Capitolo 43

3.2K 131 47
                                    


Leggete alla fine -IMPORTANTE!-

Io e Samuel siamo ancora nella spa, a goderci l'acqua bollente. <<Credo che ora io esco.>> Dico, mentre mi alzo dalla piscina. <<Perché?>> Mi chiede con il broncio da bambino. <<Perché siamo da più di un'ora a mollo.>> Mi alzo e mi avvicino alle scale che portano fuori dalla piscina. <<Dai!>> Insiste lui. <<Samu, basta, mi sento la pelle di una vecchia.>> Metto il piede sul primo scalino, ma vengo fermata dalle parole che escono dalle labbra del mio ragazzo. <<Dai, amore!>> Si lamenta. In un primo secondo non ci faccio caso e sto per ribattere, ma poi mi rendo conto di come mi ha chiamata. <<Che hai detto?>> Gli chiedo sorridendo. <<Ho detto "Dai".>> Dice lui confuso. Si gratta la testa, non riuscendo a capire a dove voglia andare a apparare. <<E dopo?>> Chiedo ancora. <<Ho detto "Amore".>> Risponde ancora confuso. <<Mi hai chiamata amore?!>> Sorrido come un ebete, pensando a tutte le volte che lo avrei voluto chiamare anche io così, ma non ci sono mai riuscita; a tutte le volte che avrei voluto dire "Ti amo", ma non ho mai avuto il coraggio. <<Si, e allora? Ti amo, sei mia e sei il mio amore.>> Mi sorride dolcemente, cosa che scatena ancora di più la mia voglia di saltargli addosso. <<T-tu mi a-ami?>> È completamente uno shock per me, perché nessuno me lo aveva mai detto. <<Perché tu no?>> Il suo sorriso scompare, ma il mio assolutamente no. Mi butto a capofitto da lui, incominciando a baciargli tutta la faccia. <<Ovvio che si! TI AMO DA MORIRE!>> Finalmente sono riuscita a battere il mio orgoglio e ad esternare i miei sentimenti.

Io e Samuel siamo in corridoio per andare a recuperare Elis, che è rimasta da sola con Veronica. Quando apro la porta della camera della ragazza, la vedo stesa sul letto, mentre guarda qualcuno di fianco a lei. Apro di più la porta e scorgo Cameron che sta facendo fare l'aereoplano ad Elis. Sorrido a quella scena per poi chiudere la porta. <<Credo che se la caveranno anche senza di noi.>> Sorrido a Samuel e poi lo trascino in salotto, dove incontriamo Elia e Sammy che si stanno baciando. <<Fratellone, fa sempre un certo effetto vederti baciare con una ragazza.>> Distruggo in mille pezzi la loro atmosfera romantica, ma non me me può fregar di meno. Tutti e due si mettono a ridere, mentre Samuel prende il telecomando e si siede sul divano a guardare la TV. Mi siedo sulle sue gambe, ma non l'avessi mai fatto: circonda i miei fianchi e mi tira a se come se fosse geloso di non so cosa. <<Amore, che hai?>> Gli chiedo, ma lui non risponde. Sbuffo infastidita e incrocio le braccia. <<Ella.>> Mi chiama Elia e io mi volto nella sua direzione. <<Fai quello che devi fare, perché oggi ti porto finalmente a fare il giro per Madrid.>> Mi sorride raggiante, che il sole potrebbe fargli un baffo. Io incomincio ad urlare come una pazza e ad elencare tutti i posti in cui saremmo stati e la maggior parte erano negozi di vestiti e cosmetici. <<Okay, vado un attimo da Sammy e poi andiamo. Va bene?>> Mi sorride ancora. Sto per rispondere, ma Samuel mi precede. <<No.>> Risponde secco. Lo guardo accigliata, come per capire se fa veramente. Elia cerca di dire qualcosa, ma io faccio segno di lasciar perdere e di andare. <<Non puoi proibirmi qualcosa che volevo fare da quando sono venuta qui la prima volta, apparte scappare ovvio.>> Alza la testa verso di me e mi guarda indifferente. <<Ho detto no. Farai il giro di Madrid un altro giorno.>> Alza le spalle indifferente, ma io non mi arrendo. <<Senti, non so cosa ti sia successo da un momento all'altro, ma una cosa è più che certa: in questo momento mi stai altamente sulle palle. Entriamo in salotto, ti siedi senza degnare a nessuno di uno sguardo e quando mi siedo sulle tue gambe mi tiri come se fossi geloso di non si sa nemmeno cosa. Guarda che non posso tradirti con l'aria. Quando ti passa il bipolarismo, fammi un fischio.>> Mi alzo da lui e non appena vedo Elia, lo seguo. Io e Elia prendiamo una BMW bianca. Alla guida ci sono io, anche se non so le strade, in un qualche modo devo sfogare la piccola litigata di pochi minuti fa. Elia mette il navigatore e poi partiamo. Guido fino a fuori il garage sotterraneo e poi proseguo dritto. Non ci vuole tanto per arrivare a centro Madrid per dove siamo noi, infatti ci abbiamo messo trenta o trentacinque minuti. <<Perfetto fratellone, pronto a soffrire sotto a delle montagne di buste? Andiamooo! Wohooo!>> Come un soldato mi dirigo mano nella mano con mio fratello verso il centro commerciale. Il primo negozio che vedo è quello della Wycon-cosmetic, infatti subito entro. Tra fondotinta, rossetti, matite, mascara e tanto altro, usciamo da lì con una busta grande quasi piena e ho detto tutto. Poi passiamo vicino a Dolce e Gabbana, ma continuo a camminare, perché so già la mia meta: Gucci. Entro ed inizio a rovistare da tutte le parti. Compro di tutto e di più: da pantaloni e maglie, a cinture e cappelli. Andiamo nella Kiko e anche qui una busta mezza piena. <<Si può sapere come fai ad avere tutti questi soldi?>> Mi chiede Elia stremato. <<Sai cosa significa "carta di credito del proprio ragazzo?". Samuel me l'aveva data per comprare quello che mi serve, anche se gli avevo detto che io lavoro e che i soldi ce li ho. Gli proscougherò tutto il conto bancario!>> Stringo i pugni decisa e un sorriso si fa spazio sulle mie labbra. <<Se certo, Samuel guadagna ogni secondo un miliardo di euro: ce ne vuole per prosciugare il suo conto bancario.>> Mi ride in faccia, ma sorprendentemente mi metto a ridere anche io. Continuo la mia caccia, finchè non arriva il momento di andare via. Poso le buste nel bagagliaio e poi mi metto al mio posto. Guido per tutte le vie di Madrid, notando quanto diamine sia bella e quanto queste persone siano solari e chiacchierone. Dopo aver passato tutto il pomeriggio fuori e mangiato a pranzo in una tavola calda, ritorniamo a casa, ma non l'avessi mai fatto. Appena entro dentro trovo la casa tutta sotto sopra: vasi spaccati a terra, poltrone ribaltate, lampade rotte e buttate a terra, i soprammobili sparsi per tutta casa e un buco nel muro con del sangue secco inciso in esso. Mi giro da tutte le parti spaesata, mentre Elia si mette subito a cercare Samuel, credendo che sia stato lui. Mi giro verso le scale e vedo Veronica ancora scioccata con la bambina in braccio, ma cerca di farle vedere dietro di lei, facendola stare "in piedi". Cameron è nello stesso stato, ma quando vede Elia correre verso l'ufficio lo ferma. <<Non andare! È troppo arrabbiato. Non so cosa sia successo esattamente, ma ho intravisto un messaggio che diceva "Salvador è morto.">> Di colpo il mondo mi crolla addosso. Cado a terra con le ginocchia, ma non sento nemmeno la botta, per il troppo dolore che porto dentro. Elia si avvicina a me e mi appoggia una mano sulla spalla, ma io non lo sento. Una lacrima, una sola lacrima, solca sul mio viso, nient'altro. Una parola, un gesto, niente, solo un grande dolore nel petto e un buco nel cuore. Dopo circa cinque minuti mi alzo. Gli altri cercano di scorgere in me un qualche sentimento, ma niente, i miei occhi sono completamente vuoti.

"Ha bisogno di me. Lui, in questo momento, ha bisogno di me. Devo essere forte per entrambi." Cammino verso le scale, non dando retta a nessuno. <<Ella non-...>> Cameron cerca di fermarmi, ma Veronica lo interrompe. Mi trovo qualche secondo dopo di fronte alla porta dello studio di Samuel. Sento rumori su rumori: cose che si rompono, grida di frustrazione, dolore...tanto dolore. Quel buco nero si allarga sempre di più. Apro lentamente la porta e scorgo Samuel togliersi la maglia arrabbiato. Si gira di profilo e vedo tante lacrime rigargli il viso.

"Solo una volta l'ho visto piangere veramente: quando scappai." Apro definitivamente la porta, ma lui non si gira. <<Esci.>> Mi dice freddo e in modo duro. Una pugnalata mi arriva dritta al cuore, ma non mi faccio abbattere per così poco, perché so che è il dolore che lo fa parlare così. Lui mi vuole vicina e vuole sfogarsi, lo so per certo. Appoggio le mani sulla sua schiena scoperta. Ci poso sopra un bacio e sembra che lui si sciolga sotto il mio cauto tocco. <<Ella, per favore, esci.>> Insiste, ma insisto pure io. <<Non ci penso nemmeno. Hai bisogno di me e io di certo non ti lascio combattere il dolore da solo. Anche a me fa male, ma mai quanto te.>> Si gira nella mia direzione, piantando quei sue due cristalli nei miei occhi color nocciola. <<Ella, non ho bisogno di nessuno. Esci.>> Non si arrende, ma in fondo lo capisco. I suoi occhi sono vuoti e il buio giace dentro essi, la cosa non mi piace per niente. Il suo tono indifferente e freddo mi fa capire quanto invece vorrebbe ammettere il contrario. <<Ormai ti conosco come il palmo della mia mano e so che vorresti dire il contrario, ma non riesci ad ammettere che in questo momento vuoi che io ti stia vicino.>> Intravedo una scintilla in quel mare agitato e capisco che il mio discorso funziona. <<Amore mio...>> Appoggio delicatamente le mie mani sulle sue guancia e sembra che lui gradisca il mio tocco, visto che non mi allontana. <<Io sono qui e scommetto che anche lui lo è. Io posso aiutarti, dammi solo la possibilità di farlo. Ti posso dare tutto l'amore che ti occorre o anche il triplo, ma lascia che io ti stia vicino, che tutti noi ti stiamo vicino. Oltre a Salvador, ci sono tante altre persone lì fuori che ti vogliono bene. Si vede che era il suo momento, ma tu te lo sei goduto ed è questo che importa. È inutile che mi allontani, perché sarà proprio questo ad ancorarmi di più a te. È inutile che cerchi di nascondermi le tue emozioni, perchè con me non ci riesci. So a cosa pensi: vorresti spaccare ancora di più la casa, vorresti ammazzare tutti, vorresti fare l'impossibile solo per dargli l'ultimo saluto, ma non c'è bisogno di fare nulla di ciò. Lui è sempre vicino a te e molto probabilmente ci sta guardando proprio in questo momento, ma ora stammi a sentire bene. Tu sei forte, anche troppo certe volte, quindi puoi farcela. Puoi superare anche questo dolore, okay?>> Non mi parla, non mi risponde, ma piange e trema. Trema come una foglia contro il vento, ma resiste e si stringe al suo ramo, perché lui deve affrontare la tempesta e vincerà. Mi tira a se e mi abbraccia forte, così forte che riesce a farmi sentire tutto il suo dolore che io cerco di assorbire, per alleviare il suo. Io sono abituata ai dolori morali, quindi meglio che soffro io che lui. <<Grazie.>> Singhiozza sulla mia spalla e piange a fiumi. Mi stacco da lui e lo bacio sulle morbide labbra. <<Allora...ti farai aiutare?>> Gli sorrido e lui annuisce. Mi attira di nuovo a lui e mi stringe forte, quasi mi spezza le ossa, ma preferisco rompermi le ossa e aggiustare la sua anima.

Probabilmente questo capitolo è l'ultimo (Non della storia) di questo mese, perché ho gli esami di terza media e mi devo concentrare, ma per sapere se probabilmente ci sarà un aggiornamento andate sul mio profilo Instagram.

Sei semplicemente miaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora