CAPITOLO 35

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MADDIE

Sono passati quattro giorni dalla festa. Non c'è che dire, quella serata è stata davvero movimentata, se così vogliamo descriverla: Grayson ha baciato Juliet e subito dopo lei lo ha colpito in pieno viso intimandogli di starle lontano. Mi è dispiaciuto perdermi la scena, avrei davvero voluto vedere l'espressione di shock e stupore nel viso di quel poveretto: dopotutto, come si dice in giro... lui è Grayson Jones.

Le parole di Cole invece mi hanno fatto entrare nel panico e non sono riuscita a reagire come in realtà avrei voluto. La verità è che lui non sa niente di me, perché sono convinta che se venisse a sapere chi sono veramente e quello che ho fatto non la penserebbe più allo stesso modo sul mio conto. Non sono una brava persona, non sono quella che crede e non sono nemmeno sicura di volere che lo sappia.

Il rumore della suoneria mi riporta bruscamente alla realtà e quando vedo un numero che non conosco sul display, non esito a rispondere.

"Pronto?"

"Signorina Madelaine Cooper?" mi domanda una voce maschile che mi sembra di conoscere.

"Sono io"

"Salve Madelaine, sono il dottor Kevin, dell'istituto in cui si trova sua madre. Avrei bisogno di parlarle se ha un minuto di tempo da dedicarmi"

"Certo mi dica pure" e quando pensi che le cose non possano andare peggio di così...

"So che non ci sentiamo da parecchio tempo ormai" soltanto un anno preciserei.

"E da come è andato l'ultimo incontro faccio un po' difficoltà a chiederle questa cosa ma è mio dovere di medico farlo. In questo anno sua madre si è sottoposta alle giuste cure, come le avranno già spiegato i suoi nonni e noi sosteniamo che abbia fatto un grosso miglioramento" questa storia non mi è nuova.

"Sono mesi che chiede di lei signorina, vorrebbe avere la possibilità di scusarsi per le parole che le ha detto nell'ultimo incontro e dopo essercene accertati, crediamo che il suo pentimento sia sincero. Tuttavia, la scelta è soltanto sua. Se deciderà di farci visita, noi la aspettiamo a braccia aperte" a questa affermazione mi passa nella mente l'immagine del dottor Kevin all'entrata del centro di cura che spalanca le braccia non appena mi vede arrivare. Visione alquanto raccapricciante, devo ammettere.

Sono combattuta sulla giusta risposta da dare, se da una parte vorrei solo interrompere la telefonata, dall'altra sono curiosa di vedere mia madre. Voglio capire se i cambiamenti di cui parla il dottore sono reali perché anche se non lo vogliono ammettere, so che sono io la prova del nove per loro, per lei. Se davanti ai medici Susan riesce a dimostrare di essere migliorata, soprattutto a livello umano, quando si tratta di me viene sempre fuori il suo vero stato d'animo. Non è un segreto: da che si è ammalata, è sempre stato così.

Io sono la colpevole di tutto, è colpa mia se papà è morto, è colpa mia se lei è diventata una tossica alcolizzata ed è sempre colpa mia se l'hanno rinchiusa in quella struttura che tanto disprezza. Sono io la causa di tutto: in questo è stata molto chiara.

"Ad una condizione" dico prima di ripensarci, non ho proprio voglia di girarci intorno. "I miei nonni entreranno con me" non voglio affrontare di nuovo tutto da sola.

"Glielo posso concedere. La aspettiamo sabato allora, buona serata Madeline." Dice prima di riattaccare.

Chiamo subito i nonni avvisandoli della chiamata del dottore e quando per fortuna acconsentono ad accompagnarmi, mi faccio una doccia ed inizio a preparare le cose per il viaggio: venerdì è dopo domani e ho deciso che partirò subito dopo le lezioni.

RACE MEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora