MADDIE
Il viaggio di andata verso Danvers è stato infinito, mi sembrava di non arrivare mai. Continuavo a guardare fuori dal finestrino e durante il tragitto non ho fatto altro che ripensare a quella che è stata la mia vita in questi ultimi mesi. Juliet si è offerta di nuovo di accompagnarmi ma non me la sono proprio sentita di accettare: dopo come è finita l'ultima volta, preferisco non coinvolgerla. Jason continua a comportarsi in modo strano e non ne abbiamo ancora capito il motivo, di solito ci parla di tutto e non capisco proprio perché questa volta sia così diverso. La situazione con Cole beh, non c'è nemmeno bisogno di descriverla. Sono una stupida, una stupida che non riesce mai a fare la cosa giusta e che finisce sempre con il fare soffrire le persone intorno a lei. Ecco cosa faccio, non sono affatto una bella persona: distruggo sempre tutto quello che mi sta a cuore, e questa storia deve finire. Non lo farò anche con Cole: non rovinerò anche la sua vita.
Quando finalmente arrivo a destinazione, dopo avere abbracciato ed aggiornato i miei nonni sul mio stato di salute, che consiste sostanzialmente nella certezza che io metta abbastanza cibo in pancia e che non sia dimagrita troppo, corro al piano di sopra a farmi una doccia: ne ho proprio bisogno. La nonna per cena mette in tavola tante cose deliziose e dopo essermi scambiata un'occhiata con il nonno, scoppio a ridere.
"Deve arrivare qualcun altro per caso?" domando.
"Oh piantala, sei diventata pelle e ossa, sei sicura di mangiare a sufficienza?" mi domanda ancora per la milionesima volta in un'ora.
"Nonna te l'ho già spiegato, certo che mangio! Solo non come quando ero qui" ammetto.
"Che diamine bambina, ti ho insegnato a cucinare!" continua lei.
"Si nonna, ma vivo da sola ora e spesso non ho molta voglia di spendere troppo tempo per preparare qualcosa soltanto per me. Però ho finito le scorte che mi ha lasciato, dimostrazione che le ho mangiate tutte, quindi se vuoi prepararne altre sarò felice di portarle via al mio ritorno" dico, so che questo la farà felice.
E' vero, la nonna mi ha insegnato come cucinare tantissime cose, solo che il modo in cui lo fa lei che, non fraintendetemi, è davvero squisito, richiede ore di preparazione. Con lo studio e gli altri impegni non riesco a ritagliarmi tutto quel tempo soltanto per cucinare e se devo essere sincera, non ne ho nemmeno voglia. Quindi spesso mi ritrovo a consumare pasti che si cucinano in poco tempo e, qualche volta, cibo d'asporto per risparmiare ogni tipo di fatica. Lo so, non è quello che mi ha insegnato lei e probabilmente le verrebbero i brividi se mi vedesse mangiare quelle cose ma cosa ci posso fare se ho un ristorante cinese ad un passo da casa e sempre poco lontano si trova un buonissimo diner con degli hamburger strepitosi?
La nonna sorride, parzialmente soddisfatta della mia risposta e dopo qualche altra lamentela nel quale mi ribadisce che secondo lei sono troppo magra e che devo mettere su peso, mi lascia finalmente mangiare il mio piatto di lasagne in pace.
"Il college come va cara?" mi domanda il nonno cambiando discorso.
"Molto bene! Se continuo così potrei riuscire a vincere la borsa di studio per il prossimo anno!" dico loro contenta.
"Oh bambina, siamo estremamente orgogliosi di te" commenta lui osservandomi con uno sguardo che conferma le sue parole.
So che a loro non mancano i mezzi economici per pagarmi gli studi, come so che potermi garantire un'istruzione è una cosa che li rende molto felici. Però riconosco anche che il college richiede ogni anno tantissimi soldi e se posso riuscire in qualsiasi modo a sollevarli da questo peso, lo faccio volentieri. Per ora i miei voti sono alti ed il professor Williams ha detto che se continuo così ci sono buone probabilità di potere avere la borsa di studio.
"Sei pronta per domani tesoro?" mi chiede ancora il nonno riferendosi all'incontro con mia madre.
Sono pronta? A dire il vero non ne sono sicura.
"Non lo so" ammetto.
"Noi saremo con te Madelaine, e ricordati che se non te la senti nessuno ti biasimerà per questo. Se hai cambiato idea per qualunque ragione, noi lo capiremo" continua la nonna e le sono davvero grata per le sue parole.
Annuisco, capisco quello che vuole dirmi e so che è sincera, ma devo farlo, sento che è così.
Quando arriva l'ora di andare a dormire e mi sistemo sotto le coperte qualcosa non mi permette di addormentarmi. Ripenso a quello che mi ha detto Cole e al modo in cui mi guardava quando mi diceva quelle parole. L'ho allontanato, l'ho respinto senza un apparente motivo e mi sento terribilmente in colpa per questo. È da quella sera che non ci parliamo e mi manca. Le sue provocazioni, il suo modo di guardarmi, i suoi baci, persino la sua dannata voce fastidiosa mi manca. Si, perché anche se non gliel'ho detto e forse mai lo farò, anch'io voglio stare con lui.
E' proprio per questo che devo stargli lontana, non posso coinvolgerlo nella mia vita, cosa direbbe se venisse a sapere quello che è successo quella notte? Cosa penserebbe se venisse a sapere che ho ucciso un uomo? Non mi guarderebbe più nello stesso modo e sono certa che non vorrebbe rivedermi mai più. Quello che ho fatto è terribile, e questo è un dato di fatto.
Quando i miei nonni a quattordici anni mi hanno portato dallo psicologo, sono stata definita come ragazza problematica. George ed Elisabeth sostenevano che secondo loro facevo difficoltà ad accettare la nuova situazione, che dopo pochi anni in cui papà era morto e la mamma era stata rinchiusa in quel centro, non mostravo segni di accettazione o di miglioramento nell'affrontare tutto quello che era successo. Così mi portarono dal dottor Patrick, un uomo sulla sessantina molto gentile ed educato. All'inizio mi trasmetteva sicurezza, pace, insomma... sentivo che mi faceva bene parlare con lui. Dopo qualche seduta avevo sentito i nonni leggere la diagnosi che aveva rilasciato sul mio caso, ovviamente conteneva soltanto le informazioni mediche perché per il resto valeva il segreto professionale, credo. E comunque non mi importava: non avevo detto niente che loro non conoscessero già.
Li sentii dire "ragazza problematica", anche se non ho mai capito realmente il vero significato di quella parola e di chiederglielo non se ne parlava. Forse è davvero così: sono problematica, nel senso che ho dei problemi, degli scogli che devo superare ma che delle volte mi sembrano così alti da non vedere nemmeno la cima. Ma del resto, chi non ha problemi nella propria vita? Li abbiamo tutti, e chi dice di non averne è soltanto un'ipocrita. Chi grandi, chi piccoli ma tutti li abbiamo e non mi sembra giusto essere definita come ha fatto lo psicologo soltanto perché non ho ancora superato certe cose che mi sono capitate. Lo farò, forse, con i miei tempi.
Ragazza problematica. Beh grazie tante dottore, se gli incontri con lei sono serviti per arrivare a questa conclusione, potevo fare benissimo da sola.
Da quel giorno ho smesso di vedere il dottor Patrick.

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RACE ME
RomanceCOMPLETO Maddie Cooper: testarda, ottimista ed inguaribile sognatrice, sempre alla ricerca del lieto fine in ogni cosa. Cole Evans: uno dei ragazzi più popolari della scuola: stronzo, ovviamente. Pericoloso, inevitabilmente. Lei sogna da sempre il...