Capitolo 69

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EMILY'S POV:

Ritiro tutto ciò che avevo detto qualche ora fa: tornare a scuola e frequentare le lezioni è stato un vero e proprio inferno, un incubo, oserei dire. Sono soltanto alla prima ora e vorrei tanto prendere la mia testa e sbatterla forte e ripetutamente al muro. Mi accontenterei anche di quella del professore, almeno potrei dormire in santa pace, visto che ieri sera alla fine sono rimasta fino a tardi a parlare con Mark, per poi dormire in camera sua. Certo, dormire è una parola grossa visto che non ho chiuso occhio per tutta la notte, ero troppo impegnata ad immaginare due profondi occhi marroni che mi scrutavano intensamente, ma era solo frutto della mia immaginazione ovviamente, che però vorrei divenisse realtà.

Sono seduta affianco a Nash, ma è come se non lo fossi visto che lui sta armeggiando con il telefono dall'inizio dell'ora. È totalmente assente, immerso nei suoi pensieri, l'ho persino provato a richiamare più volte, senza ricevere una risposta da parte sua. A stento mi ha salutata all'inizio e si è seduto affianco a me soltanto perché era l'ultimo posto libero rimasto. Ad essere sincera ho notato anche che il nostro rapporto, rispetto all'inizio dell'anno, è cambiato. Prima parlavamo e passavamo del tempo insieme, invece adesso a stento ci salutiamo, o meglio, io lo saluto, ma senza ricevere alcuna risposta.

C'è come qualcosa che non va. Nutro troppa tensione nell'aria, ma non soltanto dal ragazzo che mi sta affianco in questo preciso momento, ma anche dagli altri, che stamane mi hanno evitata, anche Lily, non mi ha neppure chiamata per sapere dov'ero o per salutarmi e la stessa cosa vale per Sierra, che da quando siamo scese da quella macchina, non mi ha più cercata, neanche per sapere dove avrei passato la notte a dormire.
Niente di niente, solo far crescere in me un senso di delusione.

«Nash, la smetti di stare attaccato a quel coso?!» esclamo sottovoce con tono arrabbiato, senza farmi sentire dal professore, che intanto spiega qualche argomento a me sconosciuto.

«Si chiama cellulare» risponde fermamente senza degnarmi di un solo sguardo.

Alzo gli occhi al cielo, sbuffando pesantemente, tanto che il professore si volta nella mia direzione ed esclama «signorina Smith, vedo che quest'argomento le dà noia, quindi per rendere questa mia lezione meno noiosa, che ne dice di venire qua alla cattedra a spiegare lei? Sa, mi farebbe pure un grosso favore, visto che mi fa male la gola» dice il professore con un sorrisetto falso, incrociando le braccia al petto e battendo un piede sul pavimento.

Deglutisco rumorosamente, per poi prendere coraggio e dire mortificata «mi scusi professore, ma non stavo seguendo la sua lezione».

Con la coda dell'occhio noto che Nash mi guarda preoccupato. Finalmente si è accorto della mia esistenza...

Il professore intanto si avvicina alla cattedra, per poi fissarmi negli occhi «allora credo che la preside sarà lieta della sua visita» sorride falsamente.

Qualche attimo dopo mi cade la matita per terra, sbiancando e sentementre il cuore iniziare a battere forte dalla preoccupazione. Non sono mai stata spedita dalla preside, è la prima volta e mi maledico mentalmente per il mio gesto infantile. Dovevo lasciare perdere Nash e concentrarmi sulla lezione, seppur noiosa.

Un improvviso senso di rabbia mi pervade il corpo e sotto lo sguardo dell'intera classe, compreso quello sconvolto di Nash, mi alzo, provocando un forte rumore stridulo della sedia. Prendo la cartella e senza guardare nessuno in faccia, tantomeno il professore, me ne vado, sbattendo forte la porta, mentre il rumore si espande per l'intero corridoio.

Non c'è nessuno fuori dalle aule, sono ancora tutti a lezione e così mi lascio ricadere su di un muro, facendo aderire così il mio corpo con la superficie sottostante. Mi prendo la testa tra le mani e mi abbandono in un sonoro respiro profondo.

Gli occhi pian piano si inumidiscono ed una smorfia di rabbia si disegna sul mio viso.

Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?! Da Cameron, al comportamento strano dei ragazzi; dal volo che è stato cancellato per andare dalla mia famiglia, alla sfuriata del professore ed il mandato per andare dalla preside che mi aveva accolta così tanto calorosamente all'inizio dell'anno. Non ce la faccio più.

Con questi pensieri, lascio scorrere alcune lacrime sul viso stanco ed affranto.

«Emy, perché non sei a lezione?» una voce mi risveglia dal mio pianto liberatorio e così, non curandomi del trucco colato e dell'espressione afflitta, alzo lo sguardo.

«O mio dio, ma tu stai piangendo!» esclama Matt avvicinandosi velocemente a me. Si piega sulle ginocchia, fino ad arrivare alla mia altezza.

Con un pollice mi asciuga le lacrime e poi sussurra a pochi centimetri da me «che cosa ti è successo?».

«Non lo so Matt, non so più niente. Tutti si stanno comportando in modo strano, che mi sta facendo pensare, come ad esempio Nash. Eravamo a lezione insieme e non mi ha degnato di un solo sguardo. Vuoi sapere l'unica cosa che ha fatto? Mandarmi dalla preside. Poi non parliamo di Shawn, quel ragazzo che dovrebbe essere il mio fidanzato, non mi ha fatto neanche un insulso squillo al telefono o mandato uno stupido messaggio» concludo con poco fiato.

Mi sono sfogata e devo dire che adesso mi sento molto meglio. La mia espressione è contratta, ma al momento non mi importa, vorrei solo essere capita da qualcuno, anche se penso sia improbabile.

Guardo Matt negli occhi, ma lui non fa lo stesso con me e succede tutto in un attimo, una frase che fuoriesce dalle mie labbra; una frase che temo tanto sia vera «Matt, che cosa mi state nascondendo?».

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