiamenti e comportamenti e questo va a discapito tuo>

Sapeva che la ragazza avesse ragione, ma non riusciva comunque a farlo.

<Comunque anche tu, se senti il bisogno di parlare con qualcuno, ci sono> sussurrò poco dopo interrompendo il silenzio.

<Grazie Jo>

<Grazie a te Em>


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I nostri protagonisti hanno condiviso un momento importante tra di loro, che ne pensate?

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