10. Incongruenze

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Harry era in giro per il castello, non molto convinto della sua idea: Harry Potter che cerca Draco Malfoy!

Se lʼavesse raccontato a Ron, era certo che lʼamico lʼavrebbe creduta una barzelletta e avrebbe risposto con quella dellʼelfo, del goblin e del mago. In un corridoio, intravide Pansy Parkinson: era nascosta dietro unʼarmatura e guardava Krum. Il suo nuovo amico bulgaro era seduto a sfogliare un libro di testo, lo sguardo corrucciato. Di certo, stava avendo qualche difficoltà di traduzione. Ma che stava facendo la Parkinson? Non aveva nemmeno la bacchetta in mano, la vedeva chiaramente spuntare dalla divisa scolastica.

Vabbè, Ivàn era in grado di cavarsela. Al massimo, lʼavrebbe trovato ricoperto di pustole o con un palco di corna. O schiantato da qualche parte! Ma no, non sarebbe potuto succedere, cʼerano i professori. Doveva sbrigarsi, la lezione del professore Cuthbert Rüf sarebbe iniziata dopo meno di unʼora, nellʼaula di Storia della Magia che si trovava al primo piano del castello.

Avanzò il passo. I serpeverde che facevano a quellʼora, in attesa delle ripresa delle lezioni del pomeriggio? Si rendeva conto adesso che era lʼunica casata di cui non conosceva davvero le abitudini, forse il Cappello aveva ragione: non erano mai stati uniti. Un suono di voci concitate richiamò la sua attenzione. Erano... i dipinti! Stavano discutendo animatamente, era certo che se avessero avuto bacchetta li avrebbe trovati nel pieno di un duello di magia...

«Silente è il più gran Preside mai vissuto!»

«Silente era un magonò, ti dico! Le sue imprese sono state tutte una montatura del ministero!»

Il ritratto di una donna magra come un chiodo, lo sguardo sdegnato, urlava inviperito contro un mago imparruccato dallʼaria malaticcia. Gli altri quadri, intorno, strillavano ugualmente, dando appoggio o condannando i due litiganti.

«Cʼè decisamente qualcosa di strano!» La voce sommessa e sconcertata di Blaise Zabini lo fece sussultare appena.

«Scusa, Potter, non ti avevo visto... dovrei parlare con la Preside, forse. Non è la prima stranezza, oggi.»

Harry stette per un attimo incerto. Il suo animo grifondoro gli urlava a pieni polmoni di parlare chiaro con il Caposcuola. La sua voglia di serenità avrebbe aspettato; tanto non si sarebbe fatto coinvolgere veramente. Doveva solo parlare con Blaise Zabini e magari Hermione. Poi se ne sarebbe tirato fuori.

«Beh, Blaise, se hai un attimo, vorrei parlarti, forse ho qualche informazione a riguardo. Ma credo che sia meglio farlo anche con Hermione. Prima però ho da chiederti unʼaltra cosa. Si tratta proprio di Hermione, ecco.»

Zabini gli parve quasi preoccupato, quindi si affrettò a chiarire.

«Il diciannove è il suo compleanno. Non vuol festeggiare, ma abbiamo pensato che potrebbe essere una buona idea farle preparare una torta e mangiarla in un posto tranquillo. Luna ci ha detto che lʼelfa domestica di Malfoy potrebbe essere disponibile.»

«E perché me lo dici? Non infrangereste alcuna regola, non vedo problemi!»

«Ecco, volevo invitarvi. Ma solo se vi va, non dovete sentirvi obbligati!»

Aveva parlato senza nemmeno guardarlo in volto, in completo imbarazzo, ma quando alzò lo sguardo lʼimbarazzo scemò di colpo: Blaise Zabini aveva in viso lʼespressione più esterrefatta si potesse immaginare. La risata che sentiva salire in gola aveva un sapore triste e amaro: quegli anni erano stati colmi di occasioni mancate, ma forse era stata necessaria la tragedia di una guerra per spaccare la barriera delle loro differenze.

«Pensaci, Blaise, sono certo che le farebbe piacere e...»

«Potter! Blaise...» la voce di un trafelato Draco Malfoy li raggiunse. Si teneva la mano premuta sul fianco per lʼaffanno. Blaise Zabini lo afferrò per un braccio, preoccupato che gli fosse successo qualcosa: quellʼanno il suo amico non era proprio la persona più amata del castello. Draco scosse il capo e gli indirizzò un sorrisetto.

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