«Allora ragazzi, quindi avete capito? Il 3 Febbraio tutti a Parigi, la città dell'amore» esclama su di giri la professoressa, mentre si porta le mani al petto e sorride dolcemente.
L'amore... infondo che cos'è? Un'illusione. Qualcosa di cui si è convinti che esista e che ti fa vivere e ti distrugge nel giro di un solo attimo, che annienta tutto ciò che è passato... ogni singolo frammento.
Mi ricordo ancora le storie che mi leggevano i miei genitori prima di andare a dormire e alla fine di ogni libro c'era un lieto fine, ma nella vita reale, dov'è che è? Sembra che quando si raggiunge la cosiddetta felicità, ci deve essere sempre qualcuno pronto ad opprimerla e scacciarla via, come per gelosia...
«Professoressa, ma quanti giorni staremo?» domanda una voce in fondo alla classe.
«Una settimana intera» sorride soddisfatta, mentre tutti gli altri esultano rumorosamente con allegria e gioia.
L'idea di partire per Parigi, almeno a me, non mi entusiasma granché, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti...
Sono passati tre lunghissimi giorni da quando Cameron mi ha detto quelle strane parole, di starmi attenta alle persone che mi circondano, ma non si rende conto che io in realtà dovrei stare attenta a lui, colui che mi ha spezzato il cuore. Comunque, dopo quella chiacchierata sono rientrata in camera e non appena l'ho fatto, ho notato Sierra e Lily distese su un letto, mentre si guardavano preoccupate e leggevano attentamente dei messaggi sul telefono. La cosa più strana è stata la loro reazione: non appena mi hanno vista, hanno tolto subito il telefono. Lo avevano nascosto dietro la schiena e mi guardavano con il viso impanicato, come se mi stessero nascondendo qualcosa. Ho lasciato perdere e mi sono detta che erano soltanto le mie paranoie a tormentarmi, anche se le parole di Cameron mi ronzavano e rimbombavano in testa, come un chiodo fisso, ma dopotutto perché dovrei stare attenta alle persone che mi circondano? Che cosa voleva dire con quella frase? Sto cercando di collegare i pezzi, ma purtroppo proprio non ci riesco. Navigo solo nel dubbio, anche se il comportamento di tutti è sospetto: quando parlano con me sono ansiosi e preoccupati e quando mi avvistano per i corridoi fanno finta di non vedermi, come se improvvisamente non esistessi più per loro. Non mi aspettavo fossero così, ma forse ha ragione Cameron, dovrei guardarmi attorno e starmi attenta...
«Con cosa partiremo?» domanda questa volta una voce femminile.
«Con l'aereo, ovviamente, a meno che tu non voglia andare a piedi, ma ti avviso che la Francia è un bel po' distante da qua» risponde la diretta interessa, mentre aggiusta la sua cartella.
Viaggiare con l'aereo mi è sempre piaciuto. Provare quel brivido di leggerezza e spensieratezza non appena si decolla, quel senso di libertà che ti invade il corpo, sono tutte sensazioni che mi fanno sentire in pace con me stessa. Si tratta di quella buffa contrapposizione tra gioia e terrore.
Mentre penso al viaggio, il suono della campanella si espande per la classe e così, con un'incredibile velocità, la classe si svuota rapidamente, lasciandomi da sola, mentre aggiusto tutto il materiale.
Non mi è mai piaciuto andare di fretta a fine lezione, è una cosa che ho sempre odiato, anche se molte volte sono costretta, ma la trovo comunque insensata.
Sto navigando per i corridoi della scuola. Voglio cercare di arrivare il prima possibile in mensa, in modo tale da sedermi da sola in un posto appartato, lontana da tutto e tutti e poi sinceramente non me la sento di andare al tavolo con i ragazzi che mi scrutano perennemente e non osano fiatare, o che si scambiano solo sguardi furtivi, che non sono ancora riuscita ad interpretare. Gli unici che mi sono stati vicini e che non sono cambiati di una sola virgola, sono stati Luke e Mark, soprattutto il primo. Ormai passiamo la maggior parte del tempo insieme e l'altro ieri sono andata persino a dormire nella sua camera per raccontargli il discorso di Cameron e farmi dare dei consigli. Stiamo sempre insieme, come se fossimo fratelli, ma oggi a pranzo voglio stare un po' da sola e schiarirmi le idee e magari scrivere, anche perché con tutti i pensieri che mi annebbiano la vista, la scrittura è l'unica arma per salvarmi e portarmi via dal bivio in cui sto cadendo.
Shawn invece devo ammettere che mi manda un sacco di messaggi dolci, fin troppo per il ragazzo che è diventato ultimamente. Li apprezzo molto, ma li trovo comunque strani, anche perché fino ad adesso non mi aveva mai donato così tante attenzioni...
Con rapidità entro in mensa e vado subito ad occupare un tavolo in disparte. Mi siedo sfinita e, con le ultime forze che mi rimangono, prendo carte e penna, per poi guardare nella sua direzione ed incatenare lo sguardo sulla sua sagoma, iniziando così a scrivere...
Una vita intera per costruire castelli fatti di sabbia,
Un attimo per distruggerli;Una vita intera per isolare il mio cuore,
Un attimo per renderlo tuo;Una vita intera per appartenerci,
E un attimo per diventare perfetti sconosciuti;Una vita intera per costruire speranza,
Un attimo per farle scomparire;Ma a me è bastato un solo attimo per innamorarmi di te
E mi ci vorrà una vita intera per scacciarti via dal mio cuore malato,
Malato di te e del tuo essere.
Malato d'amore,
Amore che si perde nella tempesta,
Ma che trova sempre il modo per appartenerti e non lasciarti volare via,
Volare via da me,
Perché se c'è una cosa che so
È che io e te voleremo in alto insieme,
Fino ad appartenerci,
Anche se già ci apparteniamo,
Anche se ancora non lo sappiamo.
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FINE LINE
FanfictionLa sensazione di non essere mai al proprio posto; quella voglia di scappare e non voltarsi indietro; l'impulso di distruggere tutto solo per vedere il mondo a pezzi quanto te. Emily è alla disperata ricerca di una mano che la afferri e la strappi a...