Capitolo 16

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La vita è fatta di scene che si ripetono e questo momento mi porta alla mente delle immagini in cui è raffigurata una bambina di appena sette anni, che si mette per la prima volta i pattini per andare sul ghiaccio e dal suo sguardo è emozionata e allo stesso tempo spaventata per la paura di cadere e farsi male. Sono passati ben undici anni da quel momento che sembra solo ieri, ma adesso mi ritrovo nella stessa situazione di allora. È da tanto che non pattino e  ho paura che qualcosa possa andare storto dopo tutto quello che mi è successo e quel che ho dovuto affrontare con amarezza e tristezza, infatti Cameron, come se mi avesse letto nel pensiero, mi domanda «hai paura?».

«Ad essere sincera un po' sì. È da tanto che non pattino» balbetto un po' imbarazzata e con le gote che ardono come una fiamma.

«Ehi tranquilla, non devi avere paura, ci sono io qua con te e ti prometto che non ti farò accadere nulla».

«Grazie» deglutisco. Non so il perché, ma per qualche strana ragione a me sconosciuta mi fido di questo ragazzo.

«Allora, sei pronta?» mi porge la mano ed io, prendendola saldamente e con sicurezza, rispondo con un sonoro .

Poggio prima un piede sul ghiaccio e poi l'altro, come ho sempre fatto, e finalmente comincio a pattinare e a riacquisire sicurezza in me stessa e la stessa cosa fa Cameron, che è affianco a me e mi tiene per mano, come se non mi volesse lasciare andare.

È come spiccare il volo; come ricominciare a vivere e a respirare a pieni polmoni; come se avessi appena colmato il vuoto che mi apparteneva.

«Visto che ce la fai?» io in tutta risposta inizio ad andare più velocemente lasciandogli la mano per superarlo, ma a quanto pare lui capisce subito le mie intenzioni e quindi comincia anche lui ad imitare i miei stessi gesti, ed in pochi attimi ci stiamo rincorrendo come due bambini spensierati, e questa cosa mi piace, perché grazie a Cameron finalmente ho capito cosa significa essere libera e senza problemi e per questo gliene sono profondamente grata.

«Ferma ferma, non ce la faccio più» dice rallentando e poggiando le mani sulle ginocchia. In effetti anche a me è venuto il fiatone, quindi inizio ad andare nella sua direzione, ma senza fermare il sorriso radioso che incornicia il mio viso in questo momento.

«E menomale che non sapevi pattinare!» i suoi occhi sono spalancati mentre la voce è impastata dal fiatone.

«Beh, devi sapere che quando ero piccola questo era il mio passatempo preferito, perciò ogni pomeriggio mi ritrovavo sempre su una pista a pattinare».

«Poi hai smesso?».

«Sì...» rispondo in un sussurro lievemente udibile.

«Non per essere invadente, ma che cosa è successo?».

Per un attimo mi irrigidisco al sol pensiero di tutto quello che ho dovuto passare e affrontare e, con gli occhi fissi sul ghiaccio, inizio a raccontare e anche se gli anni sono passati, è come se in questo momento stessi vivendo nuovamente tutte quelle emozioni miscelate, ma governate dalla tristezza...

23 Dicembre 2008
Era un giorno che poteva essere considerato normale e monotono, ma in qualche modo la notizia che mi diedero i miei genitori non la fece sembrare in quel modo: saremmo andati a pattinare sul ghiaccio visto che il Natale si stava avvicinando sempre di più. L'emozione e la felicità che mi avvolsero dolcemente erano come un tornado, ed il sorriso che si disegnò sul mio volto era uno dei più radiosi e sinceri. Il pensiero che i miei genitori mi avrebbero visto all'opera mi rese determinata e contenta, soprattutto perché erano rari i momenti così.

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