Capitolo 42

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Il panico si sta pian piano impadronendo del mio corpo, mentre il respiro diventa irregolare e il battito si fa accelerato.

«RAGAZZI, SE QUESTO È UNO SCHERZO, NON È DIVERTENTE!» urla Sierra, mentre delle lacrime le iniziano a solcare imperterrite il viso, ma l'unica cosa che si ode è l'eco della sua voce che rimbomba in ogni angolo di questa casa.

Io non riesco a parlare; è come se avessi perso la voce, o come se qualcosa mi impedisse di pronunciare una sola sillaba. Pian piano sto perdendo il controllo del mio corpo e mi sento impotente. Mi guardo attorno spaesata e disorientata, come se stessi cercando la via d'uscita in un immenso labirinto.

«Ragazze, venite qua vicino a me» cerco di ritornare un po' lucida, iniziando ad elaborare la situazione che mi corconda.

«Vi giuro che se è uno scherzo, li ammazzo» Lily ha la voce tremolante e incerta mentre si guarda intorno.

«Io direi di fare il giro della casa per vedere se li riusciamo a trovare, ma una volta fatto ciò io me ne vado e non ci metto più piede qua dentro» le ragazze subito annuiscono.

Sierra sembra una bambina piccola che ha paura del cosiddetto mostro nell'armadio e anche Lily sta perdendo la corazza dura che si era costruita, per lasciar spazio alla sua innocenza.

Iniziamo a camminare per il lungo corridoio che ci si presenta davanti, ma uno strano rumore ci fa fermare di colpo: un grido acuto.

«Che cos'era quello?» chiede Lily in un sussurrio, come se avesse paura di pronunciare una sola parola o di scoprire la verità.

«Non lo so» rispondo sinceramente, mentre una lacrima contorna il mio viso, per poi ricadere a terra.

Entriamo in una stanza: al centro c'è un baule, incorniciato da delle tende rosse e mezze rotte che si muovono da una parte all'altra per via del vento.

«Emily, puoi vedere tu che cosa c'è dentro il baule?» mi supplica Lily sia con lo sguardo oramai impaurito, che con la voce tremolante.

Deglutisco rumorosamente e una volta che sono davanti al baule, le mie mani non vogliono collaborare con il resto del corpo per aprirlo, ma poi inspiro ed espiro lentamente, prendo coraggio e lo apro, rivelando un ammasso di oggetti impolverati al suo interno. La maggior parte sono delle foto di due bambine. Lo chiudo di scatto e faccio dei passi all'indietro, per poi uscire da questa stanza soffocante insieme alle altre.

Ci sediamo per terra. Mi prendo il viso tra le mani per cercare di ragionare, ma qui dentro la vedo un'impresa ardua, se non impossibile.
Provo a pensare, finché non mi viene in mente una cosa, anche se non è la più saggia, però è meglio piuttosto che rimanere nel bel mezzo di un corridoio.

«Mi è venuta un'idea, però prima di prendere qualsiasi decisione, ascoltatela tutta» le ragazze mi fanno un cenno con la testa.

«Dividiamoci per cercare i ragazzi. Ognuno prende una strada diversa per poter perlustrare tutta la casa senza perdere ulteriore tempo, tanto abbiamo i telefoni a portata di mano, quindi per qualsiasi cosa basta fare uno squillo e darci un punto d'incontro» gesticolo con le mani mentre spiego il piano.

Anche se titubanti, approvano, quindi ci diamo un punto di ritrovo in caso di imprevisto e ci poi ci dividiamo: Lily al piano di sotto, Sierra a questo, mentre io vado in soffitta...

Dopo un breve giro riesco a trovare le scale che conducono alla mia parte da perlustrare. Muovo un piede dopo l'altro, con un ritmo lento e ripetitivo, finché dinanzi a me si presenta una porta semiaperta. La apro, schiudendo le labbra: ci sono varie ragnatele che contornano i mobili e pendono dalle pareti; la polvere ricopre ogni dove, fino a formare un secondo strato; c'è una sola finestra sul soffitto obliquo e per quanto questa stanza possa essere piena di mistero, le stelle che si intravedono al di fuori della finestra, quei puntini di un colore acceso e incantevole che vanno a circondare la luna, che questa notte incerta è piena e luminosa, mi fanno perdere nei miei pensieri, ma non appena il mio sguardo si abbassa, noto che c'è un telo e che dietro di esso si intravede la sagoma di una persona. Mi avvicino con sguardo perplesso e preoccupato e, una volta davanti, la punta delle dita lo sfiorano ed una volta preso un bel respiro, chiudo gli occhi e con un movimento veloce e deciso, la tolgo...

Non ho il coraggio di aprire gli occhi mentre sento il respiro di qualcuno farsi sempre più pesante su di me, perché la persona che prima era nascosta dietro quel telo, adesso è proprio davanti a me.

Mi lascio sfuggire una lacrima che scende lentamente, ma che viene bloccata dal tocco delicato di una mano e da un sussurrio «non devi avere paura, adesso ci sono io con te».

E proprio questa voce, che non è mai stata così delicata e dolce come in questo momento, può solo che appartenere ad una persona: Cameron.

Apro gli occhi, guardando incantata il ragazzo che ho davanti, che pian piano si avvicina a me. Posa una mano con delicatezza sul mio fianco e l'altra sul viso, per poi far annullare le distanze che prima ci dividevano;

i nostri nasi si sfiorano;

i nostri visi si incastrano;

lo sguardo di tutti e due si perde negli occhi dell'altro;

le labbra si sfiorano, fino a quando, con un tocco leggero, si toccano: il mio stomaco è sotto sopra, come se ci fosse un uragano al suo interno. Pian piano il tocco, che all'inizio era leggero, diventa sempre più pressante, come se ci fosse l'esigenza di qualcosa di più.

È come se mi avessero appena dato l'antidoto per una malattia incurabile, ma che all'improvviso non lo è più.

La mia bocca si schiude e da qui inizia una danza con le nostre labbra, che non vorrei si separassero mai più...

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