28. Dolcetto o scherzetto

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La storia del ballo di Halloween aveva contagiato tutti gli abitanti del Castello. Non sarebbe stato il solito ballo in maschera, ma una festa formale, in abiti eleganti, in cui le dame avrebbero invitato i cavalieri. Charlie Weasley quasi si dispiacque di non poter essere invitato da nessuna ragazza. Ai suoi tempi era stato un ragazzo molto ambito e, con un pizzico di vanità, si chiese da quante ragazze avrebbe ricevuto lʼinvito. I gemelli lo prendevano sempre in giro perché dicevano che, se Percy aveva un qualcosa conficcato nelle parti basse, lui invece faceva lʼamore col suo riflesso allo specchio.

«Ho buon gusto. Chi potrei rimirare di meglio in questa casa?»

Rispondeva lui, pronto di spirito. La verità era che gli mancavano da morire gli scherzi dei due fratelli minori. Senza Fred non era più la stessa cosa. George era triste, spento, come se gli mancasse un pezzo per essere se stesso. Era andato a trovarlo ogni volta che aveva potuto e, anche se gli sorrideva, sapeva che stava male. Lo vedeva dalle profonde occhiaie che cercava di dissimulare e dal tono che usava per dire a lui o a Ron che andava tutto bene. Solo una volta lo aveva visto sorridere sul serio ed era stato quando era entrata in negozio Angelina Johnson, una ex compagna di casa, che adesso giocava a Quidditch professionistico, una bella ragazza mora dal sorriso smagliante. Buon gusto il fratellino!

Al ballo avrebbe dovuto danzare con qualche professoressa, suppose. Si immaginò a guidare in un valzer la saltellante professoressa Pomona Sprite e scosse istintivamente il capo. Unʼimmagine si formò istintivamente nella sua mente: lui che danzava con una bella ragazza dalla chioma dorata, la vita sottile cinta dal suo braccio, occhi negli occhi.

Scosse immediatamente i capelli ramati a quellʼimmagine fuori luogo. Non era il caso. Al massimo, avrebbe potuto invitare la sua sorellina, che gli avrebbe lanciato una fattura orcovolante per averlo fatto. La piccola Ginny aveva la fattura facile, la tempra decisa delle donne di casa Weasley e il loro stesso temperamento focoso. Il morale gli scese sotto i tacchi.

Anche Rolf era triste, ormai Charlie era convinto più che mai che cʼentrasse una certa bionda da corvonero. Appena pensava di non essere visto, si metteva in contemplazione della ragazza, dimentico di qualsiasi cosa. Era proprio cotto.

«Professor Weasley?»

«Sì?» Si girò, incuriosito. Ad appellarlo una voce che non conosceva. Un minuscolo elfo domestico gli stava tirando il mantello, per attirare la sua attenzione.

«Dovrebbe andare in sala professori, signore. Il più presto possibile, per favore. Si deve discutere della festa, signore, lʼha detto la signora Preside McGranitt! E dovrebbe portare con sé il signor Scamander, signore, ha detto. Vuole che glielo chiami io?»

«No, non ti preoccupare... come ti chiami?»

«Poppy, signore!»

«Bene, Poppy, grazie di avermi avvisato, andremo al più presto»

Lʼelfo annuì con un inchino e sparì così come era comparso. Nessuno si poteva smaterializzare a Hogwarts, a eccezione degli elfi domestici. Benissimo, sospirò. Parliamo della festa assieme a Scamander, siamo proprio dellʼumore adatto!

«Rolf, ci sei?» disse Charlie, bussando alla porta del suo aiuto professore.

«Mmmh»

«Muoviti, dai! Dobbiamo andare. Riunione in Sala Professori!»

«Arrivo, arrivo!» gridò Rolf da dietro la porta ancora chiusa. Charlie sentì un poʼ di trambusto e dopo qualche minuto comparve sulla soglia uno scompigliato Scamander, con i capelli tutti in disordine, segno che ci aveva passato ripetutamente le mani in mezzo senza soluzione, e delle occhiaie violacee che comprovavano il poco sonno.

La profezia dei fondatoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora