Capitolo 24

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Siamo in macchina da più di un'ora e fino ad adesso gli avrò chiesto più di venti volte dove mi sta portando, ma purtroppo Cameron è testardo quanto me, quindi c'è poco da fare, se non aver pazienza...

«Cam?».

«Tanto non te lo dico dove stiamo andando» risponde con voce esausta e piatta.

«Ma infatti non ti stavo per chiedere quello...».

«Ah, allora dimmi pure» borbotta sorpreso dalle mie parole.

«Tra quanto arriviamo?».

Cameron subito fa finta di sbattere la testa sul volante e poi si volta verso di me con viso sconvolto ed esclama con occhi sbarrati «ma sei seria?!».

«Certo» alzo le spalle con disinvoltura.

«Questa sarà la centesima volta che me lo chiedi».

«Beh, non c'è novantanove senza cento. No?» l'innocenza traspare dalla mia voce, ma anche un pizzico di ironia. Questo ragazzo è così tanto buffo quando è esasperato.

«Eh già, la testa l'hai sbattuta proprio forte» mormora guardandomi con sguardo preoccupato.

«Comunque siamo quasi arrivati» proferisce mentre sul suo volto gli si disegna un sorriso dolce e che subito ricambio senza pensieri, ma poi mi lamento con le braccia incrociate al petto «uffa, sei troppo vago».

«Mi piace farti arrabbiare, piccola biondina» mi tira un pizzicotto sulla guancia ed io per questo suo gesto lo fulmino con lo sguardo, ma poi riprendo la mia serietà e gli chiedo «ma i ragazzi?».

«Sono a scuola visto che sono ancora le undici e c'è lezione».

«Ah, giusto».

«Comunque mi hanno detto che non vedono l'ora di vederti».

«Anche io non vedo l'ora di vederli» sul viso mi si disegna un sorriso radioso e sincero. Mi sono affezionata troppo a questi ragazzi e mi fa molto piacere che si preoccupino per me.

«A che stai pensando?», Cameron mi risveglia dai miei pensieri, ma io alzo le spalle con indifferenza.

«A niente».

«A me puoi dirlo» mi fissa dallo specchietto.

«Sto pensando ai ragazzi, compreso te, e che ormai vi considero come una seconda famiglia» mi volto nella sua direzione e scorgo così un sorriso.

«Credimi, anche per noi tu ormai sei diventata come una di famiglia. Sei speciale e questo tutti lo abbiamo notato sin da subito, non puoi capire come siamo stati in questi tre giorni che sei stata all'ospedale senza svegliarti, soprattutto le ragazze, hanno versato un sacco di lacrime e ti assicuro che mia sorella non piange quasi mai».

Nel sentire queste parole sorrido, ma poi nella mente mi riaffiora l'immagine con un bigliettino su cui c'è scritto: "stai attenta alle persone che ti circondano. A volte quelle che ti sembrano più vicine in realtà sono quelle più lontane".

Ecco che cosa c'era scritto su quel bigliettino! Ma perché questa scritta? Mi sembra che nessuno dei ragazzi mi voglia del male e a confermare la mia teoria è stato anche Cameron con le parole di poco fa.

«Siamo arrivati» improvvisamente mi risveglio dal mio stato di trance e mi affretto ad uscire da questa macchina che a tutto un tratto è diventata troppo piccola, togliendomi quasi il respiro e facendo accelerare i battiti del mio cuore.

«Ehi Em, stai bene?» mi domanda Cameron affiancandomi.

«Sì sì» pronuncio con voce poco convinta.

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