«Ti comporti in modo strano in questi giorni, è successo qualcosa? Oppure sono io che ho sbagliato in qualcosa? Ti prego dimmelo, perché non so più che cosa fare» mi domanda Shawn per quella che sarà la centesima volta da quando stiamo camminando sul lungomare di Los Angeles ed io prontamente, come tutte le altre volte, scuoto la testa.
«Allora perché sei fredda?» mi domanda esasperato.
Non lo so, fammi pensare... forse perché ti sei picchiato con un ragazzo e non mi vuoi dire il motivo?
Pensa il mio subconscio, ma io mi limito a rispondergli «non sono fredda, sono semplicemente stanca. Quest'anno la scuola mi sta distruggendo, dopotutto ho anche cambiato ambiente e sto cercando di abituarmi alla vita frenetica di questa città» dico, prendendo come scusa le prime cose che mi passano per la mente. In parte ciò è vero, ma non è questo che occupa i miei pensieri.«Vieni qua» esclama, attirandomi a se e posando le sue labbra rosate sulle mie.
«Ehi! Ci potrebbe vedere qualcuno!» lo ammonisco, scansandomi dalla sua presa.
«E quindi? Siamo fidanzati, che problemi c'è?» mi domanda irritato.
«Non mi piace mostrarmi in pubblico» spiego, guardandomi le scarpe che improvvisamente attirano tutta la mia attenzione.
Non dice più niente, limitandosi soltanto a camminare e il tragitto continua così, fin quando non arriviamo a scuola.
«Scusa per prima» lo blocco da una mano.
«Tranquilla, piccola» risponde con tono dolce e accarezzandomi la guancia. Non so il perché, ma questo nomignolo detto da lui mi dà una sorta di fastidio, ma cerco di non far trapelare nulla, dopotutto abbiamo appena fatto pace e in questo periodo i momenti così sono rari tra di noi.
«Andiamo in mensa dagli altri ragazzi?» mi domanda, cingendomi con le braccia la vita.
«Sì, vado un attimo in bagno e ti raggiungo» lo avverto, iniziando ad incamminarmi, ma non prima di averlo abbracciato e avergli dato un bacio fulmineo sulla guancia.
Quando entro nel bagno, noto una folta chioma castana e, non appena la ragazza si volta nella mia direzione, facendo svolazzare le sue lunghe ciocche, si rivela Jade.
Con indifferenza mi dirigo verso il lavandino, per sciacquarmi il viso e scacciare via lo stress che mi tiene rinchiusa nella sua gabbia piccola e stretta.
«Mi dispiace» una voce tuona dietro di me, proprio quella di colei che pensavo fosse mia amica.
«Dispiace anche a me, sai? Ma di essermi fidata di te» rispondo acidamente, senza voltarmi verso di lei, ma guardando un punto fisso di fronte a me.
«Mi aveva promesso la popolarità, ma solo ora ho capito che l'amicizia vera è più importante di quella circondata da persone false ed ipocrite, perché è questo che loro sono».
«A me il ritratto di queste persone sembra proprio il tuo» prendo il coraggio e decido di voltarmi verso di lei, ma in meno di un attimo la sorpasso, per affrettarmi ad uscire da questo bagno che è diventato improvvisamente piccolo e soffocante.
«Emily, stai attenta» queste sono le ultime parole che sento prima che io esca dal bagno.
Perché mai dovrei stare attenta? Era un avvertimento?
Non do peso alle sue parole, anche se ho un magone alla gola che non vuole trovare il modo di andarsene. Perché mai dopo tutto il male che mi ha provocato, mi dovrebbe dire di stare attenta?
Mille domande che mi rimbombano nella testa e nessuna risposta ad ognuna di esse, solo mille pensieri posti uno dopo l'altro, che incatenandosi mi portano all'esasperazione, miscelata ad un sentimento di confusione.
***
«Sapete che oggi è arrivato un ragazzo nuovo? Dicono che sia molto bello e che il tutto sia contornato dalla sua simpatia e sfacciataggine» avvisa Sierra, catturando l'attenzione di tutte le persone intorno a questo tavolo, tranne me, che momentaneamente sono immersa in un altro pensiero.
Le parole di Jade continuano a rimbombarmi nella mente e ciò mi porta ad un mal di testa atroce, come se qualcuno stesse battendo con un martello sulle mie tempie.
«Ragazzi, io vado un po' in stanza a riposarmi» dico, rivolgendomi ai ragazzi, che però non mi degnano neanche di una loro risposta visto che sono troppo impegnati a spettegolare sulle vite private delle persone che riempiono questa scuola. Qua a Los Angeles i pettegolezzi sono una moda e sono all'ordine del giorno. Si fa a gara per saperne sempre di più, in modo da poter arricchire la propria antologia sulle vite altrui.
Non ricevendo alcuna risposta da parte di qualcuno, mi alzo, prendendo la tracolla nera e, prima di andarmene, afferro una mela verde.
Un'ondata di aria fresca mi inonda il corpo una volta che esco fuori.
Inizio a camminare velocemente, mentre tra le mani ho il telefono che fisso intensamente, ma senza accorgermene vado a sbattere contro qualcuno, cadendo per terra.
Sbuffo per la mia perenne sfiga, che continua a tenermi per mano e ad indicarmi la via, come se io avessi scelto di seguirla, ma non appena alzo lo sguardo sul ragazzo sulla quale sono andata a sbattere, vorrei non averlo mai fatto.
Non è possibile. Tutto questo dev'essere per forza un incubo.
I miei occhi incontrano i suoi e ricordo solo questo, perché subito dopo il mondo intorno a me si ferma, proprio come il mio cuore ed il mio sguardo che continua ad ardere su di lui.
Non riesco a pronunciare una sola parola, ma i perenni ricordi prendono il sopravvento su di me, facendomi annebbiare la vista e rivivere quei momenti trascorsi insieme a lui...
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FINE LINE
FanfictionLa sensazione di non essere mai al proprio posto; quella voglia di scappare e non voltarsi indietro; l'impulso di distruggere tutto solo per vedere il mondo a pezzi quanto te. Emily è alla disperata ricerca di una mano che la afferri e la strappi a...