Capitolo 52

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«Ti prego Mark, non lasciarmi» una lacrima contorna il mio viso.

Mi sveglio di soprassalto, con la fronte grondante di sudore e con il fiatone. Sento il cuore battere all'impazzata, facendo su e giù velocemente, come dopo aver corso una maratona.

Erano mesi che non lo sognavo più, ma è come un labirinto, pensavo di aver trovato la via d'uscita, però in realtà non esiste. È un circolo che ha un inizio, ma non ha una fine.

«Emily, che succede?» Cameron mi guarda con gli occhi semiaperti e un'espressione di totale preoccupazione, passando la sua mano sulla mia spalla tesa, così come il resto del corpo.

Le mie labbra sono incapaci di pronunciare persino un monosillabo ed è come se fossi paralizzata.

La mia vista vaga per tutta la stanza e penso che mi stia venendo un attacco di panico: le lacrime fuoriescono imperterrite e inizio a sudare freddo.

«Emily, mi stai facendo preoccupare, che ti succede?!» Cameron alza il tono della voce, torturandomi il braccio per cercare di farmi uscire da questo stato e agitandosi sempre di più.

Cerco di riprendere il controllo su me stessa, ma purtroppo questo non avviene. Non riesco a calmarmi e più passano i secondi e più mi sento chiusa in me stessa.

Il ragazzo che ho affianco inizia ad imprecare sottovoce e mi continua a chiedere quasi in una supplica che cosa mi succede.

Non appena guardo di fronte a me, mi accorgo che Cameron mi sta tenendo il viso tra le mani e che il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Riesco persino a sentire il suo respiro che accarezza la mia pelle.

Senza dire più niente mi abbraccia, stringendomi forte a se e improvvisamente mi assale un senso di protezione: mi sento come a casa.

Il respiro inizia a rallentare, così come i battiti del cuore. Pian piano mi accascio sul corpo di Cameron e poi lo stringo forte, immergendomi nel suo profumo.

Mi sento più tranquilla, ma le lacrime e i singhiozzi non cessano.

«Shhh, tranquilla, ci sono io con te» mi accarezza i capelli, posando le labbra sulla mia fronte.

Stiamo così per un'ora, con lui che continua a ripetermi frasi per farmi tranquillizzare e ciò funziona perché mi ritrovo sdraiata sul suo petto, con le sue braccia avvinghiate alla mia vita e lo sguardo concentrate sulle mie mani che si stanno torturando, mentre i ricordi di lui si fanno spazio nella mente e nei ricordi.

Mi manca terribilmente, così come ad un bambino può mancare la propria mamma, o come può mancare una stagione, un amico, un fidanzato lontano o addirittura un periodo della propria vita, però a me manca lui.

La sua immagine è riflessa nella mia mente, così come tutti i suoi ricordi che si stanno rielaborando: i capelli di un riccio scuro e ribelle in contrasto con i suoi grandi occhi verdi. Un viso da angelo, proprio come il suo animo.

«Ti va di raccontarmi che cosa hai sognato?» mi domanda dolcemente Cameron, accarezzandomi la guancia e facendomi risvegliare dallo stato di trance.

Faccio cenno di no con la testa. Controllo l'orario e vedo che sono appena le cinque del mattino. Mi metto più comoda e chiudo gli occhi, cercando di prendere sonno, ma per quanto ci possa provare, non ci riesco. Rimango sveglia, a fissare un punto di fronte a me, per poi posare lo sguardo sul ragazzo che mi stringe a se: sta dormento e le sue labbra sono semiaperte.

Senza rendermene conto, le palpebre iniziano a farsi sempre più pesanti, fino a farmi cadere nelle braccia di Morfeo.

***

«Piccola... piccola» sento sussurrarmi all'orecchio con tono dolce. Apro lentamente gli occhi, ritrovandomi Cameron a pochi centimetri da me e alla luce del sole posso ancora scorgere i lividi che ricoprono il suo viso.

«È mezzogiorno» mi avvisa e non appena sento l'orario, sbuffo pesantemente e mi porto le mani sul viso, stropicciandomi gli occhi.

«Facciamo colazione e poi torniamo a scuola, okay?» mi limito ad annuire.

Mi alzo e mi dirigo in bagno per cambiami. Non appena la mia vista entra in contatto con lo specchio, non posso fare a meno che notare le occhiaie scure che mi contornano gli occhi rossastri.

La mia mente naviga di nuovo all'incubo. Il bello è che pensavo fossero spariti una volta per tutte...

Rivederlo, anche soltanto attraverso un sogno, mi ha provocato nostalgia, facendo ritornare a galla sentimenti che prima erano rinchiusi in una cella, affianco al mio cuore.

Esco dal bagno e mi dirigo in cucina, che se non sbaglio è affianco al soggiorno di sotto e infatti, non appena la trovo, scorgo Cameron intento a preparare la colazione, ovvero delle crêpes, ma la scena è comica visto che ha appiccicato tutto l'impasto sulla padella mentre lui impreca sottovoce.

«Aspetta, ti do una mano io» mi faccio spazio affianco a lui, prendendo il recipiente dell'impasto e la padella. Il risultato sono delle crêpes belle fumanti ripiene di Nutella.

«Ce l'avrei fatta anche da solo...» il suo orgoglio predomina come sempre.

«Sì, infatti ho notato come armeggiavi con la padella» esclamo, cercando di reprimere le risate, che però non riesco a trattenere.

«Mi hai colto alla sprovvista, se mi avessi dato due minuti adesso staremmo mangiando le mie di crêpes» puntualizza con presunzione.

«Allora la prossima volta avrai tu l'onore di prepararle» gli faccio un occhiolino.

Stiamo mangiando, ma improvvisamente Cameron mi fa una domanda che mi fa ghiacciare sul colpo «chi è Mark? Perché ieri notte hai strillato il suo nome?».

«Non è nessuno» rispondo acidamente, continuando a tenere lo sguardo fisso sul piatto oramai quasi vuoto.

Non mi fa più nessuna domanda e anche in macchina regna un silenzio tombale, soltanto una volta arrivati ci salutiamo ed io lo ringrazio, ma poi ognuno va per la propria strada, ovvero l'uno dalla parte opposta dell'altro...

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