Capitolo LXIX

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Exile - Taylor Swift, Bon Iver

7 Dicembre 1975

«Vuoi una gomma?» Gideon guardò confuso Edgar mentre gli veniva offerta una Brooklyn*. Gli porse una scatola di carta tirata fuori dalla tasca dei suoi pantaloni, completamente stropicciata e distrutta, con appena due gomme rimaste dentro. Gideon amava le gomme di quella forma. «Aiuta durante le missioni, aiuta a rimanere concentrato.»

Gideon pensò che Edgar sapesse troppe cose: da quando l'aveva incontrato, quindi appena una settimana, gli aveva spiegato il funzionamento di almeno cento oggetti babbani, sempre senza che nessuno glielo avesse chiesto, la sua bocca era capace di sputare informazioni e curiosità inutili ad una velocità disarmante. Gideon pensava che fosse un po' irritante, ma Edgar era particolarmente bello, quindi ascoltarlo era sempre un piacere, specialmente vederlo emozionarsi mentre parlava di macchinari, o api, o stronzate a cui nessuno fregava niente, era un piacere. A Gideon e Fabian divertiva vederlo gesticolare mentre parlava, mentre le parole diventavano sempre più veloci e frenetiche, come se non avesse aspettato altro che raccontare quel particolare fatto. «Grazie.» disse accettandola, anche perché un po' di concentrazione gli serviva sicuramente. Vedeva appannato per l'ansia e la paura che qualcosa andasse storto.

«È una missione che praticamente facciamo ogni settimana.» gli confidò il ragazzo con un sorriso bianco.

Gideon si accasciò un po' di più nel cespuglio davanti all'ingresso del passaggio del magazzino per gli elfi.
Era appena mattina e l'alba iniziava a sorgere illuminando le gocce di rugiada sulle foglie. Gideon aveva un piede completamente affondato nel fango e pure la sua veste si stava sporcando, tanto che Gideon sentiva già la terra pesargli sulle caviglie. Fece un verso schifato «Salvare Sturgis?»

«Salvare babbani ignari, Sturgis lo andiamo a recuperare almeno una volta al mese all'incirca... diciamo che non è il mago più capace del mondo...» Gideon sperò per Sturgis che fosse simpatico, o se ne sarebbe sbarazzato con le sue mani: non voleva tornare ad Hogwarts e finire i quattro anni che gli mancavano? Se lo avessero affidato a Gideon lo avrebbe fatto tornare a scuola in una settimana.

«Non è bravo?» chiese il rosso con un tono leggermente più rilassato, iniziò a masticare la gomma. Edgar sollevò le spalle.

«Chi può dirlo? Ha quattordici anni e usa una bacchetta che non l'ha scelto... praticamente è una mina vagante, ma gli vogliamo bene e quindi lo teniamo con noi. Come un animaletto particolarmente carino.» Edgar ridacchiò e dal cespuglio accanto gli arrivò una manata dritta in un occhio.

«Chetati idiota!» sibilò la sorella riuscendo comunque a mantenere un accento altolocato, mentre alla cieca cercava di mettere la mano sulla bocca del fratello, che tornò subito serio. «Perché dovremmo nasconderci se poi fai il casino di un elefante?»

«Arriva Elphias con il suo elfo!» esclamò Gideon indicandoli dalla fessura del cespuglio. «Dov'è Moody?»

«È lì.» a sua volta Edgar indicò un punto che Gideon non poteva vedere dalla sua posizione.

L'elfo iniziò a tastare la porta dimessa che sotto il suo tocco cigolava e sfrigolava come l'olio in una padella bollente.

Gideon guardò ammirato il modo in cui muoveva le mani, come se facesse un ballo più antico degli uomini. Quella è la vera magia, pensò Gideon, era magia pura, non modificata a favore dell'uomo attraverso una bacchetta. Era magia bianca e irruente, che l'elfo controllava in un modo che nessun mago avrebbe mai raggiunto. La curvava e piegava a suo piacere, come se stesse attingendo ad una fonte indefinita di magia inesauribile. Forse lui stesso era quella fonte. In confronto i maghi sembravano bambini che giocavano a fare gli stregoni.

The Way He Looks At The Moon || Wolfstar & MalandriniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora