Capitolo 2

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Sento il vento che mi scompiglia i capelli e il sole che quasi mi acceca tanto che è splendente, ma soprattutto sento che questo sarà un nuovo inizio per me; sarà un'ondata di novità che all'inizio un po' mi spaventava, ma adesso non più. Non mi spaventa niente oramai. Avere paura equivale a non vivere appieno la vita.

Il mio sguardo si sposta da un lato all'altro alla ricerca di un taxi che mi possa accompagnare alla mia destinazione, ma non vedendone in giro mi affretto a perlustrare l'intera zona circostante, quando finalmente, dopo un bel po', ne trovo uno posto affianco al marciapiede non tanto lontano da me.

Tiro un sospiro di sollievo nel vederlo mentre mi affretto a raggiungerlo prima che qualcun altro rovini i miei piani, ma sfortunatamente due ragazzi mi precedono, distruggendo ciò che mi ero prefissata nella mente.

Provo a cercare con lo sguardo un altro taxi, ma non ne riesco a vedere nessuno, quindi mi lascio abbandonare in un sonoro sbuffo che rimbomba intorno a me e in cui mi ci lascio cullare nervosamente. Mi affretto ad andarmene accompagnata dal rumore stridulo e fastidioso della valigia che striscia a terra, ma d'un tratto vengo bloccata dal suono di una voce che ho già sentito da qualche parte, quindi, attratta da essa, mi volto con il vento che continua ad accarezzarmi dolcemente e con mio grande stupore noto che un ragazzo, che pensandoci bene è lo stesso dell'aereo, sta praticamente strillando «EI RAGAZZINA!». Mi guardo intorno per vedere a chi si riferisce, ma lo sento dire nuovamente e con più insistenza «EI BIONDINA! DICO PROPRIO A TE».

Mi avvicino a loro con timore ed un lieve imbarazzo che scorre nel mio corpo, e non appena sono dinanzi loro un ragazzo con gli occhi di un azzurro limpido inizia a parlare ininterrottamente e senza sosta. «Ciao, abbiamo notato che ti serve un taxi e visto che non ce ne sono in giro stavamo pensando se a te ti andasse di venire con noi».

Io esterrefatta mi limito ad annuire senza sapere cosa o come rispondere, ma successivamente sento sussurrare dal ragazzo con il ciuffo castano e dagli occhi di un intenso e profondo marrone «fantastico, neanche sa parlare».

«Per tua informazione so parlare, il problema è che non parlo con idioti come te!», riprendo subito la parola, però questa volta con il tono di voce più pacato «ovviamente non dico a te», accenno un sorriso all'altro ragazzo che lo affianca, ma non prima di fulminare con lo sguardo l'altro.

La tensione è ben notevole da questa situazione piuttosto scomoda.

«Allora, io sono Nash» il ragazzo dagli occhi azzurri si rivolge a me con uno smagliante sorriso che splende sotto il sole di questa giornata calda.
«Io mi chiamo Emily».
«Io invece sono Cameron, ragazza acida».
«Ti ho appena detto il mio nome, i miei genitori me ne hanno dato apposta uno, quindi usalo. Grazie» sorrido falsamente, e le mie parole escono nello stesso modo.
«Okay, okay...» alza gli occhi al cielo.

Dopo le presentazioni i ragazzi prendono le mie valige e le mettono dietro visto che avanza spazio. Devo dire che questo taxi è veramente grande e spazioso, infatti ci posizioniamo tutti e tre nei posti dietro e mentre io e Nash iniziano una conversazione, Cameron rimane attaccato al telefono e non spiccica una sola ed insignificante parola.

«Emily dove sei diretta?» mi domanda d'un tratto Nash.
«Alla Los Angeles Southwest College».
«Veramente ?! Anche noi dobbiamo andare lì» vedo una scintilla di emozione trapelare dai suoi occhi, e mentre dice queste parole mi stringe in un suo abbraccio all'apparenza innocuo ma che è in grado di spezzarti le ossa e riaggiustarti il cuore.

«Ma è fantastico!» esclamo con l'entusiasmo che mi vacilla dalla voce. Cameron, che per tutto il tragitto era stato zitto, commenta con tono ironico «certo, veramente fantastico». Questo ragazzo mi fa salire l'istinto omicida pur conoscendolo da soli dieci minuti, infatti mi affretto a fulminarlo con gli occhi e in risposta lui alza le mani in segno di resa.

Durante il viaggio io e Nash non abbiamo fatto altro che parlare e posso dire che anche se ci conosciamo da solo un'ora  sento che diventeremo grandi amici. Ha detto che in questi giorni mi avrebbe presentato quei suoi amici che erano sull'aereo, e me ne ha parlato talmente tanto che adesso so tutto di loro, mentre io gli ho parlato di ciò che ho dovuto affrontare per iscrivermi a questa scuola e degli esami che per fortuna ho passato senza ulteriori problemi.

Una volta arrivati prendiamo i bagagli e andiamo in segreteria per prendere le chiavi delle stanze e vedere quella che ci hanno assegnato e i ragazzi, solo dopo cinque minuti, hanno già finito, mentre adesso è il mio turno, così entro nell'ufficio con l'ansia che  scorre veloce nelle vene e la preoccupazione che trapela dai miei occhi.

Sento il cuore che vorrebbe uscire dalla cassa toracica e i respiri che si propagano profondi e irregolari.

Non appena entro mi si presenta dinanzi la visuale dell'ufficio e il mio sguardo subito si posa e ricade sulla figura della preside che mi accoglie  calorosamente con le seguenti parole «Emily Smith, sarà un piacere averla nella nostra scuola, ho letto le schede sul suo conto e ho visto che lei in Italia era un'alunna modello quindi le auguro di passare un buon anno scolastico nella nostra scuola».

«La ringrazio preside, spero di trovarmi bene qui», la saluto cordialmente con un cenno del capo, per poi dirigermi al di fuori di questa stanza e tirare così un sospiro di sollievo.

A passo svelto mi affretto a raggiungere gli altri visto che mi devono accompagnare vicino la mia stanza e durante il tragitto per andare in quella che sarà la mia nuova stanza, scorgo vari gruppi di ragazze e ragazzi che parlano animatamente, ma poi il mio sguardo si posa sull'imponente struttura di questa scuola, che mi circonda con i suoi colori intensi. Devo ammetterlo: è veramente molto bella.

«Emily, adesso è tardi e tu devi aggiustare le tue cose, ma che ne dici domani di andare al mare? Oppure di fare un giro per la città visto che sei nuova da queste parti, e poi io sono un'ottima guida, non a caso i miei amici mi chiamano Doro l'esploratore» Nash pronuncia queste parole con un'aria talmente altezzosa che mi fa scoppiare in una fragorosa e sincera risata che riecheggia in queste quattro mura.
«Certo "Doro " mi farebbe molto piacere» gli faccio un'occhiolino mentre una lieve risata esce ancora melodiosa dalle mie labbra rosate.

Non appena arriviamo davanti alla stanza saluto Nash che deve andare ad aggiustare la sua e noto che c'è anche Cameron che mi si avvicina all'orecchio, sussurrandomi a fior di labbra «a domani». Immediatamente un'immagine mi annebbia la vista prendendo atto nei miei pensieri offuscati: un ragazzo dal ciuffo all'insù con occhi profondi che mi sussura «aiuto». Adesso collego tutto, era lui nel sogno, ma com'è possibile? Non l'avevo mai visto prima d'ora ...

Lui vedendomi stordita mi chiede con un velo di preoccupazione «va tutto bene?». Mi limito ad annuire lentamente, ancora sotto shock, mentre lo fisso in una sorta di stato di trance. Mi guarda un'ultima volta intensamente e  poi si gira per proseguire verso la sua strada... ed io lo guardo ancora qua, imbambolata; lo vedo sparire tra le persone che camminano e mi offuscano la sua visuale...

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