Capitolo 6

25.6K 1K 67
                                    

Molti dicono che la nostra vita sia già stata scritta, o meglio, che il nostro destino sia già stato scritto. A me piace paragonarlo ad un libro, dove l'autore sa già il finale, che sia bello o brutto, dolce o amaro, intenso o lieve, ed è lui che l'ha scritto decidendo i ruoli che ognuno di noi ha. Ma mi piace anche pensare che si possa cambiare e scriverlo indipendentemente, perché se una cosa la vuoi, nonostante tutti gli ostacoli, la ottieni.

Forse il mio viaggio era già predestinato, insieme a tutti gli incontri che ho fatto. In questo caso il destino è stato clemente con me, perché finalmente sono riuscita a vedere quello spiraglio di luce intensa che cercavo di raggiungere da un bel po' di tempo, in mezzo alle tenebre che sovvenivano sul mio corpo inerme e che lentamente stava perendo con amarezza.

Dopo il sogno le ragazze mi hanno cercata di calmare e hanno detto di avermi sentita strillare e piangere, anche se io non me ne accorgevo. Ero incosciente di quel che capitava intorno a me e troppo presa a pensare al sogno fatto e sul perché Cameron mi avesse chiesto aiuto.

Molti direbbero che era solo un sogno, ma io non la penso così. Non è la prima volta che accade e la prima non lo conoscevo neanche. Non può essere solo un caso, devo capire cosa nasconde Cameron, è troppo misterioso e lo noto anche dal suo sguardo che qualcosa lo preoccupa e intimorisce allo stesso tempo.

Adesso sono qua, i miei piedi sono immersi nella sabbia calda e morbida mentre il mio sguardo è rivolto al mare celeste e limpido; le mie mani tengono saldamente un quaderno ormai ingiallito sulla quale ci sono scritti molti dei miei pensieri. Scrivo immergendomi nella limpidità e purezza del cielo che c'è quest'oggi e che si presenta dinanzi a me con tutta la sua maestosa immensità.

Il vento mi scompiglia i capelli, ma è una sensazione gradevole che mi mette a mio agio come una leggera carezza.

Sono qui da un'ora, adesso sono appena le sette del mattino e nessuno sa che ci sono venuta. Ho lasciato un bigliettino attaccato al frigo con su scritto che sono uscita, senza specificare dove.

Sono arrivata qua a piedi, ci ho messo un'ora ma ne è valsa la pena, anche perché a quest'ora non c'è nessuno, solo io con i miei pensieri offuscati e sfumati che si estendono in questa quiete che mi circonda dolcemente.

In un solo attimo nella mia mente trascorro i momenti vissuti dal mio arrivo qua, a Los Angeles, la città dove costruirò ogni mio ricordo. E come se stessi vedendo un film. Dinanzi a me si presenta un nastro di flashback, facendomi rammentare vari momenti: l'incontro casuale con Cameron e Nash, che ogni giorno intensificano le mie giornate aggiungendo quel tocco di colore in più; le mie due coinquiline di stanza, Sierra e Jade, a cui mi sto affezionando sempre di più; i ragazzi che ho conosciuto soltanto ieri ma che ho già riflesso negli occhi la loro immagine, in particolar modo quella di Shawn insieme alla sua dolcezza, ma su tutti questi pensieri, Cameron con la sua bipolarità e i suoi misteri nascosti, stanno sulla vetta più alta.

D'un tratto la mia mano prende delicatamente la penna per poi iniziare a scrivere i pensieri che mi sovvengono. Scrivo sulle pagine ormai ingiallite di questo quaderno che porta con se sfumature velate della mia vita.

Quando scrivo non penso a niente e neanche ai problemi che mi circondano, fa tutto la mia mano insieme alla mia mente che elabora e mette per iscritto il tutto. È come una sorta di magia.

E così passano due ore della giornata: a scrivere. Solo questo. Nient'altro.

Credo che sia l'ora di accendere il telefono, anche perché le ragazze saranno sveglie a quest'ora. Non appena lo faccio i miei occhi per poco non strabuzzano: dieci chiamate perse da Sierra, nove da Jade, sette da Nash, ma quelle che mi stupiscono sono le quindici chiamate di Cameron e i suoi dieci messaggi, ma uno mi colpisce più di tutti:
«Emily ti prego dimmi dove sei e soprattutto dimmi che stai bene».

FINE LINE  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora