CAPITOLO 6

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Maddie

Le settimane scorrono veloci e devo ammettere che continuo a sentirmi sempre più a mio agio in questo quartiere: i ragazzi che vivono nella mia palazzina sono simpatici, ho avuto modo di conoscerne qualcuno e due di loro frequentano il mio stesso college: si tratta di una ragazza molto gentile ed il suo fidanzato, convivono nello stesso appartamento due piani sotto di me. Poi c'è Ethan, un ragazzo più grande che lavora qui vicino nell'officina di suo padre, fa il meccanico e mi sono detta che se mai dovessi avere dei problemi con l'auto in futuro, saprò da chi andare. E' un tipo a posto, un po' timido forse ma molto simpatico e disponibile. Ho avuto modo di incontrare anche Mason, il suo fratellastro che vive nell'appartamento di fianco al mio: è un tipo un po' strano e a dire la verità, il suo sguardo mi mette un po' di soggezione: sembra sempre arrabbiato con quel cipiglio perenne e dopo tre volte che l'ho incrociato nelle scale, non mi ha nemmeno rivolto un accenno di sorriso. Insomma, non ti chiedo di farmi la festa, ma almeno un ciao, un cenno del capo, qualsiasi cosa. Le persone maleducate proprio non le sopporto e salutare è gratis... fino a prova contraria.

Ad ogni modo, loro sono gli unici che ho conosciuto fino ad ora, questo significa che rimangono ancora due appartamenti di cui scoprirne i proprietari, anche se da questi non ho ancora avvertito alcun rumore provenire dall'interno: magari non ci vive nessuno. Voglio dire, non sono una di quelle persone che ha bisogno di conoscere tutti e fare amicizia con chiunque, non ne sono proprio il tipo, ma adesso vivo anche io in questa palazzina e ci tengo a sapere quali sono le persone che mi stanno intorno.

Appoggio i libri sul tavolo, decidendo di dedicare un po' di tempo allo studio: gli esami si avvicinano ed io voglio rimanere in pari con il programma in modo da non trovarmi sovraccaricata di pagine da studiare. E' una buona tattica e di solito funziona... dicono.

Dopo trenta minuti passati a risolvere esercizi di matematica, ne ho abbastanza, quindi chiudo il libro accomodandomi sul divano e prendo un romanzo dallo scaffale della libreria: amo leggere, preferisco di gran lunga un buon libro ad un film in televisione, anche se non nascondo che qualche volta mi piace anche rilassarmi guardando una bella serie tv su Netflix. Ho scoperto che anche Juliet condivide la mia stessa passione, per questo ci siamo dette di scambiarci le storie che ci piacciono di più.

Mi accomodo sul divano ma non faccio nemmeno in tempo ad aprire il libro che il mio telefono suona, avvisandomi dell'arrivo di un messaggio. Lo apro, dubbiosa su chi possa essere a quest'ora.

- É tutta colpa tua, prima o poi avrai quello che ti meriti.
Sconosciuto.

Aggrotto le sopracciglia: chi può averlo scritto? Dopo alcuni minuti trascorsi a fantasticare sull'ipotetico mittente di quel messaggio, decido di lasciare perdere dedicandomi di nuovo alla mia lettura: se chiunque avesse qualcosa da dirmi, che lo faccia di persona senza nascondersi dietro ad uno stupido telefono e comunque c'è sempre la possibilità che abbiano sbagliato numero.

Mi convinco di questo ultimo pensiero riportando tutta la mia attenzione sui personaggi del mio romanzo, e, quando arrivo quasi a metà della storia, mi addormento sul divano senza neanche accorgermene.

La sveglia suona puntuale come tutte le mattine e con uno scatto improvviso, spalanco gli occhi, accorgendomi di non essere riuscita neanche a raggiungere il letto la notte scorsa. Mi alzo controvoglia dirigendomi verso il bagno e dopo aver fatto una doccia veloce, mi cambio al volo ed esco di casa.

"Se cerchi i tuoi amici sfigati li trovi laggiù" mi dice una voce che ormai ho imparato riconoscere.

"Grazie, ce li ho gli occhi" rispondo gentilmente ad Emily.

Come al solito è in compagnia delle sue amiche e con loro ci sono anche Cole e quei bisonti di Grayson, Cameron e Jace. Sto iniziando a nutrire una certa ostilità nei loro confronti e il modo in cui si atteggiano mi fa ribollire il sangue nelle vene. Ma chi si credono di essere? Ti squadrano sempre dall'alto al basso con quell'aria da stronzi che ormai è diventata la loro firma ed ogni volta che Cole mi guarda mi si scatena una guerra nello stomaco che non riesco a spiegarmi.

Sicuramente è odio innato.

Non lo sopporto... e pensare che non ci siamo ancora neppure rivolti la parola.

"Ehi polpettina!" sento finalmente la sua voce, ma al pronunciare di quelle parole, il mio cuore rallenta, fino a smettere completamente di battere.

Come mi ha chiamato?

Devo essermelo immagina, non può averlo detto sul serio. Mi giro con una lentezza disarmante e sono sicura di avere gli occhi lucidi in questo momento, con le lacrime che premono già per uscire. Lo guardo incredula e non appena lui si accorge della mia espressione si incupisce, rivolgendomi un'espressione interrogativa. Lo capisco, cosa ha detto di male infondo?

"Ehi non te la prendere troppo, ci farai l'abitudine... loro sono così" mi spiega ovvio riferendosi alle sue amiche.

Sono ancora ferma al soprannome che ha usato poco fa, non riesco ad aprire bocca per dare voce a qualcosa che abbia un senso e per evitare di fare la figura della stupida, quindi annuisco debolmente e mi allontano a passo spedito.

Polpettina. Scuoto la testa e cerco in tutti i modi di scacciare quel pensiero. Mi impongo di farlo prima di arrivare dai miei amici, tentando di riacquisire un'espressione normale.

"Ciao Mad!" mi saluta felice Juliet quando li raggiungo.

"Ehi ragazzi, come va?" chiedo in generale ad entrambi.

"Non ci lamentiamo..." mi risponde Jason, "Tu stai bene? Hai una faccia stamattina..." continua dubbioso.

"Si certo, mi sono solo svegliata male, niente di importante" li rassicuro subito.

Prima di entrare nell'edificio, avverto uno strano formicolio solleticarmi la nuca e sento gli occhi di Cole perforarmi da parte a parte. Non so per quale motivo, lo sento e basta, e ne ho la conferma quando mi volto per accertarmene: le sue iridi dorate sbattono contro le mie ed ho come la sensazione che stiano cercando delle risposte alla mia reazione di prima.

E' strano il modo in cui mi fa sentire, è una sensazione che non ho mai provato e forse questo un po' mi spaventa. Ripeto a me stessa di non pensarci: se farò finta che non esiste, non potrà avere alcun tipo di effetto su di me. Ma il soprannome con il quale mi ha chiamato mi rimbomba ancora nella testa in un modo così assordante che sono costretta a rinchiudermi in bagno per fare dei lunghi respiri.

Ho bisogno di qualche minuto di silenzio, poi potrò tornare dai miei amici facendo finta che non sia successo niente.

RACE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora