Capitolo 41

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«Manca ancora tanto?» chiedo a Shawn per quella che sarà la centesima volta da quando siamo saliti in macchina.

«Cinque minuti» esclama con lo sguardo fisso sulla strada, illuminata soltanto da alcuni fari. Il suo viso è incorniciato da un leggero sorriso, mentre con una mano stringe forte la presa sul volante.

Con uno sbuffo poso la testa sul finestrino e i miei occhi fissano il paesaggio esterno: gli alberi sono fitti e si innalzano ai lati della strada, come per contornare questa cupa strada di periferia. Questo posto è molto lugubre e a peggiorare la situazione sono degli strani animali che si muovono agilmente tra gli alberi, che a guardar meglio sono molto alti: alcuni pieni di foglie, altri spogli, soltanto con rami sporgenti o spezzati.

L'unico rumore che riempie l'ambiente sono le voci delle ragazze che parlano tranquillamente, come se nulla fosse.

L'unica domanda che mi rimbomba continuamente nella mente è perché tutto ciò. Per una volta non potevo mettere da parte il mio orgoglio e rimanere tranquilla a casa? Purtroppo sembra più forte di me, per non mostrarmi debole, la maggior parte delle volte tendo a cedere e a darla vinta agli altri, come in questo caso a Cameron.

Shawn gira il volante e svolta in una traversa e dire che è inquietante è un eufemismo. L'unica cosa che mi tranquillizza sono le macchine degli altri ragazzi già parcheggiate e con loro al di fuori che parlano.

Tiro un sospiro di sollievo e non appena il veicolo si ferma, mi affretto ad uscire per prendere una bella boccata di aria fresca. I miei piedi toccano il suolo e subito ne approfitto per sgranchirmi un po' le gambe e le braccia.

«Finalmente siamo arrivati!» esclamo quando sono affianco a Shawn e le ragazze.

«Ma quanto ci avete messo?» domanda Nash, fissando il suo orologio al polso.

«Stavo per finire la benzina e quindi mi sono dovuto fermare per non rimane a piedi» spiega Shawn, mentre con una mano gesticola e con l'altra si massaggia la nuca.

«Ci sarebbe mancato solo quello...» sussurro, ma nessuno sembra sentirmi.

«Allora, la casa non è lontana, però per non attirare troppo l'attenzione lasciamo le macchine parcheggiate qui» inizia a spiegare Nash e tutti gli altri annuiscono.

«Bene, ognuno prenda il proprio sacco a pelo, così andiamo» incalza Taylor ed io in un primo istante annuisco, ma poi nella mia mente si rielabora la frase appena detta e... oh no, questo assolutamente no!

«Cosa?!? Io non ho intenzione di dormire in una casa abbandonata! È già tanto se sono venuta!» esclamo con le braccia incrociate al petto e le labbra strette in una linea dritta.

«Bene, se non vuoi venire e dormire con noi, vorrà dire che te la dovrai cavare da sola» sorride falsamente Cameron lanciandomi il mio sacco a pelo, per poi continuare con voce irritante «buona fortuna».

Lo fulmino con lo sguardo, ma subito dopo Shawn si avvicina a me, posandomi una mano sulla spalla, mentre in un orecchio mi sussurra «ti ricordi quello che ti ho detto oggi pomeriggio? Ci sarò io con te e non ti potrà accadere nulla. Te lo prometto» mi stringe forte una mano.

«Okay... vengo, però promettimi che se dovesse accadere qualunque qualcosa, ritorniamo subito alla macchina e ce ne andiamo via» lo supplico con sguardo preoccupato.

«Te lo prometto» mi bacia dolcemente la fronte.

«Beh?! Allora andiamo?» esclama Cameron irritato, facendomi sospirare.

Cammino affiancata dalle ragazze e con Sierra che mi stringe forte un braccio. Anche se non vuole ammetterlo, ha paura, infatti man mano che ci avviciniamo alla casa, lei stringe sempre di più la presa e non mi stupirei affatto se domani dovessi ritrovarmi con dei lividi.

Mi guardo un po' attorno: adesso le uniche luci che illuminano il bosco sono le nostre torce. Cammino lentamente, ma a tutto un tratto calpesto un ramo ed il rumore che provoca, fa spaventare sia me che le due ragazze che ho affianco, infatti dalle labbra di Sierra esce un urlo strozzato.

Proseguiamo, finché dinanzi a noi non si presenta un cancello imponente, che si apre e si chiude  per via del vento. Chiudo la felpa e infilo le mani nelle tasche.

«È questa?» domando, anche se so già la risposta.

«Sì» risponde entusiasta Matt.

Mentre io tremo per la paura, loro tremano per l'emozione.

Cameron apre il cancello, producendo uno strano rumore, che viene meno una volta che il mio sguardo viene catturato dall'aspetto lugubre della casa: è fatta interamente in mattoni e con qualche parte in legno, come il tetto privo di alcune piastrelle; i vetri della maggior parte delle finestre sono rotti o rigati, ma la cosa più inquietante è la porta che si apre e si chiude lentamente, proprio come il cancello, però in questo caso produce un rumore strano e fastidioso; uno scricchiolio che irrompe nella quiete...

«Allora ragazzi, nel 1931 questa abitazione è stata ufficialmente dichiarata infestata dai fantasmi, dopo numerosissime segnalazioni di avvistamenti. Fu costruita nel 1834 da una famiglia e già prima di esser abitata fu al centro di un misterioso assassinio: la proprietaria infatti fu uccisa poco prima che la casa fosse terminata. L'assassinio fu imputato ad una rapina, ma il caso è sempre rimasto velato dal mistero che lo avvolgeva. Una volta conclusi i lavori e terminata la casa, avvenne un altro sconcertante evento: il suicidio senza apparenti motivazioni della figlia minore e di quella maggiore. Negli anni successivi a queste misteriose morti, ce ne furono molte altre e per questo la casa fu abbandonata e in tanti hanno giurato di aver visto e sentito gli spiriti e le voci dei membri della famiglia. Addirittura, sarebbe regolare l'apparizione di quello che sembra esser l'assasino della povera ed innocente famiglia, che si presenta con urla di terrore» racconta Taylor con la torcia puntata in viso e con la voce roca e più profonda del solito. Io sto già tremando dalla paura e vorrei tanto tornare indietro e infilarmi sotto le lenzuola, ma le mie gambe sono come paralizzate e non vogliono trovare il modo di muoversi. Soltanto sentire la storia di questa casa, mi fa tremare il corpo e accelerare il battito del cuore.

«Emily, io non so se ce la faccio ad entrare» mi sussurra Sierra in un orecchio e dalla sua voce percepisco un velo di paura e preoccupazione.

«Neanche io, ma sinceramente rimanere da sola qua fuori, non mi sembra un'ottima idea, soprattutto per via del paesaggio» la cerco di tranquillizzare mentre mi guardo attorno.

«Okay, adesso entriamo» ci annuncia Nash.

Facciamo dei passi in avanti e non appena arriviamo all'entrata, sento il pavimento sotto i miei piedi cigolare.

Già dall'esterno si possono notare le mille ragnatele che ci sono e che contornano ogni angolo. Ho le mani che stringono saldamente la torcia e il mio braccio che trema per la paura, così come il resto del corpo.

Vado affianco a Shawn e lo prendo per mano.

«Tutto okay?» mi domanda preoccupato.

«Ho paura» mormoro con voce tremolante e piccola. Mi stringe forte a se, ma questo sembra non servire.

Non appena entriamo, davanti a noi si presenta una stanza vuota. C'è soltanto il quadro di una donna con lo sguardo serio e perso.

«Io direi di posizionare i nostri sacchi a pelo qui, mentre andiamo a visitare il resto della casa» propone Matt e tutti annuiamo.

Una volta aggiustato tutto, iniziamo a fare il giro della casa. Arriviamo in un punto dove c'è una rampa di scale, ma dopo, si vede solo il buio, se non una piccola luce che proviene da una stanza.

Saliamo pian piano le scale. Nessuno osa fiatare e aumenta l'ansia. Arriviamo fin sopra, ma non appena mi volto, i ragazzi non ci sono più...

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