PROLOGO " IL CONFRONTO "

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E' CONSIGLIATA, ANCHE SE NON INDISPENSABILE, LA LETTURA DELLO SPIN OFF DARK "BELLADONNA, L'OMBRA DI RACCONIGI." ALCUNE DINAMICHE DI QUESTA OPERA SONO SPIEGATE E DETTAGLIATE NEI MINIMI PARTICOLARI, PROPRIO NELLO SPIN OFF. 

Quel tardo pomeriggio di fine ottobre del 1850, piuttosto freddo anche per Torino, faceva presagire un inverno rigido. I vetturini in lontananza si affrettavano a far salire sulle carrozze le ultime signore dell'alta società che avevano trascorso alcune ore a passeggio nel parco cittadino. I primi lampionai appoggiavano le loro scale per raggiungere le lampade e riempirle d'olio, il vociare di quei ragazzi si confondeva con il chiacchiericcio delle strade e il rumore degli zoccoli dei cavalli. Amalia rientrò con Marianna, la sua cameriera personale e fedele complice da diversi anni, dal loro angolo segreto, un piccolo locale usato come deposito libri da un tipografo di zona a poca distanza dal Parco del Valentino. Mentre camminavano a passo svelto, Marianna esclamò: «Contessina, credo che Vostra madre sappia ogni cosa. Oggi mi ha nuovamente chiesto delle nostre uscite. Io non so più che inventarmi. Poi proseguì preoccupata. "Non voltatevi, c'è vostro fratello insieme ad un giovanotto e credo ci stiano seguendo."

Amalia sospirò, passandosi la mano fra i capelli biondissimi,  e allentando il nastro blu accarezzato da un leggero vento, che scompigliò la mantellina di lana che le copriva la testa. «Devo parlare con mia madre prima che racconti tutto a mio padre.»

«Contessina, li ho sentiti bisbigliare più volte e hanno domandato anche a vostro fratello il conte.»

«Mio fratello non mi tradirebbe mai, è simile a me, odia questo mondo quanto lo odio io.»

«Contessina, è imprudente. Più che per voi, io temo per quel ragazzo.»

Nel sontuoso studio della contessa Matilde, situato in una delle ali più silenziose del Palazzo Crepuett a Torino, il pomeriggio era trascorso con un'atmosfera di normale consuetudine. Le pareti erano rivestite di boiserie in legno scuro, decorate con stampe antiche e di famiglia. Dopotutto i Crepuett erano rispettabili membri della società, cugini della famiglia Reale e Amalia era stata scelta come dama di compagnia dell'attuale regina Maria Adelaide d'Asburgo-Lorena. Una tradizione di famiglia, la contessa madre era stata dama di corte da giovanissima, durante il regno di Vittorio Emanuele I. Un grande tappeto orientale, dai motivi intricati, copriva il pavimento in parquet, mentre lampadari di cristallo diffondevano la luce morbida delle candele e riflessi dorati traevano ulteriore respiro dallo scintillio della camera.

Al ritorno, Amalia trovò la madre, la contessa Matilde, nel suo studio privato, intenta a leggere della corrispondenza. Con il cuore in tumulto, decise di affrontarla.

«Madre, devo parlarti» iniziò Amalia con voce tremante.

La contessa alzò lo sguardo, con un'espressione severa e preoccupata. «Cosa c'è, Amalia? Spero non riguardi ancora quel ragazzo. So ogni cosa. Tuo fratello ha negato tutto, ma è impossibile avere due figli moderni come voi!»

«Madre, Pietro non è solo un panettiere» disse Amalia, cercando di non far trasparire la sua agitazione. «Lo amo, e non posso semplicemente far finta di nulla.»

La contessa posò le lettere e si alzò di scatto, avvicinandosi al camino. «Amalia, l'amore! Quell'amore, un panettiere poi, non può portarti da nessuna parte.»

«Madre, Pietro, tu non capisci» insistette Amalia. «È colto, intelligente, più di tanti giovani nobili che frequentano questa casa. Non importa che non sia nobile. Voglio lui, non quel principino mezzo stecchito.»

La contessa si voltò, gli occhi determinati e rabbiosi. «Vuoi lui? Sei completamente impazzita? Sposerai quel principino, come lo chiami tu! E come faresti, dimmi, vuoi diventare una stracciona? Ho deciso. Partirai per l'Inghilterra tra pochi giorni. Ho scritto ai nostri cugini; andrai a Londra. Così ti passeranno queste idiozie moderne.»

Amalia sentì il mondo crollarle addosso, le ginocchia le tremavano e il busto stringeva  maggiormente il suo petto. «Inghilterra? Non puoi costringermi! Non posso lasciarlo.»

«Non hai scelta, tu non puoi scegliere. Io posso scegliere, non tu!» rispose la contessa con fredda determinazione. «Questo è deciso.»

Amalia scosse la testa, le lacrime le rigavano il viso. «Non è giusto! Ti prego, madre, anche tu sei una donna e puoi capirmi.»

«Infatti, proprio perché capisco, andrai in Inghilterra. Sarai presentata a Corte. Cosa c'è di più bello che entrare nella Corte più importante d'Europa?» La contessa le accarezzò i capelli. «Amalia, lo faccio per te. L'amore che provi per quel Pietro è una follia. Capisci, il nostro mondo va così, non puoi cambiarlo.»

«Perché non siete tutti come Alessandro?»

«Tuo fratello... lascia fuori Alessandro! Sappi che è grazie a tuo fratello se tuo padre non ha fatto spedire quel ragazzo chissà dove. E può ancora farlo! Hai capito, lo può ancora fare!»

Amalia si liberò di scatto dalla presa della madre, sentendo l'enorme peso della società e della famiglia comprimerle ancora il petto. «Non posso accettarlo, ma partirò per Londra» rispose intensamente, guardando sua madre negli occhi. «Madre, farò come vuoi.»

"Stupida!" Bofonchiò la madre dirigendosi verso la sua scrivania e si sedette senza forze.

"Certo farai come voglio!"

Alessandro Cruepett, era un bellissimo ragazzo di venticinque anni alto e capelli castano chiari, ribelle come la sorella, con occhi celesti e sfumature blu, portava sempre un ciondolo al collo che aveva la particolarità di brillare di luce propria, come se avesse la capacità di capire le emozioni più profonde del giovane rampollo; attraversò l'ampia porta con passo deciso. La sua figura elegantemente vestita, pur imponendo un senso di sofisticazione, era accompagnata da un'inclinazione disinvolta, visibile nei capelli leggermente scompigliati e nel libro di politica che teneva in mano.

"Madre," disse Alessandro, con un tono che non ammetteva repliche, "non possiamo continuare così con Amalia. È ingiusto." La sua voce era un insieme di preoccupazione e determinazione, come un richiamo al cambiamento in una stanza perennemente immobile, troppo ferma da decenni.

La contessa Matilde alzò lo sguardo dai suoi documenti, i lineamenti severi attenuati solo da un riverbero di preoccupazione nei suoi occhi. "Alessandro," disse con un tono formale, "tu comprendi poco le necessità della nostra posizione. Amalia deve adempiere ai suoi doveri verso la famiglia e la Corte come ho fatto io: tu quando ti deciderai a sposarti?"

Alessandro aggrottò la fronte, il libro di politica si strinse tra le sue dita poi spostò una mano sul ciondolo e lo accarezzò. "E le sue passioni, madre, e le mie? Pietro non è solo un panettiere, come tu dici. È un uomo che legge poesie, si interessa del mondo e Amalia lo ama."

La contessa Matilde si alzò lentamente dalla sua scrivania, facendo cadere a terra un libro che teneva sotto le carte; un gesto di comando che sembrava riempire l'intera stanza. "Amore, Alessandro, non è questione di amore. È questione di responsabilità. E tu, caro figlio, dovresti capire meglio la differenza."

"Leggi Ragione e Sentimento, madre, e vuoi far sposare tua figlia a quel caprone di Corte?"

"Sono letture di una giovane romantica, ora quella ragazza non esiste da più di vent'anni!" Bofonchiò irrigidita la contessa cercando di evitare lo sguardo dei giovani che la stavano sfidando apertamente.

Alessandro serrò la mascella, sostenendo lo sguardo della madre con fierezza. "Forse è tempo che iniziamo a pensare al benessere di Amalia, e anche al mio, non solo alla reputazione della famiglia come evidentemente hai sempre fatto tu...

"Hai davvero amato, madre?"

La tensione crebbe tra di loro come una sottile crepa nel marmo del palazzo, una lotta silenziosa tra tradizione e cambiamento, tutto accentuato dal luccichio del ciondolo che illuminava il viso di Alessandro. La contessa Matilde, pur dominante e rispettata, sapeva di avere di fronte un figlio che non avrebbe mai accettato la conformità senza lottare.

HO DETTO AMORE  - Il ciondolo segreto -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora