63. Vecchie abitudini

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Harry aveva ripreso ad allenarsi il doppio dei compagni. Voleva prendere il boccino dʼoro e vincere la partita coi Serpeverde, non solo per dare uno smacco a Malfoy, ma per poter regalare il boccino ad Ametista. Con la Corvonero le cose andavano bene, lui lo credeva per lo meno, negli affari di cuore era un disastro! Non poteva parlarne con nessuno, però. Hermione aveva già i suoi grattacapi a gestire la serpe platinata e con Neville, Seamus e Dean non cʼera la stessa confidenza che con Ron. Ivàn non lo prendeva in considerazione. Era un bravo ragazzo, ma non parlava ancora bene la lingua e si conoscevano solo da pochi mesi.

«Bubò, Noël...» a furia di pensare aveva perso di vista i due pennuti. Mentre era piuttosto in alto, sulla scopa, scrutò intorno a lui. Niente, non si vedevano. La bruma offuscava la visibilità, ma non così tanto da non consentirgli di vedere i due gufi, soprattutto Bubò, che era decisamente grande. Si sentiva inquieto in quei primi giorni di febbraio. Le certezze erano sempre state poche, nella sua vita, non era questa la novità. Forse si trattava del fatto che aveva finalmente sperato che quella fase di continuo pericolo e ansia fosse conclusa; questo nuovo anno lo aveva amaramente smentito. Certo, non cʼera un pazzo omicida che lo voleva uccidere, solo unʼantica profezia su un misterioso oggetto che li avrebbe forse tutti costretti in un limbo eterno, quisquilie. E lui che voleva solo baciare Ametista in santa pace! Fece ancora un giro e poi li vide i due mascalzoni piumati. Erano appollaiati su un ramo di un grosso albero, al limitare della foresta proibita.

Harry si era molto affezionato a Bubò e anche a Noël. A volte gli sembrava di fare un torto ad Edwige, ma cercava di non pensarci troppo. Non poteva passare la sua vita a essere triste per le cose che lo rendevano felice, sarebbe stato sciocco.

«Noël, piccolo, vieni?» chiamo il moro con tono gentile ma deciso. «Bubò, qui!»

I due sembravano incollati al ramo, non ascoltavano alcun richiamo. A Harry venne il sospetto che avvertissero qualche pericolo, o comunque qualcosa di strano. Sperò vivamente di no, poi vide muoversi dei rami nella foresta proibita e solo dopo la sagoma di Hagrid seguita da una più grande: Grop. Harry lasciò andare un sospiro rassegnato: il suo grande amico non sarebbe mai cambiato! E sì che gli avevano detto di restare il più possibile nella Capanna! Si avvicinò ai due volatili, per prenderli delicatamente sul braccio; li avrebbe portati lui stesso in guferia, li sentiva tremare. Certo, i rumori che faceva Grop, muovendosi nella foresta, erano spaventosi. Strinse forte i due e volò via verso la guferia. Bubò tubava felice, rassicurato dal calore del ragazzo e Noël si era tuffato letteralmente sotto il braccio del suo padrone. Dopo aver sistemato i due pennuti tornò indietro verso la foresta, ma di Hagrid nessuna traccia. Allora decise di andare alla capanna. Scese dalla scopa ed entrò senza bussare. Hagrid era seduto sulla sua poltrona, rispuntata chissà da dove, e Thor ai suoi piedi.

«Ehi!»

«Ciao Harry, che ci fai da queste parti?»

«Sono venuto a trovarti. Ti ho visto prima nella foresta, come sta Grop?»

«Bene, grazie! Sente la mia mancanza, ma... non è per questo che sei qui, vero Harry?»

«Hagrid, non puoi andartene in giro a tuo piacimento, lo sai?»

Il mezzogigante arrossì e alzò gli occhi verso il soffitto, in imbarazzo.

«Ma Gropy era così solo! Harry, non ce lo posso mica dire che sto qua e non ci vado a trovarlo!»

«Hagrid, sai che ci sono i centauri che lo seguono. Fiorenzo gli vuole bene e, se ci fossero stati problemi, Charlie ti avrebbe avvisato. La tua presenza dovrebbe restare segreta ma, lo sai, ogni passo di Grop fa fuggire praticamente ogni animale nei paraggi!»

«Ce lo so, Harry, scusa. Ma poi Wencky mi aveva detto che la professoressa oggi era andata a Londra, tutta imbacuccata, così ho pensato che andava bene.»

La profezia dei fondatoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora