Capitolo 29

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Non so dire che cosa provo in questo preciso momento, forse delusione per quella che pensavo fosse mia amica, ma non credo che ci sia rabbia contro di lei, solo un nodo alla gola che non vuole trovare proprio il modo di andarsene. È come se si fosse bloccato tutto: il sole non splende più come prima e non si vedono più i gabbiani con le loro ali aperte nel cielo di questa giornata iniziata bene, ma che purtroppo si sta evolvendo. Si sentono soltanto i nostri respiri profondi ed irregolari espandersi nell'aria.

I loro corpi incominciano ad allontanarsi verso l'orizzonte, iniziando a confondersi con il colore giallastro della sabbia, fino a diventare quasi invisibili ai nostri occhi che in questo momento sono increduli.

Vorrei che tutto ciò fosse solo un sogno, anzi, un incubo, in modo che con un pizzicotto mi potrei svegliare, ma purtroppo non sto dormendo. Sono sveglia e questa è la pura realtà, che anche se mi costa ammetterlo è più brutta e dolorosa di quanto mi aspettassi. È un'altra fossa che si è messa tra me e il mio cammino verso la felicità.

Inizio a pensare che forse mi sto iniziando a fidare troppo rapidamente delle persone e che dovrei incominciare a mettere una linea tra me e loro, in modo da non ricevere così tante delusioni.

«Fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio», sono queste le parole che mi diceva sempre mia nonna e in questo momento mi stanno rimbombando nella mente. Avrei tanto voluto darle ascolto e applicare questo consiglio a me dato.

«Ditemi che è uno scherzo, o che quella non era veramente Jade, colei che pensavo fosse mia amica» Sierra sussurra queste parole, come se avesse paura a pronunciarle o come se non vorrebbe credere a quello che ha visto, un po' come me e Lily.

«Non ci posso credere» pronuncio lentamente, ma più a me stessa che alle ragazze di fianco a me.

***

Siamo sedute sulla sabbia, a contare i suoi granelli e la loro infinità che mi sorprende sempre di più, mentre uno strano silenzio ci circonda.

«Quindi adesso che faremo?» domando.

«In che senso?» Lily mi guarda con le sopracciglia inarcate e un'aria che al posto di sembrare seria è buffa.

«Come ci dovremo comportare con lei? Cioè, le diremo che siamo a conoscenza della sua amicizia con Allison? Oppure no?».

«Secondo me la decisone più saggia sarebbe quella di far finta di niente. Se lei è veramente nostra "amica" ce lo dirà e ci darà una spiegazione, altrimenti se questo non dovesse accadere ci perderebbe lei, non noi, anche perché abbiamo una cosa che lei non possiede. Sapete qual è? L'affetto reciproco, che ci mantiene unite».

Sierra è una delle persone più dolci che io conosca ed è proprio questo che mi piace di lei. Sono stata fortunata ad incontrarla quella mattinata di inizio settembre davanti la porta di quella che è diventata la nostra stanza. E Lily... Lily è anche lei identica a Sierra ed è per questo che vado d'accordo anche con lei, ma al contrario di quest'ultima, l'ho conosciuta sopra i banchi di scuola. Chi se lo sarebbe mai aspettato che quella ragazza così scontrosa e insicura sarebbe diventata mia amica?

«Vi voglio bene» ci stringiamo in un lungo e caloroso abbraccio e penso che questo sia servito per il mio cuore, che si è riscaldato improvvisamente e ha ricominciato a battere.

«Che ne dite di ritornare, ordinare una bella pizza e guardarci un film?» propone Lily.

«Alla pizza non si può mica dir di no» a questa mia affermazione le ragazze scoppiano in una risata riecheggiante e sono felice che l'umore di tutte e tre stia migliorando. Forse c'è ancora qualche possibilità di far aggiustare la giornata e farla tornare come stamattina, splendente.

Ci alziamo e iniziamo ad incamminarci verso la scuola, ma questa volta al posto di andare a piedi prendiamo l'autobus, per mia grandissima gioia, ma soprattutto per quella delle mie gambe.

***

Stiamo mangiando le nostre pizze e nel frattempo guardiamo "Le Pagine Della Nostra Vita", giusto per tirarci su il morale, fin quando non mi addormento...

Apro gli occhi e mi ritrovo in una stanza grigia con una scrivania al suo centro e piena di quadri e medaglie appesi al muro.

Che cosa ci faccio qui? E perché non c'è nessuno? Non faccio in tempo a pormi un'altra domanda che la porta si apre, rivelando l'entrata di una donna che avrà all'incirca quarant'anni, seguita da un bambino di circa otto o nove anni.

«Chi siete?» vado davanti a loro, ma è come se io non esistessi, allora provo a fargli nuovamente la stessa domanda, questa volta con il tono di voce più alto, ma senza ricevere una loro risposta.

I due si guardano fissi negli occhi: lei ha l'aria preoccupata e lui è come se sapesse già che cosa deve comunicargli la donna.

«Mi dispiace Cameron».

Oh, Cameron...

«Si tratta ancora di mia madre, non è così ?! E di quel bastardo di marito che si ritrova?!» si alza di scatto dalla sedia, spingendola con violenza.

La donna, che solo ora deduco sia la preside, si precipita di fronte a Cameron, accarezzandogli il viso e dicendo con tono rimproveratoio ma allo stesso tempo dolce «non dire così! È pur sempre tuo padre».

«Si tratta di loro, no?» mormora con le lacrime agli occhi.

«Sì» china la testa, come se non trovasse altre parole per poterlo confortare, ma a quanto pare non ce ne stanno.

«Non ce la faccio più , sta diventando un incubo» si tira i capelli frustrato. Mi fa tenerezza, i suoi occhi sono spenti, un po' come adesso, sono inespressivi e ciò lo so perché una volta i miei erano come i suoi.

Ad interrompere questa mia riflessione è la voce di Cameron che ora guarda nella mia direzione e con le lacrime agli occhi mi sussurra
«aiutami».

Mi sveglio di soprassalto e le ragazze vengono subito da me.

«EMILY, CHE COSA SUCCEDE?!».

«Cameron, Cameron» dico con il fiatone, guardando da tutte le parti, come se fossi smarrita e forse lo sono. È come se avessi un attacco di panico. Il mio respiro diventa irregolare ed inizio a sudare freddo, ma la domanda che si ripete nella mia mente è: perché ho sognato di nuovo Cameron? E che cosa lo tormenta per chiedere il mio aiuto?

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