Capitolo XXVIII

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Love Lockdown - Glass Animals

21 Ottobre 1973

La guerra esisteva. Non c'era dubbio. Esisteva e serpeggiava nella vita di tutti, anche i più privilegiati. Uccideva e distruggeva quello che toccava. Babbani, purosangue, non faceva differenza.
Era come un morbo che affliggeva la popolazione indistintamente, cieca come una malattia, come l'amore.
Forse era solo l'inizio, forse non era ancora così spaventosa, ma tutti conoscevano persone con parenti morti, alcuni conoscevano direttamente persone morte, e questo faceva riflettere. Faceva chiedere chi sarebbe stato il prossimo. Ed era proprio questo, la paura per se stessi, per i propri cari, che rendeva vigili tutti, anche chi la guerra l'aveva vista solo di sfuggita.

Gideon invece si accorse della guerra in un modo molto più particolare: uno sguardo di sfuggita al portone della mensa.

Quella mattina doveva fare colazione con Sirius, mangiare qualche tonnellata di cibo e poi provare a rubargli qualche bacio, magari flirtare con un Remus imbronciato, era una prospettiva di mattinata semplice ed istintiva, casuale come piaceva a lui. L'unico problema? Sirius non era a mensa e, visto che Peter e James stavano già mangiando, non aveva nessuna intenzione di presentarsi.

«Jenny?» chiamò il rosso scostando il suo piatto vuoto davanti a sé, tutto quel cibo ammassato davanti a lui lo disgustava. James ci mise qualche secondo a guardarlo. «Dov'è Sirius?»

James fece un sorrisetto che infastidì Gideon, non poteva semplicemente rispondergli? «È a letto...» Gideon non capì perché avesse usato quel tono così pieno di cose non dette, vicino alla sua mano c'era un coltello da burro, avrebbe potuto minacciare James con quello, puntarglielo alla gola e chiedergli cosa gli stesse nascondendo, sarebbe stato divertente, ma ne valeva veramente la pena? Era un cacciatore decente e non avrebbe avuto molto senso ucciderlo. James probabilmente intuì che Gideon non aveva apprezzato nulla del suo tono perché si affretto ad aggiungere: «...con Remus...» Oh, Gideon sbuffò al pensiero che avrebbe dovuto trovarsi qualcuno nuovo con cui flirtare, stupidi ragazzini innamorati. Aveva perso sia Sirius che Remus alla fine, chi lo avrebbe mai detto? Se Dorcas avesse potuto sentire i pensieri di Gideon avrebbe detto: "io!", peccato che lei non fosse una legilimens, quindi si limitò ad aggiustare delicatamente una spallina caduta alla sua ragazza, indugiò sulla pelle di Marlene ricordandosi amaramente dei tempi in cui non aveva potuto sfiorarla in quel modo, poi si scosse leggermente lasciandole un bacio veloce sulla spalla, Marlene arrossì. «Dormivano e basta, eh!» James tornò a sbafare cibo davanti a Gideon, che dovette scostare lo sguardo a quella visione disgustosa.
Col senno di poi sarebbe stato molto meglio se avesse continuato a guardare James, puntando lo sguardo dritto nel cibo tritato dai suoi denti, invece guardò il portone. Non lo avesse mai fatto.

«Non può essere...» mormorò cercando istintivamente i suoi occhiali nelle pieghe della divisa, li indossò facendo finta che non fossero completamente pieni di ditate, tanto quello che vedeva attraverso era esattamente quello che aveva visto senza. «Evan...?»
Evan Rosier, nome nobile quasi quanto la persona a cui apparteneva, entrò per la prima volta nella sua vita ad Hogwarts quella mattina, ancora con la divisa azzurra di Beauxbatons addosso.

Fu lì che Gideon si rese veramente conto che la guerra era iniziata, rivedendo quel maledetto che lo aveva perseguitato per tutta l'infanzia, che lui stesso aveva a sua volta perseguitato: la famiglia Rosier, una delle famiglie più fedeli a Voldemort in tutto il mondo magico, era tornata in Inghilterra. Sei fottuti anni vissuti in Francia, nei loro palazzi e nei loro giardini curati e ora erano tornati? Voldemort stava reclamando seguaci, non c'era dubbio, la guerra era ufficialmente iniziata. A Gideon venne quasi da vomitare.

Non ricordava molto di Evan, solo poche immagini sfocate: ricordava bene gli occhi, neri, come il fondo di un pozzo, così scuri che non si distingueva la pupilla, taglienti come un coltello; ricordava la pelle pallida che non si imporporava nemmeno per la stanchezza; il viso orientale dovuto alla madre; l'atteggiamento arrogante. Ricordava spezzoni della sua vita passati con lui, la malsana rivalità che li aveva sempre fatti competere, ma anche ricordi più dolci, tipo il frullato di fragole che la mamma di Evan gli portava d'Estate, la sua risata.

The Way He Looks At The Moon || Wolfstar & MalandriniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora