71. La Serpeverde e il dragologo

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«Non avevo un impegno piacevole, oggi. Gli Auror volevano ispezionare un palazzo di proprietà della mia famiglia e sono andata a favorirgli lʼaccesso.»

Daphne era di spalle. Si era lasciata andare tra le sue braccia con abbandono e passione, travolgendolo con la sua naturale sensualità. Charlie pensò che mai come in quel momento si era trovato a giocare col fuoco. La Prefetto serpeverde era incantevole, intelligente e appassionata, ma era anche maledettamente un rischio. Minerva lʼavrebbe schiantato, se lʼavesse saputo; e lui che aveva fatto la paternale a Rolf! Ma, rifletté, era tutta la vita che giocava col fuoco.

Ora la ragazza si era un poʼ allontanata e si era messa a guardare fuori dalla finestra, attraverso lʼapertura sbilenca tra due assi. Charlie si tirò su a sedere, osservandola incerto; non comprendeva il suo tono amaro, non era andata certo a far qualcosa di sbagliato. Forse, sentiva il bisogno di confidarsi.

«Mi sembra tu abbia fatto una scelta giusta.»

«Certo, come no.»

Il ragazzo si alzò, con una smorfia; il ginocchio era ancora indolenzito, anche se andava molto meglio. Le si avvicinò, lentamente, circondandole la vita con un braccio e attirandola di nuovo a sé. Aveva un leggero profumo speziato. Provò il desiderio irresistibile di toccarla ancora, di baciarla ancora, ma adesso doveva dimostrarle che meritava la sua fiducia e ascoltarla.

«Perché dici così? Raccontami.»

«Sei sicuro che ti interessi?»

«Daph... ti ho già detto che non sei un gioco. Sei bella, ma se fossi stata solo questo, non ti avrei toccata neppure con la punta della bacchetta. Raccontami.»

«Mio padre credeva fossi un oggetto da mostrare, un trofeo. Mi avrebbe dato in dono al Signore Oscuro se solo lui glielo avesse chiesto» disse con voce incerta.

Charlie rabbrividì; la ragazza parlava con tono pacato, seppure tremante, aveva un coraggio che neanche il più famoso grifondoro.

«Sono venuti a cercare manufatti oscuri. Ero certa ci fossero, non voglio quella robaccia in casa mia. Gli ho aperto le porte ma...» tirò un profondo respiro, racimolando il coraggio per continuare. «Sono sempre e solo la figlia di un mangiamorte. Hanno devastato le mie cose, non credo si sia salvato un solo mobile. I miei vestiti sono stati gettati sul pavimento, calpestati. I miei libri, strappati. Quando ho provato a dire una parola, sono stata zittita. Credimi, non è facile zittirmi!» Rise ironicamente. «Ma quando vedi la tua infanzia in pezzi, perdi un poʼ la prontezza. Uscendo, il più giovane di loro, un ragazzo che sarà uscito da Hogwarts qualche anno fa, mi ha dato una spallata. Credevo che qualcuno di loro lʼavrebbe richiamato. Sai come hanno reagito?»

«Immagino abbiano riso. Lo so, certi Auror sono così... Mi dispiace, Daph...»

«Sai che sei sciocco, professore? Hai pensato che fossi io a rischiare, frequentando un rinnegato, un Weasley. In realtà qui il rischio è tutto tuo. La tua famiglia, i tuoi amici, anche semplicemente un mago che incontri per strada: tutti ti diranno che ti sei sporcato, toccando una mangiamorte. Anche se il mio braccio è candido quanto il tuo. Non te ne vorrei se cambiassi idea.»

«Vorrei ricordarti che io sono un dragologo, domare belve feroci è uno stile di vita. E dei pettegolezzi me ne sono sempre infischiato. Come tu stessa hai detto, sono un Weasley!»

«La belva feroce sarei io, professore? Non rivoltare le mie frasi contro di me, sei un Weasley, un eroe.»

«E tu sei bellissima.»

«Ma feroce, giusto? Serve un dragologo. Non va bene amarmi, bisogna domare la mangiamorte, giusto?»

La voce si ruppe. Charlie fu sicuro che stesse piangendo, anche se il tono era rimasto quello, pacato e sicuro.

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