Capitolo 12

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Esco dagli spogliatoi con l'asciugamano, ma non solo, anche con l'intimo.

"Non mi fido di lui, già il suo sguardo malizioso mi fa capire tutto." Vado verso il lettino e mi ci stendo sopra. Samuel abbassa un po' l'asciugamano rendendosi conto solo dopo che ho il reggiseno. Senza pensarci su, lo sbottona e inizia a massaggiare la mia schiena. Al suo tocco subito mi rilasso godendomi a pieno ogni suo spostamento sulla mia pelle. <<Comunque...questi lettini sono troppo alti, non so quanto siano a-alte...>> Per un momento mi fermo proprio quando Samuel raggiunge il mio punto debole: la vita. <<Dicevo...non so quanto siano alte queste massaggiatrici, ma comunque devono essere proprio delle giraffe.>> Ride al mio commento apertamente sfrontato, provocando anche me una leggera risata. Passa la maggior parte le mani sulla mia vita, provocandomi sempre più brividi sulla schiena. <<La smetti?>> Gli chiedo finalmente, alzando di poco la testa. <<A fare cosa? Io sto solo massaggiando e massaggiando e massaggiando e massa...>> Lo fermo per il tormento che mi stava dando, continuando al posto suo. <<Non fa niente. Mi abbottoni per favore il reggiseno?>> Gli chiedo gentilmente e lui fa come gli dico. Mi copro con l'asciugamano e vado di nuovo negli spogliatoi. <<Ella...metti un costume che sta lì sopra.>> Mi indica uno scaffale dove ci sono parecchi costumi da donna. Annuisco e poi gli chiudo la porta in faccia. Dopo essermi cambiata e messo un costume su cui non ci fosse alcun nome e che odorasse di nuovo, esco dal bagno e vado verso Samuel. <<E ora?>> Senza dire niente e senza nemmeno guardarmi, mi prende per mano e mi porta verso la grossa vasca con l'acqua calda. Mi mette davanti a lui, circondandomi la vita con le mani. <<Sei pronta a rilassarti?>> Ci guardiamo negli occhi costantemente. Abbasso lo sguardo, notando che ha un costume azzurro poco più sopra il ginocchio, mentre io un semplice costume bianco perla. <<Mi stavo rilassando già prima veramente.>> Mi mordo il labbro inferiore per cercare di stare zitta.

"Perché parlo sempre?!" Mi maledico mentalmente, mentre Samuel mi accarezza dolcemente un fianco. <<Già...anche io.>> Mi sussurra all'orecchio, provocandomi brividi per tutto il corpo. Mi trascina in quella che sembra una piscina gigante per bambini, visto che è bassa, portandomi verso il centro. Al centro l'acqua è più alta, infatti a lui arriva alla vita, invece a me arriva un po' più sotto del seno.

"Quanto sono bassa rispetto a lui. Eppure sono alta 1,75!" Mi tiene stretta a lui, non togliendomi nemmeno per un istante gli occhi di dosso. Sembra quasi che sia attratto da una forza magnetica e stessa cosa io. Una forza molto strana mi impone di guardarlo negli occhi. Nei suoi occhi azzurri, ma ha qualcosa di diverso. La prima volta che lo vidi, quegli occhi così belli erano spenti, come se annebbiati da qualcosa, invece ora...ora sembra di stare a guardare due lampadine azzurre. <<Samuel...>> Lo richiamo, anche se ci stiamo ancora fissando, poiché sembra che anche lui era immerso nei suoi pensieri. <<Dimmi.>> Mi dice semplicemente. Effettivamente non so cosa dirgli. Non so perché io lo abbia chiamato. Non so niente, so solo che l'ho fatto per un motivo a me sconosciuto. <<Io...io...>> Di colpo mi viene in mente la sua domanda: "perché sei cambiata?" <<Io voglio raccontarti del perché sono cambiata...ma in cambio voglio sapere il perché tu abbia incominciato a fare tutto questo.>> Annuisce senza dire niente. <<Sono passati anni ormai. Quest'anno saranno 6 anni che mi separano dall'accaduto. Il giorno più brutto della mia vita e sarà così tutti gli anni: il 7 Maggio. Precisamente il giorno del mio compleanno. Mancano solo 2 mesi per quel fottutissimo giorno. Quel giorno i miei genitori non c'erano a casa. Dovevo compiere 17 anni. Elia se n'era già andato da 2 anni ormai e la sua mancanza acheggiavva dentro di me. Il mio compleanno senza di lui non era un compleanno. Come da nostra tradizione per i nostri compleanni dovevamo metterci a testa in giù e soffiare insieme sulle candeline.>> Faccio una piccola risatina per il dolce ricordo. <<Ma da quando se ne andò, tutto è cambiato nella nostra famiglia. Devo dire la verità...ho mentito ad Elia il giorno della sparatoria in Italia. Gli avevo detto che avevo perso i contatti con loro da un anno, quando invece sono 6. Gli ho detto che loro ci pensano ancora, quando invece ci discriminano.>> Alcune lacrime rigano il mio viso. Abbasso subito lo sguardo, ma Samuel lo rialza, asciugando con i suoi pollici le mie guancia bagnate. <<Il giorno del mio compleanno ero sola a casa e aspettavo con ansia l'arrivo della mia famiglia, ma soprattutto...dei miei nonni, anzi si può dire, SOLO l'arrivo dei miei nonni. All'ora i miei nonni americani che ora vivono di nuovo in America insieme ai miei nonni italiani, vivevano in Italia insieme a noi. Quando i miei genitori rientrarono in casa iniziarono ad urlare contro i miei nonni e con loro, anche i miei zii. Parlavano di Elia. Dicevano che non lo volevano più in famiglia. I miei nonni continuavano a ribadire che è pur sempre loro nipote e anche se il resto della famiglia non lo accettava loro 4 invece si. Un mio zio andò contro mio nonno, nonché meno suo padre a continuare a gridargli contro. A mio nonno stava quasi per venire un infarto talmente da quanto gli facevano male le parole di quell'essere spregevole. Non ho mai provato simpatia per i miei zii paterni, non so perché, ma è sempre stato così anche per Elia. Quando ho visto mio nonno quasi a terra, mi sono subito messa in mezzo. Gridavo contro mio zio di lascar stare il nonno, ma lui in tutta risposta mi diete uno schiaffo così forte che mi fece cadere a terra. I miei genitori videro tutto, ma non pensarono minimamente di venirmi in contro, anzi mi urlarono. Senza arrendermi presi di nuovo coraggio e andai addosso a mio zio. Mia zia, cioè la moglie di questo mio zio cercava di togliermi dalla sua schiena, ma in tutta risposta le diedi un calcio in bocca. Mio zio perse l'equilibrio e cadde a terra con la faccia. Aiutai mio nonno a rialzarsi, ma a prendermi e a picchiarmi ci pensarono i miei genitori. I miei nonni cercarono in tutti i modi di togliermeli di dosso, ma niente. Mi conciarono per le feste, cacciandomi anche fuori di casa. Andai nel retro della casa, presi la scala e la misi sotto al mio balcone. Al tempo con i miei genitori vivevo in una casa a due piani ed io ero al secondo piano. Andai in camera, presi la valigia che avevo sotto al letto, ci ficcai tutto quello che avevo al suo interno e poi presi un'altra valigia più piccola e ci misi le cose che rimanevano fuori. Presi telefono, caricatore e scappai via. Avvisai i miei nonni che sarei scappata con un messaggio in codice, che solo loro possono capire. Parlavamo in una lingua creata da noi. Per non farci capire da nessuno. Infatti quando dovevamo prendere in giro qualcuno parlavamo in quel modo. Mi risposero tutti allo stesso modo. "Abbi cura di te, non mollare mai e nel dubbio noi ci siamo. Facci sapere quando ti sposi." Mi fece ridere l'ultima affermazione. In tutto quel caos avevano avuto il coraggio di dirmi di avvisarli quando mi sarei sposata. Da lì cambiai carattere. Negli anni successivi imparai a cavarmela da sola. Avevo preso un lavoro part time e campato con il sudore della mia fronte. Sono riuscita a pagare i miei studi e l'affitto. Ho cambiato casa un sacco di volte, rimanendo sempre nella parte meridionale. In qualche modo volevo essere vicina ai miei nonni. Ecco perché sono cambiata. Ero dolce, affettuosa e mi importava anche della persona che odiavo, invece adesso è tutto il contrario. Non mi importa degli altri, apparte per chi tengo, non sono dolce con nessuno, apparte quando voglio. Io e il soggetto affettuosa siamo così distanti certe volte che sembra non lo abbia mai provato.>> Sorrido per un secondo solo per i miei nonni, che non mi hanno mai abbandonata e che mi hanno sempre spronata a dare il meglio di me stessa. <<Sai una cosa?...>> Alzo lo sguardo verso Samuel. <<Credo che non mi sposerò mai. Non ho mai trovato qualcuno che fosse compatibile con me o qualcosa del genere. Mai nessuno mi ha fatta sentire più viva. Sono stata in passato con tanti ragazzi. Avevo una fila che non finiva mai e certe volte mi chiedevo se era perché mi avevano presa per il cesso.>> Mi metto a ridere, contagiando leggermente anche lui. <<La mia verginità se ne andò una sera con un ragazzo che era bello come il sole, ma che non mi fece provare nulla. Non mi faceva sentire...meglio.>> Samuel stringe i pugni, tenendoli appoggiati sui miei fianchi. <<Che c'è? Geloso che lo abbia fatto con altri?>> Faccio una piccola risatina, godendomi a pieno la sua reazione. <<Già...e anche troppo.>> Sospira guardando altrove, senza mai guardare me. <<Ora tocca a te.>> Mi allontano da lui, mettendomi seduta in un angolo. <<Va bene.>> Dice, mettendosi di fianco a me. <<Tutto iniziò almeno 10 anni fa. Avevo 14 anni quando incominciai questa organizzazione.>> Spalanco gli occhi per le sue parole. <<Era una piccolissima organizzazione, fondata su ragazzini che per guadagnare un po' di denaro rubavano droga ad altri andando a rivenderla da un'altra parte, ricavando bei gruzzoletti. Le cose andavano alla perfezione, finché non lo vennero a sapere i miei genitori. All'ora camminavo già con una pistola nei pantaloni, casomai mi accadesse qualcosa. Da quando i miei genitori lo seppero cercarono in qualsiasi modo di farmi ragionare e di farmi capire che quello che facevo era sbagliato. Si chiedevano sempre cosa avevano sbagliato con me, avevano tante di quelle domande che ad alcune di queste neanche io so rispondere.  La cosa che si sono sempre chiesti e che non hanno mai avuto la risposta è il perché io abbia incominciato. Ho cominciato quando venni a sapere che i miei stavano per perdere casa. Ero povero prima, molto povero. Vivevo una vita da strada insomma. Avevo la mia comitiva di amici, giravamo a zonzo per le strade, non rendendoci conto che le nostre famiglie facevano sacrifici. Un giorno vidi attaccato alla porta di casa un documento che diceva che la casa sarebbe stata ritirata se non pagavamo l'affitto. Da all'ora incominciai tutto, sapendo che anche i miei amici avevano avuto la stessa notizia. Io sono nato in Spagna e vissuto per 3 anni, ma poi mi trasferii in Brasile a Rio. Si sa che Rio non è una delle città con più economia, anzi. Da Rio incominciai, pagai l'affitto e poi dopo 2 anni ci trasferimmo di nuovo in Spagna. Incominciai una nuova vita, nuova scuola, nuovi amici e stesso lavoro. Ho continuato anche qui il mio lavoro, fino a diventare una cosa pazzesca. Quando compii 18 anni avevo già imparato parecchie lingue grazie alle lezioni private che presi di nascosto. Iniziai a viaggiare e ad espandermi in silenzio, senza che nessun'altra organizzazione se ne accorgesse. Tuo fratello arrivò nella mia organizzazione quando avevamo entrambi 19 anni. Stiamo da anni ormai insieme ed è grazie a lui se ora sono qui. Se non fosse stato per lui non avrei conosciuto altre persone in gamba come lui. I miei genitori hanno voluto perdere i contatti con me, ma so che mi vogliono ancora bene. Gli unici con cui mi sento ancora sono i miei nonni. I nonni non ti abbandonano mai. Anche se sei un pezzente per loro sei sempre il loro nipotino da dare €50 solo per il gelato, anche se è inverno.>> Rido per la verità appena detta. In effetti è vero. <<Ed ecco come e perché è nato tutto questo.>> Sospira e chiude per un momento gli occhi. Spontaneamente prendo il suo braccio e lo avvolgo con le mie braccia, stringendolo a me. Appoggio la testa su di esso e chiudo gli occhi. <<È bello sfogarsi.>> Dice sorridendo verso di me. Annuisco, tenendo la testa sulla sua spalla. <<È bello vederti anche in costume.>> Alzo di scatto la testa. Samuel fischietta mentre si guarda in torno come se non fosse successo mai niente. <<STUPIDO! Sai rovinare anche i momenti migliori con i tuoi stupidi commenti!>> Sbuffo, staccandomi da lui. Mi imbroncio e unisco le braccia al petto guardando davanti a me. D'un tratto Samuel si trova davanti a me, reggendosi con le braccia al bordo della vasca. <<Quindi per te questo è stato un momento bello?>> Il suo tono provocatorio mi fa arrossire e la sua troppa vicinanza mi fa agitare. Cerco di sfuggire dalla sua trappola, ma lui mi prende e mi tiene a se. <<Lasciami! Maniaco!>> Scoppia a ridere mentre io cerco di staccarmi dalle sue braccia. <<Sono come le sabbie mobili, più ti agiti e io più non ti lascio andare.>> Mi sussurra piano all'orecchio, provocandomi tanti brividi. Appoggia la schiena alla vasca e mette me tra le sue gambe. Le sue braccia circondano la mia vita tenendomi stretta a lui. Arrendendomi ormai alla sua volontà, appoggio le mie mani sulle sue e la testa sul suo petto. <<Sai...Non credevo che nessuna potesse farmi quello che mi fai tu...>> Percorre con il naso la linea dal lobo dell'orecchio, fino alla spalla. <<In che senso?>> Chiedo curiosa. Corrugo la fronte e stringo le mani. <<Non capisci?>> Mi chiede sorpreso, continuando a fare su e giù con il naso sul mio collo. Nego con la testa. <<Non sono MAI, e dico MAI, stato geloso in vita mia.>> Rimango spiazzata dalla sua rivelazione. Mi volto verso di lui, guardandolo negli occhi. <<Questo lo dici a tutte vero?>> Non ho nessuna risposta, tranne per il fatto di che lui mi accarezza i fianchi costantemente. Non so perché, ma ho come l'impressione di essere di punto in bianco triste che lui non mi abbia risposto. Mi alzo dalle sue braccia ed esco fuori. <<No.>> Dice ad un certo punto. Mi giro nella sua direzione confusa, non sapendo di cosa parla. Esce dalla grande vasca anche lui, avvicinandosi a me. <<Non lo dico a tutte.>> Mi sorride, mi da un bacio sulla testa e poi va a cambiarsi. Come per magia un sorriso si fa spazio sulla mia faccia, migliorandomi la giornata. Vado a cambiarmi anche io e dopo essermi asciugata il corpo mi rivesto.

"Fortuna che non mi sono bagnata i capelli altrimenti avrei dovuto asciugarli ed io non ho voglia." Esco dagli spogliatoi femminili, raggiungendo Samuel che mi aspetta all'uscita della porta in vetro. Mettiamo gli asciugamani nel cesto vicino allo scaffale a sinistra e poi usciamo.

"Che bel pomeriggio!"

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