Capitolo 1

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EMILY'S POV:

5 settembre 2016;

Mentre il tempo passa qualcosa cambia...

Sono passati nove mesi da quel giorno che mi ha cambiato la vita e in cui una fioca lanterna si è accesa dinanzi a me, mostrandomi quello spiraglio di luce che da tempo cercavo di scovare, ma che si nascondeva.

Le decisioni ti cambiano la vita, la sradicano e la rivoltano come un violento tornado, mostrandoti così una nuova visuale... e proprio questo è accaduto a me, con una sola e semplice decisione ho iniziato a scorgere una nuova prospettiva della vita reale, e ad essere sincera mi piace. Cogliere l'attimo a volte ti fa sentire libera e senza pensieri, come se un manto di tranquillità ti avvolgesse. Lasciare la propria città che ti ha cullata durante tutta la tua esistenza non è facile, ma se essa porta con se brutti e tetri ricordi le incertezze svaniscono e affievoliscono, disperdendosi nei meandri più nascosti.

Mille emozioni si propagano nel mio corpo ignudo, e il rammarico di tutti i momenti trascorsi in questa città si estendono nella mia mente e mi fanno rivivere un vortice di emozioni sulla mia stessa pelle: le fredde serate trascorse con la mia famiglia sotto una calda coperta e dinanzi un camino con le dolci risate che ci accompagnavano riscaldando il cuore di tutti; i pomeriggio trascorsi a vagare per i vicoli di Roma perdendomi in ogni suo più futile particolare e dettaglio che mi hanno sempre incantata e attratta; quella stanza in cui ho trascorso la maggior parte della mia infanzia ed adolescenza, la soffitta. Quel posto che porta con se molte sfumature di ricordi trascorsi e visibili solo con il binocolo.

Ormai mi ero costruita un muro attorno a me alla quale nessuno aveva l'accesso, ma ho preso la decisione che una volta arrivata a Los Angeles sarei cambiata; sarei stata la ragazza che ho sempre sognato, aperta e solare, ma soprattutto sarei stata determinata e avrei realizzato i miei sogni, così da poter dire "Emily Smith ce l'ha fatta" e far vedere a tutti le mie potenzialità, a tutte quelle persone che in questi anni mi hanno presa in giro e abbassato drasticamente l'autostima, quasi fino a farmi disprezzare da sola. In un periodo ero arrivata perfino ad odiare la scrittura, sempre per colpa loro, e mi ricordo che quando tornavo a casa c'era mia nonna che puntualmente mi consolava e mi ripeteva sempre le seguenti parole, impresse come tatuaggi nella mia anima e nei miei ricordi più limpidi e che sopravvivono in tutta la loro purezza "non ti lasciare mai sminuire, gli altri sono gelosi e ti dicono quelle cattiverie perché vorrebbero avere loro il dono che hai tu, sono invidiosi, dopotutto non si vedono tutti i giorni bambine belle  che sanno scrivere e cantare benissimo come te", mia nonna mi ha sempre capita, la considero come una migliore amica.

Improvvisamente una voce metallica mi risveglia dalla quiete che un attimo prima mi circondava e nella quale mi stavo lasciando cullare dolcemente, interrompendo così quel vortice di pensieri offuscati.

«Si avvisano i seguenti passeggeri di allacciare le cinture...».

L'aereo sta per decollare e non sono mai stata così emozionata e allo stesso tempo agitata in vita mia, ma l'immagine dei miei genitori e di mia sorella con le lacrime agli occhi irrompe in questi sentimenti contrastanti. Mi mancheranno molto, ma dopotutto la vita è una sola e va vissuta fino in fondo, in ogni suo più profondo particolare, assaporando ogni sorta di emozione che essa tralascia lungo la sua strada.

Il mio corpo che sprofonda nel morbido sedile in pelle mi porta a chiudere gli occhi e a farmi rilassare, ma uno strano odore si insinua nelle mie narici, irrompendo in quello stato di profonda tranquillità in cui pian piano stavo annegando. Apro gli occhi, per poi scorgere la visuale di un uomo affianco a me che emana uno strano odore nauseabondo.

Mentre lo guardo disgustata dalla testa ai piedi lui se ne accorge ed esclama con tono scorbutico ed arrogante «beh?! Che hai da guardare?!».
Senza dire nulla mi volto dal lato opposto, sospirando frustata.

Poteva andare peggio di così?! Ovviamente no...ma lasciando perdere questo "piccolo inconveniente" mi metto le cuffie, e cullata dalle note di Take Me To Church mi addormento in un tranquillo e sereno sonno.

***

Le mie gambe sprofondano sulla strada fangosa di questo viale sconosciuto e illuminato soltanto da un lampione. I miei respiri affannati fanno da sottofondo a questo momento di puro panico, e improvvisamente le mie gambe iniziano ad indolenzirsi, come dopo aver corso una maratona, ed io mi sento sempre più impotente e alla fine la stanchezza ed il dolore hanno la meglio su di me, portando il mio corpo a bloccarsi di scatto, privo di ogni energia. Come se un fruscio del vento mi risvegliasse, mi volto, scorgendo così una sagoma sempre più vicina, tanto che riesco a vedere un ragazzo con il ciuffo all'insù. Lo fisso nella speranza di capire chi è, ma niente, ormai mi ha raggiunta. Provo a girarmi per scappare, ma mi afferra prontamente dal polso e mi fa voltare verso di lui: due occhi marroni attirano i miei facendomi beare di quella vista spettacolare e paradisiaca; si può leggere attraverso essi un mix di tristezza e sollievo, e mentre sto per chiedergli chi è, lui mi precede con una parola sussurrata che attira totalmente la mia attenzione «aiuto.» Sento qualcosa che tocca insistentemente il mio braccio, ma sono troppo indaffarata a guardare e a studiare gli occhi profondi ed intensi di questo ragazzo all'apparenza così misterioso e con un velo attrattivo che lo riveste interamente. Ma questo tocco si fa sempre più pesante che mi spinge ad abbassare lo sguardo, e appena lo faccio vedo tutto nero...

I miei occhi si aprono di scatto, facendomi scorgere così la figura imponente dell'uomo che mi affianca e che in questo momento sta strattonando il mio povero braccio, così esclamo irritata «ma sei impazzito o cosa?! Mi dispiace deluderti, ma il mio braccio non è una salsiccia che si può mangiare!».

D'un tratto vedo il suo volto impallidire ed il suo sguardo che diventa sconvolto, così mi giro dal lato opposto, ma sento la sua voce che mi dice in un lieve sussurro «siamo arrivati». Si alza per uscire da questo aereo che all'improvviso è diventato troppo piccolo e stretto.

Lascio sprigionare un sospiro di sollievo dettato dall'arrivo, e mentre mi volto, noto un gruppetto di ragazzi che ridono fragorosamente. Tra tutti loro ne scorgo uno che è voltato di spalle, ma di lui mi attira in particolar modo il suo ciuffo castano all'insù che vagamente mi ricorda qualcuno, però adesso non mi viene in mente nessuno, quindi lascio perdere questi futili pensieri che mi annebbiano la mente.

Mi alzo e mi affretto ad uscire per andare a prendere i bagagli ed andare in quella che sarà la mia futura scuola e contemporaneamente casa, dove inizierò a scrivere la mia nuova vita.

Una volta uscita dall'aeroporto ammiro il magnifico paesaggio che mi si presenta dinanzi, dimenticandomi così di tutto e tutti e pensando alla mia nuova vita in questa splendida ed incantevole città...

FINE LINE  Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora