Capitolo 70

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...

Driiin, Driiin, Driiin...

Il rumore della campanella si espande intorno a noi e molti studenti iniziano a popolare i corridoi, che un attimo prima erano vuoti e desolati. Tra i tanti corpi presenti, ne scorgo uno che mi attira totalmente: quello di Cameron.

Lo guardo con espressione assente, mentre nella mia testa rimbombano le sue parole. Ha lo sguardo triste e vuoto ed io, come una stupida, vorrei così tanto andare lì a chiedergli che cosa lo turba, ma dopo ciò che è successo tra di noi, la vedo impossibile come azione.

Il suo sguardo incrocia il mio, ma è veramente troppo, non riesco a sostenere questo nostro piccolo, ma grande contatto.

I suoi occhi impressi nei miei.

Tutto ciò che desidero è a pochi passi da me, ma si sa, non tutto quel che si vuole, si può avere.

Mi volto dall'altra parte, mentre il suo sguardo continua a bruciare su di me.

«Matt allo...» mi blocco immediatamente non appena noto che del ragazzo non c'è più nessuna traccia.

Strano. Più tardi lo andrò a cercare e mi farò dire la verità su tutto, perché è come se avessi un blocco di cemento sul cuore. Ho un brutto presentimento, ma spero tanto di sbagliarmi.

Mi alzo, ma non appena lo faccio, un ragazzo si presenta di fronte a me: Shawn.

«Amore, sei tornata e non mi dici niente?» si avvicina di poco a me. La sua voce mi suona nervosa e falsa, cosa a cui non do troppo peso visto che continua a fissarmi con i suoi occhi color caramello, che in qualche modo mi fanno distrarre.

«Ti avevo provato a chiamare, ma evidentemente per te il telefono è diventato un optional... » rispondo ironica con un sorrisetto falso.

Si passa una mano dietro il collo, emanando un profondo respiro.

«Oh, perdonami, ma in questi ultimi giorni non ho prestato molta attenzione al cellulare» sembra ancora più nervoso mentre mi scruta in attesa di una risposta, che non tarda ad arrivare «non fa niente, adesso devo andare, altrimenti mi becco una bella sospensione anziché un solo mandato dalla preside» arriccio il naso.

«Aspetta! Come mai?» risponde confuso.

«Non prestavo attenzione alla lezione» alzo le spalle con noncuranza.

Ho talmente tanto a cui pensare che il mandato dalla preside è l'ultimo dei miei problemi. È proprio alla fine della mia lunga lista...

«Beh signorina, non mi diventare una fuorilegge! Non voglio mica vederti dietro le sbarre» risponde ironicamente ridendo.

Non so il perché, ma questa sua battuta mi infastidisce un po'. Lui non sa tutto ciò che ho passato in queste ultime settimane, anzi, da quando ho messo il primo piede in questa scuola, piena di ricordi da seppellire e di emozione da rivivere.

Imito una sottospecie di risata, ma sembra più un lamento di un cane bastonato, così do uno scaltro bacio sulla guancia di Shawn e me ne vado via.

***

Più mi avvicino all'ufficio della preside e più l'ansia si impossessa del mio corpo, ormai inerme di fronte ad essa.

Successivamente, con uno sbuffo dietro l'altro, arrivo davanti una porta in legno, sulla quale al centro c'è un cartello con su scritto "ufficio presidenza".

Deglutisco e con coraggio, busso. Sento subito una voce tuonare dietro la porta «avanti».

Ecco, è arrivata la mia fine...

La mia mano sfiora la maniglia fredda della porta ed è questione di un attimo prima che essa si apra, rivelando così la preside seduta composta dietro la cattedra, mentre con una mano si aggiusta i capelli in una coda bassa.

Mi scruta dietro i suoi occhiali rotondi e neri, con un sopracciglio inarcato.

«Salve preside, sono Smith Emily, la ragazza del primo anno...» prendo parola timidamente con un leggero imbarazzo, mentre mi avvicino alla sedia di fronte la cattedra.

«Oh, prego signorina Smith. A cosa devo questa sua improvvisa visita?»  domanda mentre mi sistemo.

«Beh, il professore Stevens mi ha mandato qui da lei perché mi sono distratta durante la sua lezione» spiego, abbassando lo sguardo e posandolo sulle mie unghie visibilmente malcurate.

La sento emanare un sospiro di esasperazione, per poi esclamare «o mio dio... quell'uomo è peggio di un militare! Sembra che ormai lui abbia preso gusto a spedirmi i poveri alunni in presidenza» esclama alquanto scioccata.

La guardo con espressione smarrita, non capendo a cosa si riferisca e lei, come se mi avesse letto nel pensiero,  toglie subito ogni mio dubbio «oh cara, devi sapere che soltanto in questa settimana otto studenti, compresa te, sono stati mandati nel mio ufficio, sempre per lo stesso motivo» alza le braccia in aria.

Questa scena è davvero molto buffa e se non ci fosse questa situazione di mezzo e se lei non fosse stata la mia preside, molto probabilmente le sarei scoppiata a ridere in faccia, ma cerco di reprimere ogni mio desiderio e mettermi il più composta possibile.

«Allora Emily, purtroppo sono costretta a farti rimanere a pulire la palestra quest'oggi pomeriggio, ma non ti preoccupare, con te ci sarà anche un altro alunno che ti aiuterà, almeno finirete prima e poi ti avviso che sarai in buona compagnia...» mi fa un occhiolino e basta solo questo per farmi diventare paonazza, sbarrando gli occhi.

Siamo sicuri che questa sia una preside?

«Beh, la ringrazio...» balbetto.
È una situazione troppo imbarazzante. Troppo.

«Bene, adesso la lascio andare visto che ha altre due ore di lezione» sorride cordialmente.

«Arrivederci» dico mentre me ne vado via, ma vengo bloccata dalla preside che esclama «ah, Emily».

«Sì?» domando.

«La prossima volta presta attenzione alla lezione o per lo meno fai finta, altrimenti il professore ti manderà di nuovo qua e molto probabilmente ti toccherà ancora pulire la palestra, quindi, mi raccomando, fai la brava» dice con una leggera risata alla quale mi unisco anche io, per poi andarmene via.

Devo dire che non mi aspettavo che la preside fosse così gentile e simpatica. È una alla mano e adesso capisco perché questa scuola è così tanto lodata da tutti.

***

Le due ore di lezione più estenuanti della mia vita... sono ancora più convinta di prendere la mia testa e di sbatterla forte e ripetutamente al muro. Non sarebbe una cattiva idea tutto sommato...

Sono davanti la palestra, mentre aspetto che l'altro ragazzo della punizione arrivi, guardando nel frattempo fuori dalla finestra.

Piove, proprio come il mio stato d'animo. Continuo a guardare le goccioline ricadere sul suolo, per poi sospirare. Prendo il telefono in mano, nell'intento di mandare un messaggio "e mentre piove tu dov'è che sei?".

Vado per premere invio, ma d'un tratto una voce tuona di fianco a me.

«Ciao» una semplice parola che mi fa prendere un infarto e mi fa voltare di scatto...

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