Capitolo 3

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Appena arrivo a casa, istintivamente, come se mi mancasse qualcosa di importante, controllo nella mia borsa, non trovando la cosa più importante che ho.

Scendo velocemente le scale, correndo in fretta e furia verso lo studio. Tutte le persone mi guardano straniti e confusi, ma in questo momento non mi interessa nulla al di fuori di quella cosa a me molto cara.

Un vento provocato dalla mia corsa, fa spostare i miei capelli all'indietro e il fiatone inizia a farsi sentire, ma non mollo. Corro sempre alla stessa velocità. La gola si secca, inizio a respirare affannosamente, ma non mi do tregua, finché non arrivo allo studio.

"Mentre correvo non ho visto nulla, quindi deve essere per forza dentro."

Quando attraverso l'entrata, la trovo lì a terra, girata dal lato opposto. Una foto. Una foto a me molto cara. Mi abbasso leggermente per raccoglierla, la giro e l'immagine di me e di mio fratello mi si presenta d'avanti. È stata scattata prima che lui decise di andarsene.

La metto in borsa e poi esco velocemente per dirigermi a casa.

Quando sto per andare verso il cantiere, noto che ci sono degli uomini, fin qui tutto bene, tranne per il fatto...che non sono in divisa.

Non ci faccio caso e così decido di attraversare lo stesso. Quando sono a metà strada per la fine del cantiere, un colpo mi fa istintivamente correre verso una barriera per non far passare le persone dall'altro lato, fatta con una specie di spartitraffico, con la differenza di essere fatta di cemento e che è un po' più alto.

Dei colpi di pistola iniziano a raffica, non si fermano.

"Ora capisco a cosa serve il muro!"

Sporgo di poco la testa, ma un colpo troppo vicino a me, mi fa riabbassare.
Ad un certo punto, una pistola scivola vicino a me, mi volto per un secondo, trovando un uomo a terra e tanti altri che si susseguono. Senza pensarci due volte, la prendo ed inizio a correre senza sosta, finchè non sento una stretta alle braccia. Un uomo mi prende per i fianchi, bloccandomi anche le braccia da dietro. La mia mano, come se avesse preso vita propria, fa scattare un colpo, che va a finire sul piede dell'uomo sconosciuto.

Mi lascia subito, cadendo a terra per il dolore. Ricomincio di nuovo a correre, fino ad arrivare alla fine, ma un'altra mano mi ferma per il braccio. Mi volto con sguardo arrabbiato verso quest'ultimo, guardandolo dritto negli occhi, ma tutto d'un tratto, noto un qualcosa di familiare nei suoi occhi. Quella cosa che non ricordavo da molto tempo. Quella cosa che non provavo da molto tempo: la famiglia.

<<Ora non puoi andare. Hai visto tutto.>> Mi spinge lentamente verso il furgone bianco, dove sopra ci sono degli uomini che sparano senza fermarsi. Non ci metto niente a prendere di nuovo la pistola e puntarla verso il ragazzo di fronte a me. Alza subito le mani divertito, per poi guardarmi dritto negli occhi, con un sorriso che mi provoca un certo sentimento che nessuno più poteva darmi dopo che lui se ne andò. Il sentimento che solo un fratello o una sorella può darti: la sicurezza che non potrà accaderti niente e il bene che solo lui/lei può darti.

<<Non lo farai mai. Non ne hai il coraggio.>> Abbassa le mani e ancora divertito si avvicina a me.

Carico la pistola di fronte ai suoi occhi, ma non decide di indietreggiare, anzi, si avvicina ancora di più.

<<Fermo lì! Altrimenti sparo! N-non avvicinarti!>> Tengo stretta la pistola, che è sempre puntata verso di lui.

<<Non ne hai il coraggio.>> Ride divertito, mentre io mi arrabbio sempre di più.

<<Avanti...abbassa quella cosa, che non fa per te.>> Mi toglie con un gesto rapido la pistola dalle mani, togliendo i proiettili, che mette in tasca, e poi posa la pistola nell'altra tasca.

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