Capitolo XIV

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I HATE EVERYBODY - Halsey

20 Settembre 1973

James inalò più aria possibile mentre entrava per la seconda volta della sua vita nel campo di Quidditch; Remus, Sirius e Peter accanto a lui nonostante fosse il giorno dopo la luna piena.
L'odore dell'erba appena tagliata si mescolò all'odore acre lasciato dal sudore post-selezioni dei Corvonero che gli passarono vicini diretti alle docce, fecero un sorrisetto saccente che voleva significare "abbiamo la squadra migliore di Hogwarts" e James non poté replicare a quella assoluta verità.

James starnutì come faceva ogni volta che era nervoso, poi starnutì di nuovo.

Era una bella giornata di sole, con tutte le piante di un verde brillante e il cielo svuotato dalle nuvole, ma James non prestò molta attenzione a questi particolari mentre si avviava verso il piccolo gruppo di Grifondoro al centro del campo, ragazzini vestiti di oro e rosso.

Qualcuno iniziò a salutarlo senza nemmeno conoscerlo e lui rispose con un bel sorriso che fece sciogliere più di una persona, il nome dei malandrini come sempre veniva riconosciuto e idolatrato. James questo lo amava. Crogiolarsi nell'ammirazione cieca di uno sconosciuto, non era forse questa la felicità? Quel giovane Potter senza il peso delle responsabilità e della guerra, della morte e il terrore avrebbe risposto di sì. In fondo piacere agli altri non è la cosa migliore al mondo?

«Stai entrando in iperventilazione.» constatò Remus con tutta la calma del mondo. James lo guardò stranito, come se avesse sviluppato improvvisamente un terzo occhio. Io? James Potter è troppo figo per entrare in iperventilazione! Pensò mentre il respiro si faceva ancora più veloce.

«No, non è vero!» ribatté James infantilmente mentre risucchiava più aria di un dissennatore. Remus alzò un sopracciglio.

«Be' puoi smetterla?» Sbottò Remus dopo un po' beccandosi un'occhiataccia dal povero ragazzo «Posso letteralmente sentire ogni tuo battito per colpa della luna, è frustrante

«È frustrante? Io sono frustrato!» rispose James drammatico facendo ridacchiare Peter. Remus chiuse gli occhi tremando all'idea di sentire la risata tanto canina quanto contagiosa di Sirius, i suoni rimbombavano nel suo cervello come tamburi: poteva sentire cosa si stessero dicendo due stupide ragazzine sedute sugli spalti e la digestione dello stomaco di Peter, tutto contornato dall'odoraccio proveniente da chi cercava di entrare nella squadra, l'odore dell'ansia. Quando il suo cervello non esplose per le risate sguaiate di Sirius, Remus si accorse che era rimasto in silenzio. Il ragazzo camminava come uno zombie pronto a stramazzare al suolo, gli occhi erano come pietre bianche in confronto alle brutte occhiaie e, per la prima volta nella sua vita, aveva i capelli scompigliati.

«Stai bene?» gli chiese toccandogli leggermente la schiena senza accorgersene. Sirius apprezzò quel calore. Le volte che Remus lo toccava erano rare e inaspettate, come quando si sente il suono dei fuochi d'artificio senza che ci sia nessuna festività. Tante piccole esplosioni sempre uguali ma allo stesso tempo sempre diverse di cui nessuno mai si stancherebbe.
Remus aveva un aspetto più selvaggio del solito, con gli occhi ancora completamente gialli e i graffi freschi sulle mani e sotto il mento. «Sembra che tu non abbia dormito...»

«Sono rimasto sveglio, oggi è il compleanno di Regulus ed è più di un anno che non ci parliamo...» disse Sirius mentendo solo in parte. La verità era che aveva quasi ultimato la pozione per diventare animago, era così vicino a finirla... la sua paura di rovinare tutto si era dissolta una volta che si era ritrovato da solo con il suo pentolone e l'idea di aiutare Remus. Sarebbe diventato un animagus, a qualunque costo. Nemmeno la possibilità di diventare un brutto chihuahua l'avrebbe fermato.

The Way He Looks At The Moon || Wolfstar & MalandriniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora