CAPITOLO 42

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MADDIE

Dopo essermi fatta una lunga doccia calda, incurante del fatto che ci sia Cole ad aspettarmi nell'altra stanza, esco dal box, prendo un asciugamano pulito e me lo avvolgo intorno al corpo.

Mi dirigo nel punto in cui avevo appoggiato i vestiti puliti e mi accorgo con sorpresa che sono spariti. Mi guardo intorno: magari li ho spostati da qualche parte mentre ero sovrappensiero.

Niente, non ci sono.
Poi capisco.

"Evans!" grido.

Sento dei passi avvicinarsi alla porta. "Mi hai chiamato polpettina?"

"Dimmi subito dove hai nascosto i miei vestiti!"

"Non so di cosa stai parlando, ma sono quasi sicuro di averli visti in camera tua, proprio sul letto. Vado subito a controllare" dice l'infame.

Spalanco la porta come una furia camminando a passo spedito verso la mia stanza, dove trovo lui seduto sul mio letto con un sorrisetto furbo stampato sul viso.

"Lo trovi divertente?" inveisco sollevando le mani in aria.

"Mi stai per caso incolpando di qualcosa?" mi domanda con tono fintamente offeso.

Mi immobilizzo. "Aspetta, questo significa che sei entrato in bagno mentre mi stavo facendo la doccia?" il mio tono si è alzato di qualche nota.

Non mi risponde, si limita a squadrare il mio corpo semi-bagnato da capo a piedi ed io perdo il controllo.

"Evans! Rispondi subito alla mia domanda!"

"No polpettina, la mia versione dei fatti è che i tuoi vestiti sono sempre rimasti qui. Io non li ho toccati" asserisce in tono ovvio ma la sua espressione dice altro.

"Questa me la paghi!" in un attimo sono davanti a lui e quando mi afferra l'asciugamano con l'intento di avvicinare il mio corpo al suo, sento i muscoli tendersi all'ennesima potenza. Il tessuto si allenta visibilmente e con una mano lo fermo prima che succeda l'irreparabile.

"Non vergognarti polpettina, adesso siamo amici, non ci devono essere segreti tra noi."

"Esci dalla stanza Evans" ordino.

"Solo se smetti di chiamarmi Evans"

"Okay, Cole, esci dalla mia stanza, adesso. Così va meglio?"

"Mh, non saprei..." osserva portandosi una mano sul mento.

"Sentiamo allora, come dovrei chiamarti?"

"Non so, fagiolino? No aspetta, fammi pensare."

"Fagiolino" la mia espressione contrariata parla da sé.

"Perché no?"

"Suona decisamente troppo smielato: non chiamerei con quel nome nemmeno un mio ipotetico fidanzato." Proclamo convinta.

"E come lo chiameresti? Il tuo ipotetico fidanzato intendo" specifica mentre non stacca le mani dai miei fianchi. Il mio corpo inizia a tremare e non sono sicura che sia per il freddo, la sua vicinanza mi fa un effetto strano ed ho davvero bisogno che esca dalla camera per poter riprendere possesso delle mie facoltà mentali.

"Amore forse, oppure semplicemente per nome" dico sbrigativa.

"Quanto sei banale"

"Sempre meglio che fagiolino! Ma ti senti? Comunque non sono affari tuoi, quindi esci" adesso il modo in cui mi guarda mi fa venire i brividi.

Si alza in piedi in tutta la sua imponenza, fa un passo di lato ed infine lascia la stanza consentendomi di nuovo di respirare.

Mi vesto lentamente con gesti meccanici e ripenso a quello che ci siamo appena detti. Sappiamo entrambi che la nostra non è soltanto amicizia, ogni volta che ci troviamo nella stessa stanza l'aria diventa elettrica ed il mio corpo sente costantemente l'esigenza di stargli vicino. Così è più facile però, nessuno si fa male, siamo solo due amici che si frequentano. Quando torno in salotto lo trovo sdraiato sul divano con la televisione accesa.

"Film?" mi domanda soltanto e la sua voce mi sembra diversa.

Annuisco accomodandomi al suo fianco e dopo aver mangiato una pizza che abbiamo ordinato d'asporto, ci addormentiamo senza nemmeno rendercene conto.

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